– di Naomi Roccamo
foto di Sara Serra –
Mi fa tenerezza pensare che tendenzialmente gli eventi mainstream vengano sempre snobbati da qualcuno, come se a volte il mainstream non coincidesse con la qualità. Se si tratta di Blanco poi, il cui concerto era, diciamolo, uno dei live più attesi nell’estate italiana, c’è sempre quella punta di “ma dai, e quindi vai al concerto, coi sedicenni”. In effetti, in compagnia di una generazione che non è proprio la mia, ho assistito alla seconda data live del Blanco Tour, un doppio sold out protagonista del Rock in Roma 2022.
Il vero struggle non era tanto, per me, mimetizzarmi tra i miei non coetanei, visto che ne condivido l’hype e l’entusiasmo, quanto arrivare fino a Ippodromo delle Capannelle da sola coi fatiscenti mezzi pubblici romani, con l’Appia completamente colonizzata dal fandom e gli autobus pieni.
Arrivo e scopro che è in atto un dress code, o bianco o nero. E già qui vengo bocciata. Arrivare appena in tempo, anche se in orario, mi fa comunque sentire una ritardataria, fra le lunghe file delle fascette e magliette del merch, con chi ha sgomitato tutta la giornata per un posto decente in mezzo a quelle 32 mila persone. Il pit davanti è pieno di famiglie e gente che vuole stare tranquilla, i più eccitati e i maestri del pogo stanno dietro.
In apertura i Bnkr44: mi piacciono ed è un piacere sentirli live per la prima volta, Blanco si presenta però alle 22, come avevano spoilerato gli avventurieri della prima sera, quindi la pazienza inizia a vacillare per gran parte del pubblico.
In pieno rispetto del dress code lui e Michelangelo si fiondano sul palco e lo riempiono subito di energia. Le frasi di contorno, come avevo previsto, sono poche, si va dritti al punto, alla musica. “C’è molto caldo, siete voi che mi accaldate. Sento solo la vostra voce”, questo basta per scatenare una serie di urla. Blanco sa già ovviamente come muoversi e cosa dare al pubblico, non c’è da tergiversare.
Il legame con Roma, la città della squadra del cuore e delle soste durante l’infanzia, si percepisce e riconosce, anche se in imbarazzo prova a parlarne fra una canzone e l’altra. “Ringrazio mio padre per avermi lasciato tre mesi a Primavalle”. Infatti arrivano immancabili i cori da stadio, i riferimenti alla Magica e questo senso di appartenenza reciproco viene esplicitato.
“Notti in bianco” non poteva essere messa in scena solo una volta: la prima volta ce la canta, anzi, ce ne da un assaggio, arrampicato da qualche parte, tra i cori del pubblico e le luci dei telefoni. Ma il pubblico non si ferma, si lascia travolgere e vuole cantarla per intero “dopo, dopo!”, dice trattandosi del pezzo finale.
Proprio il pubblico è la parte più importante di questo live, come se si volesse ricambiare tutto l’amore che si riceve: l’invito e il posto privilegiato sul palco, che la sera prima avevano visto protagonista il padre del cantante, stasera spetta ad alcune fan, emozionatissime, che ci rimangono il tempo di una canzone. Ma è un pubblico emotional, imbambolato dalla presenza sul palco filtrata dai display, poco incline al saltare, ballare, imitare l’attore principale.
Durante “Blu Celeste”, performata intimamente elevandosi sopra alla folla, si pensa più a che riprendere che a condividerne il valore empatico. Sembra quasi che il suo pubblico non sappia bene come comportarsi davanti a qualcuno che ha aspettato per tanto tempo, una prassi quando ci si trova davanti ai propri idoli.
Quindi tutto finisce così, una maratona di molta musica, poche parole, moltissima qualità ben distribuita fra i musicisti, consapevoli e pulitissimi nella loro performance, e Blanco, che a tratti sembra essere un artista dal giorno 1.