– di Roberto Callipari –
Il 5 aprile è uscito Lividi, il nuovo album di Comete, a tre anni dall’esordio, un viaggio nei pensieri che affollano la nostra mente.
Solo cose belle è un capitolo e un’atmosfera ormai lontana, e nuovi racconti trovano spazio nel mondo di Comete, che si riaffaccia sulle scene con una nuova prospettiva e un nuovo lato di sé. Lividi scava nel profondo, nel suo passato e nella sua mente, in cerca di sentimenti nuovi da mettere sul piatto, per raccontare aspetti che spesso teniamo nascosti anche a noi stessi. Lo raggiungiamo il giorno dell’uscita dell’album per conoscere un po’ meglio il lavoro e il processo che ne ha portato il compimento.
Come ci si sente il giorno dell’uscita del disco?
Ci si sente molto bene, perché ti fa capire anche come le cose siano molto più semplici di quanto non sembrino. Il lavoro sembra tanto, ma col disco fuori appare tutto più semplice, ti scende anche l’adrenalina, no? Hai caricato tanto e ora è tutto nelle mani del destino, e questa cosa mi piace molto in realtà, perché mi dà più libertà, ora.
Sono passati tre anni, nel frattempo, da Solo cose belle. Cos’è successo in questo tempo è cosa è cambiato?
Intanto è finita una pandemia, ed è stato un grande cambiamento per tutti, e questo cambiamento ha sicuramente facilitato le cose a tutti noi, finalmente. Nel mio lavoro mi ha concesso più libertà e più tranquillità, basta pensare al pubblico seduto ai concerti del tour di Solo cose belle… e poi è cambiato tutto! Prima ero a Milano, e il precedente disco era figlio di quel contesto, mentre questo disco è figlio di Roma, fisicamente e come ambiente. E sicuramente sono cambiato anch’io, perché non parlo più solo di cose belle, ma parlo di lividi.
Vieni da una data, domani ne fai un’altra [sabato 6 aprile a Largo Venue, nda]. Come te la stai vivendo?
Domani sono da Largo Venue, sì. È bello suonare ed è bello suonare tanto! Ho preparato uno show molto ricco, come facevo all’inizio in cui, anche se non avevo tantissimi brani, quasi ci inventavamo una seconda scaletta alla fine per continuare il concerto per il pubblico che si divertiva assieme a noi. Ora con due dischi ho tanto da suonare, e con pure i bis si arriva a ventidue o ventitre canzoni, da suonare una dopo l’altra ma facendole bene. È bellissimo.
Da Solo cose belle sei arrivato a mostrare i tuoi Lividi: come mai questo titolo?
Lividi è uno dei primi pezzi che ho scritto per l’album, e già sapevo che sarebbe stato il nome del disco. Volevo approfondire la dinamica dei lividi, del dolore e dei pensieri che possono affollarti la testa. Io per primo ho attraversato un periodo molto pesante anni fa, in cui mi sono sentito molto fragile per delle cose che sono successe e avevo bisogno di esternare quello che ho provato in quel periodo, almeno in un brano. È stato anche un modo per riscoprire me stesso in maniera diversa, per mettere in musica tutto quello che è successo e per raccontare i lividi ma anche come si esce dai lividi, ad esempio parlando, e la parola “parlare” nella mia musica è una parola molto importante, ma anche raccontando come un giorno arrivi a sentirti meglio senza quasi rendertene conto. E poi, scrivere una canzone come Lividi e indagare questo tema è stato, per me, anche un modo per esprimere gratitudine per avercela fatta, per esserne uscito.
Sembra comunque esserci un filo conduttore fra i due album, ovvero il racconto che tu fai della quotidianità, quasi una ricerca minuziosa della straordinarietà dell’ordinario.
Beh sì, è quello che succede già dal primo brano di Solo cose belle, Carlotta. È vero, forse questo fil rouge c’è e rimane, un po’ in tutto il mio lavoro. La quotidianità e l’importanza del tempo, perché sono un po’ meteoropatico! [Ride, nda]
Per diverso tempo sei stato anche a Milano, ma sei romano, e mi chiedevo se percepissi una differenza d’approccio fra le due città.
Eh sì. A Roma c’è molta voglia di stare insieme, di trovarsi e fare cose assieme anche per il gusto di farle, di suonare e basta, tant’è che qua magari ci si trova anche solo per fare delle session assieme e vedere che succede. A Milano la percezione è che tutto sia un po’ più impostato, in cui senti la necessità di portarla a casa, addirittura di spaccare, forse proprio per la natura insita della città, non so… La realtà comunque è che, anche se sono mondi diversi, ti sanno entrambi regalare qualcosa che è utile per fare della tua musica un lavoro sempre migliore.
Si nota anche una differenza nella produzione, magari data dai due contesti diversi.
Sì, è vero. Forse c’è più profondità, anche perché per questo album abbiamo deciso di prenderci un po’ più di tempo, prendendoci anche la libertà di provare cose nuove o di sbagliare anche, perché no, trovando una situazione più rilassata a Roma nella quale lavorare e gestendoci su ritmi più rilassati. Ci siamo sentiti liberi di esplorare nel suono e nella scrittura, e credo si senta. La cosa bella del percorso, secondo me, è che ora, con due dischi alle spalle che hanno due anime così diverse, ora per il prossimo disco so proprio cosa voglio fare.
E io qua volevo arrivare, infatti: cosa succede dopo Lividi? Come ti vedi?
Sicuramente bisogna suonare! Questo disco ha bisogno di suonare e di girare, io ho bisogno di suonarlo il più possibile in giro. Poi sicuramente vorrei far uscire qualcosa di nuovo, qualche singolo, perché ne ho molti già pronti, e vorrei arrivare al nuovo album in breve, senza fare pause così lunghe. Magari già l’anno prossimo…