Sarà capitato anche a voi che leggete, almeno una volta nella vita, di avere diciassette anni, di essere annoiati e di scarabocchiare su un quaderno di scuola. Sono le otto di mattina, e un professore di italiano sta disperatamente cercando di farvi appassionare ad un poema lungo una massiccia quantità di versi, di cui magari, a dirla tutta, ricordate solo il nome: signore e signori, parliamo dell’ “Orlando Furioso”.
No, tranquilli. Non scappate.
Non siete inciampati in un articolo di critica letteraria trito e ritrito, né qualcuno sta per interrogarvi sulle peripezie del buon Orlando. Cerchiamo di concentrarci. So che è difficile ricordare, ma posso dirvi di avere una certezza. Mentre scarabocchiavate su quel quaderno, vi è stato detto che all’eroe in questione capitò di perdere la ragione, e di perderla talmente tanto da lasciarsela scappare fin su di un altro pianeta: la Luna.
La Luna che ci descrive l’Ariosto è un posto davvero stravagante. Paradossi, illusioni, mancanza di razionalità, follia.
Ecco dove voglio arrivare: ascoltando il loro secondo disco, ho avuto la certezza che fra quei giovani annoiati vi fossero anche i componenti dei “Prospettive di gioia sulla Luna”.
E non è solo il nome del gruppo a darci conferma di questa lontana e sepolta reminiscenza. I tredici brani e le due intro presenti nell’album sono davvero la porta per una fabbrica di giocattoli, dentro al campo visivo di una Luna che ci offre prospettive distorte e surreali. Qualsiasi nota ci giunga all’orecchio, l’effetto è psichedelico, fluorescente, come un videogioco degli anni ottanta. Le chitarre sono onnipresenti, è vero, ma le sonorità cambiano, si deformano, nelle appariscenti prospettive di gioia che si incontrano sul rocambolesco descritto dai cinque musicisti. “Anni ed eroi”, il pezzo con cui si apre il disco, non è altro che una descrizione dei sogni dell’uomo, immagini di ricchezza e di gloria, che svaniscono nel passaggio dall’adolescenza alla vecchiaia, e brillano come la bianca faccia visibile del satellite. Ma la follia umana non si ferma qui: non ci viene mostrata solo la parte stravagante e gioiosa, ma anche la famosissima “dark side of the moon”, la parte nascosta.
In “Solo sale” la felicità ingannevole dei pezzi precedenti si complica. Diventa oscura, enigma. Diventa un “un’ossessione nella testa che spinge/ fino a diventare Sfinge”. La voce è carezzevole, e subito dopo graffiante.
E non preoccupatevi se la prima lettura della tracklist vi porta fuori strada: “Palloncino”, “Gelati”, “Un enorme specchio” sono titoli bizzarri e discordanti, ma, in fin dei conti, cosa può avere senso sulla Luna, luogo della realtà paradossale dell’uomo e della vita? I pezzi eterogenei si rincorrono in un ordine logico che sembra mancare totalmente. E infatti è così.
In questi pezzi, come nel poema dell’Ariosto, la logica non esiste, e non ci sembra affatto un male.
Non sono io a dovervelo dire: se a diciassette anni eravate troppo presi da altro per divertirvi con l’Orlando e le sue mille peripezie, questo album è la chance che ora non potete lasciarvi scappare per volare un po’ più in là dello stanco grigiume della Terra.
Eleonora Pepe