– di Riccardo De Stefano –
In un universo parallelo le cose non sono andate così. Il COVID non è mai esistito. Achille Lauro non ha mai portato i suoi quadri viventi a Sanremo, ma ha fatto palazzetti – e forse stadi – pieni. Blanco non è esploso, non così prepotentemente e in così poco tempo, ma hanno aspettato a lanciarlo tra gli spazi vuoti lasciati dai “grandi nomi” della musica italiana, tipo Tommaso Paradiso.
Eh, Tommy, già. Se non ci fosse stato il COVID, per Tommaso sarebbe stato tutto diverso: lo scioglimento dei Thegiornalisti al picco, poco dopo i quarantamila del Circo Massimo, un paio di buoni – se non ottimi – singoli e un futuro in discesa verso la strada dorata del successo.
Invece, due anni di fermo, per lui e per tutta la scena musicale, e dopo tutto è stato, anzi, tutto è diverso.
È apparentemente facile conquistare il cuore degli italiani, ma è certamente più facile perderlo: negli ultimi due anni Tommaso, ormai solista, è passato dall’essere la gallina dalle uova d’oro della discografia italiana a una sorta di reliquia di un tempo passato.
Il COVID ha davvero cambiato il modo di pensare e di vivere degli italiani, almeno per quello che riguarda la musica. L’indie pop è ormai vestigia di un decennio morto, con il suo disagismo post-adolescenziale reso insostenibile dall’abuso di cliché e luoghi comuni reiterati per anni, come quelli del mare, della solitudine, del sentirsi soli.
Oggi il mondo brucia e forse quel piccolo malessere infantile ha smesso di essere condivisibile, ed ecco che tutti gli eroi dell’indie sono invecchiati, messi da parte nella scena, in favore dei giovanissimi nuovi fenomeni mediatici.
Così i due anni di COVID hanno visto Tommaso provare a rimanere al centro della scena, senza riuscirci davvero: un singolo per beneficenza insieme a Elisa, “Andrà tutto bene”, che se non fosse per l’intento benefico sarebbe da dimenticare senza problemi, come sarebbe meglio fare per “Ricordami”, singolo horror del settembre 2020 talmente brutto che il titolo sembra una minaccia.
Infine nel 2021 si conferma il lancio del primo album solista di Tommaso, “Space Cowboy”, titolo ripreso pari pari dai Jamoriquai, in un altro (forse involontario) caso di citazionismo tipico di Tommaso.
Anticipato dal singolo “Magari no”, “Space Cowboy” esce infine, dopo ritardi e rinvii, nel marzo del 2022, in un mondo molto diverso, che probabilmente non vuole più molto da Tommaso.
Il problema, infatti, è che Tommaso in questi anni è rimasto se stesso: nonostante sia fisicamente imbolsito, visibilmente provato e invecchiato, tutto il resto sembra essere sempre uguale, con la solita insostenibile retorica posticcia e artefatta che da sempre circonda il personaggio Paradiso.
Con questa presunta malinconia, più dichiarata che palesata, Tommaso prova a convincerci di essere sempre più romantico degli altri, più intenso degli altri, quasi in cerca di un abbraccio continuo, nel tentativo di attivare qualche neurone specchio e farci provare empatia verso di lui, per sentirlo vicino come un “Amico vero”.
Ma se Tommy non è Calcutta o Niccolò Contessa, c’è un motivo: perché Tommy riprende dai suoi amati idoli Vasco Rossi, Luca Carboni, Antonello Venditti, persone che dell’empatia non hanno mai fatto la propria cifra stilistica. E la malinconia vintage pastellosa degli anni Ottanta ormai ha finito di esercitare il suo fascino, rendendo invece tutto il discorso intorno “Space Cowboy” insostenibilmente pesante.
Tommaso canta senza entusiasmo, ci prova, a rendere credibile quello che dice, ma fallisce praticamente sempre, complice anche la stucchevole scelta di tuffarsi a piè pari di nuovo, pigramente, nel sound retrò che rende il tutto ancora più piatto e noioso. Non che il sound dei defunti Thegiornalisti fosse innovativo, ma aveva un’anima e una personalità, che qui ormai manca completamente: anonimi strumentisti suonano anonimi arrangiamenti con un sound datato e privo di sorprese, al punto da farci chiedere se davvero fossero Marco Rissa e Marco Primavera il quid in più della scomparsa band romana.
E poi i testi: «Sono solo un vaccaro che ama guardare il cielo / Sono solo uno Space Cowboy» basterebbe a raccontare il personaggio Paradiso, oltre ai riferimenti al mare, alla domenica, alla cultura pop e ancora, ciclicamente, questa insopportabile estate perenne. Insomma, Paradiso, che non ha mai brillato per arguzia e il cui talento come paroliere si limitava a vaghe immagini nostalgiche, scivola ancora una volta più in basso, (s)cadendo nell’autoreferenziale: un Tommy sempre da lacrimuccia, mai incisivo, vicino agli amici che soffrono (non si capisce mai bene per cosa), sempre pronto per consolarsi a vicenda, chiuso ancora nel proprio ego, unico argomento di discussione della sua musica. Quello che emerge ancora una volta è un Paradiso sdraiato in spiaggia che si lamenta della malinconia della Vita, pensando a tempi diversi e migliori.
Tommaso rappresenta perfettamente lo scadimento della generazione Millennial, che si è sempre lamentata e continua a farlo, senza avere mai la forza di reagire, che pensa di essere il centro del mondo e della scena, quando tutti quanti hanno iniziato a guardare altrove.
“Space Cowboy” due anni fa avrebbe fatto furore. Sfortunatamente siamo cresciuti, e direi che ora tocca anche a Tommy diventare adulto.