– di Martina Rossato –
Il disordine delle cose è un progetto musicale che nasce nel 2009 a Novara. La sua formazione di base è composta da sei artisti, che hanno deciso di far confluire le loro esperienze musicali pregresse in questa band. È da poco uscito “Sul ramo di un ciliegio”, singolo che anticipa l’album Proprio adesso che ci stavamo divertendo.
Ascoltare un album in anteprima e poter dire la mia prima che questo arrivi alle orecchie degli altri è sempre un’emozione. Mi fa sentire in qualche modo privilegiata, a maggior ragione quando è un album che non vedo l’ora di ascoltare. È proprio quello che è successo con Il disordine delle cose. Dopo aver ascoltato il singolo e averne visto il video, le antenne della mia curiosità si erano già drizzate. “Sul ramo di un ciliegio” è una canzone positivamente primaverile ma altrettanto triste, che riesce a coniugare la desolazione di questo periodo in cui non possiamo neanche mostrare il nostro sorriso, sempre nascosto dietro una mascherina con una grande positività. La traccia, sulle note di una melodia allegra, cela un testo piuttosto malinconico, che mostra la difficoltà di apprezzare le piccole cose quotidiane in mancanza di qualcuno con cui condividerle. Una sorta di tentativo di fuga dalla triste realtà che ci sta attorno, inesorabilmente portata a realizzarsi negli stessi finali, che il Covid non aiuta certo a cambiare. Ed è proprio per capire come andrà a finire il racconto di questa fuga che mi viene voglia di ascoltare l’album tutto d’un fiato.
In effetti, nel corso dell’album, tale voglia di scappare ritorna spesso. Molte volte, gli abiti cui ci costringe la vita quotidiana sono troppo stretti per noi, ci proibiscono di mostrarci per quello che siamo veramente. Di conseguenza, l’unica soluzione sensata sembrerebbe essere quella di allontanarsi dal groviglio di attività in cui ci troviamo intrappolati; ciò diventa una richiesta fatta a gran voce, che si esprime in “Portami in giro”. Dall’album sembra emergere un pizzico di malinconia, come se si fosse alla ricerca di qualcosa di positivo, che (come spesso succede di pensare), viene identificato con il passato. Ma il passato non può tornare, lo sappiamo tutti. La soluzione? “Un finale inaspettato dove ci lasciamo andare”.
Mi sembra che l’intero album si muova su due linee parallele: quella dell’io e quella di tutto ciò che lo circonda, che poi comprende anche (e soprattutto) le persone amate. L’impressione è che il protagonista dell’album sia incapace di unire questi due piani. Il disco oscilla quindi tra motivetti allegri e momenti di tristezza profonda. Questi ultimi sono legati prevalentemente a ciò che c’è fuori dall’io – che spesso è il motivo per cui ci sentiamo stanchi e scalfiti, ma inabili a reagire – e sembrano essere espressione di questa inadeguatezza. Per unire i due aspetti, si cerca il sostegno di un amore che ci faccia sentire meno sbagliati, più al nostro posto. L’io delle tracce risulta un po’ in balia del mondo esterno e si comporta in conseguenza di quello che accade al di fuori di sé, tanto che il protagonista dà l’impressione di essere quasi incredulo di fronte ad alcuni avvenimenti.
Il tutto, è inserito in una cornice musicale che richiama il cantautorato italiano, come risulta chiaro fin dalle prime note della prima traccia: “In questo brano [“Sul ramo di un ciliegio”, ndr] ritroviamo la nostra più profonda dimensione cantautorale. È qui che incontriamo, ci ritroviamo e conosciamo i nostri più grandi autori come Lucio Dalla”. L’album è un segnale di speranza, mostra una incredibile voglia di primavera e di aria nuova. A tal proposito, il video ufficiale di “Sul ramo di un ciliegio” è una boccata d’aria fresca e una carrellata di sorrisi. Il quarto album de Il disordine delle cose arriva in un momento di profondo sconforto generale (e forse arriva proprio grazie a questo sconforto). È un album che vuole guardare oltre la superficie ruvida che ha ormai coperto la quotidianità di tutti, per aprire uno squarcio e far entrare uno spiraglio di luce attraverso il ricordo e la voglia di vivere un futuro più leggero, che si configura come sempre più vicino.