– di Riccardo De Stefano –
La notizia più recente è questa: Margherita Vicario, cantautrice atipica e versatile, capace di passare dal campo della recitazione a quello del teatro canzone, tra pop e trap, ha pubblicato una serie di screenshot dove diverse persone la riempivano di insulti sessisti e misogini, alcuni di una volgarità insopportabile.
Come spiega la stessa Vicario, il motivo è che lei si sarebbe “permessa” di criticare il testo di una recente canzone di Emis Killa e Jake La Furia, “Sparami”, per i suoi contenuti misogini e datati.
La canzone, nei versi di Emis Killa almeno, grosso modo ripete un solo concetto:
“Il mood è schivare le vipere Mettere il cazzo in queste fighe infime Finché non muoio di AIDS o sifilide”.
L’ironica e sottile critica della Vicario, riferita al fatto che forse nel 2020 non c’è proprio bisogno di questo genere di commenti, ha scatenato le orde di fan adolescenti e post-adolescenti che non hanno perso tempo a riversare il proprio livore fideistico verso la cantante.
E quindi forse il rap continua ad avere questo problema, qui da noi.
Perché lungi dall’essere la prima volta che succede questo: basterebbe ricordare il caso Junior Cally, esploso poco prima di Sanremo, o la pioggia di insulti subita da CRLN in apertura a un concerto di Gemitaiz un paio di anni fa.
Sia chiaro: per quel che mi riguarda, il problema non sta nei versi della canzone. Vero: il testo di “Sparami” è brutto, stupido, violento e inutilmente volgare, ma rimane nel campo della libertà espressiva artistica, e prima di farci domandare se Emis Killa sia misogino, ci fa rendere conto di quanto soprattutto sia scadente come autore di liriche, oltre che rimasto a un gangsta rap che odora di muffa e che non rappresenta nulla di nuovo, né nulla di valido.
Perché oggi non abbiamo più bisogno del ragazzo che è uscito “dalla strada” e si è fatto rispettare usando le persone come oggetti e celebrando gli oggetti come fossero persone.
Però che ci importa a noi se Emis Killa preferisce interpretare il ruolo dell’angry gangsta? Poco. Ci importa che Emis Killa non si discosti dal suo pubblico, quello che ha scelto decidendo di cantare certe cose.
Se i rapper decidono coscientemente di interpretare questa parte – salvo poi nascondersi dietro il dito del “personaggio che canto nelle mie canzoni” quando la shitstorm verso di loro diventa troppo fitta – devono però rivendicarne le intenzioni, o altresì dissociarsi completamente da quello che dicono, immediatamente. Non possono esistere vie di mezzo che giustifichino il linguaggio e gli atti di questa parte di “fan”.
Evidentemente c’è l’interesse non solo a tollerare, ma a fomentare questo genere di comportamenti da parte degli artisti verso il pubblico.
D’altronde l’intelligente e pacata fanbase di Emis Killa magari rivendica la libertà di parola per riempire di insulti una cantante che si è “permessa” di criticare il loro cantante preferito.
“Not in my name”, si dice lì dove il rap è iniziato, e dove la lotta per i diritti e la dignità di donne e minoranze sociali è finita sulle strade, tra rivolte e morti.
Basta, anche basta.
Non c’è neanche più la novità: il rap – un certo rap almeno – continua ad usare questo linguaggio vecchio e mediocre, banale e finto, solo per questa presunta attitude di strada, che ci fa fare un salto indietro a 30 anni fa.
Il pubblico sembra non imparare mai la lezione e sistematicamente ricade nella vomitata insopportabilmente violenta per “difendere” il proprio artista del cuore (ma qualcuno glielo avrà mai chiesto?), trincerandosi dietro questa identità e questo costume che oggi più che mai dimostra quanto ancora indietro sia il rap game a riguardo.
Il Mondo è cambiato. Sotto molti aspetti si è spezzato e non basta un filo d’oro per ricompattarlo e renderlo più bello.
Siamo negli anni in cui o sei qui, oppure dall’altra parte.
Artisti rap, trap, ma anche pop – se dovesse succedere qualcosa del genere – è arrivato il momento: smettetela di recitare questa parte. Non serve più, non aiuta nessuno, non ne vale la pena.
Basta con quest’estetica fragile e decadente del rapper tutto droga-troie-money, non avete più 15 anni e l’aspetto brufoloso da compensare con l’attitude da gang.
Diventate migliori di così, e magari anche il vostro pubblico crescerà e diventerà – speriamo, finalmente – decente.