Se Calcutta e Pop X avessero un figlio, sicuramente sarebbe Diego De Gregorio, in arte San Diego. Uscito da pochissimo dalla scena indie elettronica romana, si sa ben poco di lui, solo quattro brani su Youtube ed una pagina senza informazioni su Facebook. La vaporwave è un genere musicale che usa i vecchi suoni anni ’80, decontestualizzandoli e riadattandoli al periodo in cui viviamo – qualcuno potrebbe definirla “musica nostalgica” – accompagnato dalle geometrie no-sense della a e s t e t h i c. Il genere, in Italia, ha come unici esponenti persone che prendono vecchie sigle dei cartoni animati, pubblicità, telefilm sempre del periodo 80’s trasformando le melodie e le immagini fino a fargli perdere totalmente il senso iniziale e quello finale. La vaporwave a lato pratico non dà all’ascoltatore informazioni dirette ma solo tracce di feels costanti.
Fatte queste premesse – e dato per scontato che la musica indipendente cantautorale italiana ormai ha pressoché abbandonato la resistenza e la lotta politica – prendete i testi di Calcutta o dei Thegiornalisti, aggiunge delle sonorità synth e Lo-Fi, dal sapore diciamo ambient, e avrete San Diego. Le sue quattro canzoni, che non sono considerabili né un album e né un singolo, essenzialmente non parlano di assolutamente nulla di diverso rispetto ai Thegiornalisti o Dente, e allora perché rispetto è più interessante a chiunque altro nella scena indipendente in questo momento?
Perché, musicalmente parlando, ciò che crea non è a tutti i costi pretenzioso o velatamente spocchioso: rimane una musica leggera e allo stesso tempo più moderna di quello che passa oggi. Sopratutto, non c’è la pretesa nelle sue canzoni di importi con la forza quello che vuole comunicare: il modo in cui sono mixati i brani fa sì che le parole e la musica stiano allo stesso piano e che l’una non superi l’altra.
Semplicemente, San Diego lo si può ascoltare in tre modi: il primo, facendo caso unicamente ai testi, e perdendo inevitabilmente tutto il contesto strumentale. O lasciando perdere le parole, concentrandoti unicamente sui campionamenti e le melodie. Oppure fregandotene di entrambe le cose. Ed è questo il motivo per il quale è apprezzabile, perché ti lascia questa possibilità di scelta, il modo in cui puoi anche ascoltarlo, senza vincolare l’ascoltatore a ricevere o a recepire per forza un messaggio o a scavare dentro la sua semantica.
San Diego è riuscito a prendere una moda che ormai nel resto del mondo sta svanendo (calcolando che son passati quasi 10 anni dal suo inizio) e a portarla nel contesto nostrano, abbandonando le vecchie strumentazioni e le vecchie battaglie politiche, facendo semplicemente musica.
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