di Ilaria Pantusa.
Se questo nostro Mediterraneo lo avete un po’ navigato, se avete annusato l’odore di salsedine delle sue coste e ammirato la luce calda riflessa dalle pareti bianche delle sue isole, ascoltare Il Sangre e il Sal dei Radiodervish potrebbe riportarvi indietro di qualche estate o addirittura di qualche secolo e, perché no, ispirarvi qualche lettura.
Da Omero a Pasolini, da Kavafis a Darwish, l’eco suggestiva della letteratura si fonde con quella delle vicende storiche e politiche di questo nostro tempo diviso fra il ‘900 e il terzo millennio, così la strage di Srebrenica trova posto accanto ai muri che dividono migranti ed Europa, palestinesi e israeliani, mentre il ricordo di Kostas Georgakis vive al fianco di quello di Angelo Vassallo.
Quello dei Radiodervish è un lavoro tanto ambizioso e profondo per i contenuti e per la commistione linguistica (italiano, lingua Sabir), quanto ricco e allo stesso tempo immediato nei suoni e negli arrangiamenti.
Salameh e Lobaccaro realizzano un disco che fa riflettere e godere di musica che nasce dal profondo di radici che appartengono a tutti noi.