– di Martina Zaralli –
C’era una volta. Celeste. È dalla notte dei tempi che ci lasciamo ammaliare dall’immensità del cielo, forse perché i pensieri, i ricordi e i sogni ci sembrano più vicini se guardiamo alle stelle, forse perché ci piace sapere di tanti altri mondi possibili. E ci siamo sempre cimentati nel tentativo di riprodurla, quella volta celeste, un po’ per ambizione, un po’ per sentirci veramente parte di qualcosa. Peppe Voltarelli per il suo quinto disco solista ha scelto il nome di “Planetario” e mette a sistema i suoi pianeti e le sue stelle, in una simmetria terrena che si schiude dentro un’enorme immersione nella canzone d’autore nella quale rilegge da Jacques Brel a Bob Dylan, da Leo Ferré a Vladimir Vysotskij. “Planetario” è la somma delle esperienze di arte e di vita del cantautore calabrese nomade per vocazione e irrequieto per temperamento, è l’insieme degli incontri bizzarri in luoghi segreti e inesplorati dove le differenze di stili e di linguaggio diventano l’anima di un racconto poetico e appassionante attorno al ruolo sociale della canzone, alla sua importanza nel sapere collettivo di un Paese. Edito da Squi[libri], il fortunato album di Peppe Voltarelli (Targa Tenco come Miglior Interprete nella scorsa edizione della rassegna) continua adesso il suo cammino nei club con uno spettacolo di “teatro-canzone” che unisce cantautori di tutto il mondo perché, come mi dice al telefono: «Questo disco non è nient’altro che il respiro dell’umanità, il grande afflato collettivo del ritrovarsi, nonostante tutto».
Il tour è partito il 10 febbraio da Venturina, che cosa hai provato nel tornare all’attività live? Come sta rispondendo il pubblico?
Ho provato una grandissima gioia e mi ha colpito molto la reazione del pubblico. Ho ripreso l’attività live da un piccolo centro e vedere la sala piena è stata una grande sorpresa e una grande soddisfazione. Si percepiva tantissimo il desiderio di musica delle persone! Ripartire con un tour è stato poi per me e i miei collaboratori anche un banco di prova, perché dopo due anni di stop e di cambiamenti ha richiesto uno slancio importante. Non ci dimentichiamo poi che siamo nell’epoca dello streaming, dove in generale il live è sicuramente il banco di prova per eccellenza, per fare del proprio concerto un’esperienza autentica e unica, che sposta la percezione della realtà sull’elemento umano, uscendo dalle dinamiche digitali.
Il tour di “Planetario” è uno spettacolo di teatro – canzone: cosa porti sul palco?
Attraverso le canzoni del disco racconto le esperienze dei miei ultimi vent’anni. I brani di “Planetario” hanno una duplice natura: da una parte sono sicuramente i protagonisti del concerto, diventando cioè il punto di riferimento storico, geografico ed emotivo della mia vita, ma allo stesso tempo fanno anche da sfondo al racconto dei miei aneddoti personali legati ai viaggi in giro per il mondo, dagli Stati Uniti all’Argentina, dal Canada al Madagascar, e delle tante persone che ho conosciuto. Diciamo che in realtà le canzoni sono un pretesto, la più bella scusa per incontrarsi. E se poi canto di poesie allora con chi mi ascolta faccio un patto serio. Aggiungo anche che quando si parla (o si canta) di viaggi, si parla di sradicamenti, di fughe e di sogni, di scommesse su una nuova vita: tanti sentimenti che si aggrappano alle canzoni per mantenere sempre vivide le speranze di cambiamento e di miglioramento.
Il viaggio è un concetto portante in “Planetario”: c’è un luogo dal quale è partito tutto?
“Planetario” è partito dalla Spagna, da Barcellona. È partito da un luogo che ho frequentato moltissimo negli ultimi quindici anni, Cose di Amilcare, in cui mi ritrovavo con appassionati di musica e canzone d’autore. Sergio Secondiano Sacchi – che è anche tra i produttori del disco – mi ha affidato il compito di rileggere un certo tipo di repertorio, quello che poi ha composto “Planetario”, perché col mio modo di cantare, di raccontare la musica sul palco potevo essere l’artista giusto per rielaborare e far conoscere canzoni poco note in Italia ma piene di emozioni. Mi piace scrivere le canzoni, ma in questo caso, puntando molto sull’interpretazione ho fatto un grande master, un grande corso di specializzazione grazie al quale posso rileggere meglio anche le mie canzoni.
E poi con “Planetario” sottolinei il ruolo centrale delle canzoni nella (e per la) memoria collettività…
Sì, la scelta delle canzoni è stata fatto selezionando brani di popolo, amati dalla gente e che rappresentano la storia di un Paese, che portano con loro una sorta di rivendicazione sociale e politica. Ho voluto cantare il desiderio di libertà che passa per le rivoluzioni e che inevitabilmente viene poi raccontato anche in musica.
Dove e quando prosegue il tour di “Planetario”?
Il tour riparte da Napoli, l’11 marzo presso l’Auditorium Novecento, e prosegue a Cava deTirreni al XXXV Live (12 marzo), a Milano presso il Garage Moulinsky (16 marzo), a Poggibonsi al Politeama (18 marzo). E ancora: a Firenze (07 maggio), a Ferrazzano (25 giugno), a Monteriggioni (16 luglio) e a Latina (22 luglio).
Ci vorrebbe anche un tour all’estero.
Abbiamo già qualcosa! A maggio sarò a Parigi e Barcellona, rispettivamente il 14 e il 28 maggio, mentre il 10 giugno sarò a Praga e il 29 giugno sarò a Zurigo.