Non mi stancherò mai di sostenere che il Pop è l’unico genere musicale che dà la possibilità di valicare qualsiasi confine artistico. Mi spiego: suoni metal? Non puoi esimerti dal distorcere la chitarra, macinare riff pesanti e adottare un abbigliamento consono; suoni reggae? Sei obbligato a suonare la chitarra in levare, avere i dread e farti le canne; suoni blues? E allora largo (o meglio stretto) alla pentatonica e al trito e ritrito giro blues che emoziona solo chi lo suona durante le jam… Potrei continuare all’infinito! Il Pop non è nulla di tutto ciò, il Pop non ha regole, forse una sola: la struttura della canzone, struttura al servizio della comunicazione e soprattutto della comprensione, struttura che vede i suoi archetipi nell’arte popolare, appunto. Per il resto non si è confinati in nessun recinto artistico. Un esempio su tutti: Michael Jackson, penso al funky di “Don’t stop til you get enough”, all’hard rock di “Beat it”, al metal di “Dirty diana”, alla dance di “Do you remember” e come lui tanti altri.
Fatta questa premessa è con grande piacere che mi accingo a fare due chiacchiere con Francesco Conte, chitarrista romano che si è fatto conoscere nei primi anni ’90 con la la death metal band Desecration, passato poi negli altenative rockers Web (con membri dei Dhamm), e attualmente impegnato con i Klimt 1918, come chitarrista di Daniele Groff ma soprattutto con i Public Radar, un progetto musicale che si può definire come un’ideale unione tra il synth-pop anni ’80 e sperimentazione electro-shoegaze.
Allora Francesco raccontaci come nasce questo progetto dal nome “The Public Radar”?
Il progetto nasce circa un anno fa, dalla volontà mia e di Andrew di suonare insieme. Ci conosciamo da parecchi anni, abbiamo sempre avuto grande stima per i reciproci progetti, ma non abbiamo mai avuto l’opportunità di realizzare qualcosa insieme, cosi questo ci sembrava il momento adatto coinvolgendo poi altri esponenti della scena elettronica come tre nostri cari amico Claudio degli You Are Here, Max Alto e Paolo Fabbrocino per la batteria e percussioni.
Venite quindi tutti da mondi diversi!
Sì, l’idea originale è proprio questa: Andrew proviene dalla scena hardcore poi Wave/Rock, io da quella Wave/Rock Alternative, Claudio e Max dalla scena elettronica, più riconducibili ad un appeal tipico anni ’80. Queste diversità hanno dato vita ad un progetto decisamente pop, ispirato proprio alla scena synth e wave di quegli anni.
“Show me I’m your lover”, è il primo singolo estratto dal vostro EP “The Public Radar”…
Esatto, è disponibile dal 30 giugno su tutti i Digital Stores. È il nostro omonimo EP, contenente 3 brani originali e 2 remix fatti da Alzy Ants e Dj Muf del nostro primo singolo “Show me I’m your lover”, nostro biglietto da visita promosso dall’etichetta romana RBL music italia.
È stato girato un video molto particolare per questo primo singolo…
Si, il video di “Show me I’m your lover”, diretto da Daniele Persica, racconta la storia di un gigolò, impersonato da Giulio Berruti, che per l’occasione veste dei panni insoliti ed accattivanti, non privi però di sentimento: stanco di essere un uomo oggetto, avrà una crisi di identità. Il video ricorda un po’ il film “Shame” di Fassbender,anche se la maestria del regista, lascia il finale aperto a sorprese…
Cosa vedi nel futuro prossimo dei TPR?
Oltre al formato digitale, il nostro EP sarà disponibile da settembre in cd formato digipack, per chi ci tenesse ad avere una copia fisica, oltre che digitale. Dal canto nostro, stiamo lavorando sodo per dar vita ad un album, a completamento della ricerca iniziata col nostro biglietto da visita, come dicevo, che è questo EP. Puntiamo a suonare dal vivo per far conoscere il nostro progetto al meglio.
Umberto Sartini