– di Giuseppe L’Erario –
I Réclame annunciano la loro apparizione sul mercato discografico con Voci di corridoio, un disco che si inserisce perfettamente nel contesto attuale dell’indie pop nazionale con un linguaggio che predilige il racconto di un’emancipazione psico-fisica dalle difficoltà giovanili, nello specifico quelle emozionali, percettive e realizzative. In un clima di continua “lotta asincrona” tra le fluidità strumentali e l’asprezza dei testi, che delle volte a fatica risalgono la corrente melodica se non con l’ausilio di qualche forzatura metrica, i brani dei Réclame propongono l’evidente paradosso di una generazione che si specchia in una nube indefinita di sentimenti, e cerca di farsi spazio tra le sensazioni d’incertezza e di fallibilità.
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Il disco si apre senza tanti preamboli con il brano presentato a Sanremo Giovani nel 2019 Il viaggio di ritorno che ha permesso al pubblico di tutt’Italia di conoscere e apprezzare la sensibilità di questa giovane band composta dai fratelli Roia e da Marco Fiore, una formazione evidentemente influenzata dall’esperienze musicali più idilliache degli esponenti del cantautorato italiano. Tuttavia, per mancanza di determinati parametri tematici, non si può considerare esattamente una band “impegnata”, e perciò accostabile ad alcuni gruppi che costituiscono lo scenario del cosiddetto itpop attualmente in auge, come gli Ex-Otago, e altri artisti esponenti del genere.
Si potrebbe sostenere principalmente che, nel senso storico-estetico del termine, i Réclame sono una band romantica, con una spiccata attitudine alla riflessione e alla cura del dinamismo interno tra l’Io e l’Es, considerazione che emerge dopo aver affrontato un percorso di otto tracce costituenti un’organizzazione diegetica omogenea, che permette di interfacciarsi con la storia personale di otto protagonisti coscienti di dover presentarsi continuamente alla mercé di una vita effimera e contrastiva, corrosa dai rapporti umani.
Durante l’ascolto di Voci di corridoio si percepisce inoltre una contraddizione interna che ritroviamo anche nella struttura stessa dei brani, probabilmente frutto di scelta voluta durante il processo creativo; da un punto di vista prettamente strumentale il disco potrebbe avere tutte le carte in regola per raccogliere le necessità di ascolto di una numerosa cerchia di pubblico; da un altro punto di vista, quello testuale, le tracce conducono verso gusti di nicchia, che toccano il lato emotivo di chi si sofferma a meditare sui tratti più profondi dalla vita umana ragionando sullo stato delle cose, e che quindi non si limiti ad un ascolto superficiale.
Il tutto viene mescolato con quella leggerezza quasi chill out che contraddistingue il modus compositivo di questa band, una pratica che addolcisce le tematiche di un album che di certo non può vendersi al miglior offerente disimpegnato. Ciò permette di rendere giustizia artistica a dei giovani volenterosi e coraggiosi che si sono messi in gioco nonostante il mercato e le classifiche “reclamano”, per l’appunto, la solita musica leggera e mainstream.