“Radio Laleh”, prodotto da Miraggi Produzioni Studio, è il terzo album dei Sudestrada, progetto indipendente nato a Forlì-Cesena. L’uscita dell’album, scritto e composto da Francesco Cinque e Lorenzo Ghetti, è stata anticipata da “Nuove Percezioni (Capitolo 1)”. L’album racconta un viaggio sempre a metà tra realtà e sogno, i cui suoni ricordano quasi la colonna sonora di un film di fantascienza. Il disco è pensato come un racconto musicale in cinque capitoli; ciascuno dei titoli è infatti affiancato, dall’indicazione tra parentesi “capitolo 1,2, 3, 4, 5”. Questo è interessante perché mostra come il gruppo abbia voluto raccontare qualcosa oltre a trasmettere sensazioni, l’impronta dell’album è fortemente narrativa. D’altronde, la musica è sempre anche narrazione, e questa sua caratteristica è resa molto evidente dall’ultimo lavoro dei Sudestrada.
Dopo il disco di esordio “Arcipelago” e “Microclima”, in “Radio Laleh” i Sudestrada abbandonano progressivamente le sonorità pop, per avvicinarsi alla musica elettronica dai suoni più particolari e meno comuni. Si potrebbe parlare di elettro-pop, ma il loro è un genere in continua evoluzione, che si avvicina molto al trip-hop, alla dub e all’etno-elettronica d’ispirazione mediterranea.
Il disco non solo racconta una storia, ma abbiamo la sensazione di viverla da dentro, se non addirittura di esserne i protagonisti diretti. Ad ogni capitolo è associata un’immagine; forse è anche grazie a questo che riusciamo ad immedesimarci con tanta facilità nel protagonista, in continuo cammino tra due mondi: realtà e sogno. La trama si dispiega a partire dal capitolo I, che non a caso si intitola “Nuove percezioni“. È con questo brano che il protagonista si affaccia verso un nuovo modo di percepire la realtà che lo circonda. Lo immaginiamo in un deserto, arancione e sabbioso. Tra una duna e l’altra scorgiamo i primi raggi del sole mattutino. In realtà, si tratta solo di un frutto dell’immaginazione dovuta al dormiveglia del protagonista, il cui sonno è turbato da una strana agitazione.
Da qui ha inizio il suo cammino, raccontato attraverso i testi di Lorenzo Ghetti, che sembrano quasi un flusso di coscienza: “Sento milioni di voci, un alfabeto lontano, dai minareti secolari nuove tecnologie del suono”. Il viaggio del protagonista parte da una disgregazione di sé, definita come un “Invito alla costruzione di uno smarrimento”. Lo smarrimento e la disgregazione non sono infatti distruzione ma qualcosa che, se ben costruito, può portarci a trovare noi stessi. Così si arriva a trovare Radio Laleh, un eco nel deserto.
Le visioni e le percezioni in “Radio Laleh” sono confuse, non ci sono certezze e tutto risulta precario in questo continuo andirivieni tra oscurità, mistero e realtà. Anche l’amore è rappresentato come una forza incomprensibile dalla quale ci si sente attratti e terrorizzati. Sembra che l’unica sopravvivenza sia la fuga.
Il finale, il quindi capitolo non ancora pubblicato, è la realizzazione cosciente del fatto che si sia trattato solo di un sogno, che in realtà siamo stati fermi nel nostro dormiveglia esistenziale, “Appeso a un’idea rimango qui a ponderare sul futuro prossimo e anteriore, forse resterò così”.