È bellissimo questo nuovo disco dei Petramante. Tornano in scena dopo tanti anni di distanza e di vita, dopo rivoluzioni e cambiamenti… loro, nostri, di tutti. Tornano con “Ortica” che ci fanno trovare solo in vinile (e digitale). Un disco pesante di vita, leggero in quel modo incantato di raccontarla. “Ortica” ha dentro Nada, voce ne “Il male necessario” e Pino Strabioli che recita in “Deandré”. “Ortica” ha dentro il pianoforte di Arturo Annecchino che sospende e il cammino del disco per ben 4 volte con intermezzi che sono ricami fatti a mano. È un disco di ricami, tra suono del futuro e antiche soluzioni. È un disco fatto a mano…
Tornano i Petramante… e questo nuovo disco di cosa parla? Del tempo nuovo o della nostalgia di quello vecchio?
Delle due, nessuna. Il disco racconta il presente, guardato con una coscienza nuova.
Un disco che oggi troviamo anche in vinile… tanto per parlare di nostalgie passate. Che rapporto avete con questo formato? Secondo voi il futuro sta in questo passato?
Ascoltiamo vinili, e questo è bastato per farci scegliere di stampare esclusivamente in questo formato. È difficile fare previsioni sul futuro dei supporti musicali, anche se nel nostro caso una certa nostalgia ha influito. E poi c’è il piacere fisico dell’oggetto che è legato a percezioni personali, come quando si sceglie di comprare un libro di carta piuttosto che leggerlo nel Kindle.
La Francia sembra essere un punto fermo o comunque uno dei centri di questo disco. Anche per quel certo modo di vestire l’incanto della voce e delle liriche… o sbaglio?
La Francia ci arriva in dono con “ahimè”, una canzone scritta per noi a Parigi e lì ambientata, anche se è solo una nostra supposizione. Per il resto probabilmente non c’è molta Francia, perlomeno non era nelle nostre intenzioni, e se ce ne fosse ci scusiamo.
Diversi ospiti ma su tutti ci colpisce Arturo Annecchino che compone (e suona?) 4 strumentali. Perché? Che tipo di “completamento” avevate da raggiungere?
Non c’era nulla da completare: Arturo collabora con Simone da anni, abbiamo molta stima del suo lavoro e quando ha composto le quattro parti abbiamo pensato che sarebbero state perfette per intervallare le canzoni che rispetto agli altri dischi per la prima volta sono più eterogenee: due voci, quattro penne e molti ospiti.
Quanta leggerezza manca alla vita di oggi? Ve lo chiedo perché questo disco parla molto della leggerezza, di quel “lievitare che si oppone alla gravità”…
La leggerezza che cantiamo è in divenire, è un’aspirazione. In realtà è un disco con una certa gravità, subita spesso, frutto della consapevolezza e dell’età.