– di Giacomo Daneluzzo e Martina Rossato –
Asteria è una giovane cantautrice che prende il nome da un personaggio della mitologia greca: un nome legato alle stelle e alla luce – ἀστήρ (“astèr”) in greco antico significa proprio “stella” – ma che porta con sé una storia oscura, di violenza e di prevaricazione, in cui questa titanide si trasforma in un’isola per trovare rifugio, diventando lei stessa rifugio per chi ne ha bisogno.
Asteria è Anita Ferrari, che dopo aver iniziato la propria carriera nel mondo musicale in modo dirompente, risultando vincitrice del Premio Bindi e del Premio Nuovo IMAIE, per arrivare alla firma con Double Trouble Club/Island Records, realtà che lavorano sotto l’egida della major Universal Music Italia.
L’abbiamo incontrata in occasione della pubblicazione del suo ultimo singolo “PROFUMO”, in un luogo molto suggestivo: il BackDoor43, il bar più piccolo del mondo, sul Naviglio Grande. Sorseggiando i drink analcolici più buoni che abbiamo mai bevuto, le abbiamo fatto qualche domanda su di lei, sul nuovo brano e sul suo percorso artistico.
Il tuo nome d’arte cita un mito molto particolare, non così conosciuto: qual è il tuo rapporto con la mitologia greca, con il mondo classico?
Al liceo facevo schifissimo [ride, nda], ma cercando un nome d’arte mi sono riavvicinata alla mitologia. Sono tornata su ciò che avrei dovuto studiare al liceo, ripartendo dai miti greci. Quello di Asteria mi ha affascinata moltissimo, in particolare per l’etimologia del termine: la stella, la luce, la guida nella notte. È ciò che la musica rappresenta per me.
Poi c’è anche l’idea dell’isola-rifugio, no?
Sì, c’è una doppia allusione, che mi piace molto!
Cosa significa, per una ragazza di poco più di vent’anni, entrare nell’industria discografica, oggi?
È difficile: dal momento in cui ho pubblicato il primo singolo sento di avere addosso delle aspettative. Tanto più singolo piace, tanto più hai addosso aspettative da parte degli ascoltatori e del mondo della musica. Cerco sempre di ricordarmi che la mia musica è piaciuta, molto probabilmente, per l’autenticità che ha. Cerco di tornare sempre alle mie radici ed essere me stessa.
“Profumo” pone al centro dell’attenzione l’olfatto, un senso un po’ snobbato. È una scelta un po’ singolare, a che cos’è dovuta?
Amo l’olfatto, come senso: è il più immediato. Mi sento da sempre attratta dal fatto che un odore possa trasmettermi delle emozioni appena lo sento. Potrei fare mille esempi. Quando entro in ascensore sento il profumo del mio vicino di casa – che saluto [ride, ndr] – che è molto intenso e che si mischia all’odore di sigaretta, perché fuma moltissimo, e questo mi emoziona ogni volta.
In effetti è un senso molto evocativo. È interessante il fatto che abbia un “rapporto speciale” con questo senso. Se dovessi fare una classifica personale dei sensi?
Il primo posto va all’udito, alla musica. Come ultimo metterei la vista. Il tatto invece è importantissimo, ma quello di cui mi nutro io sono ascolto e profumo, quindi udito e olfatto. Sono un’amante del buon mangiare, quindi, in definitiva direi: al primo posto udito, al secondo ex aequo olfatto e gusto, poi tatto al terzo posto e infine vista, che, per quanto importantissima, forse mi trasmette meno degli altri sensi.
A proposito di profumi e di “Profumo”, il tuo singolo è nato proprio da un profumo che hai sentito nella tua città, Bergamo, giusto?
Sì, e non era il profumo del vicino, stranamente [ride, nda]. Ho un bel rapporto con Bergamo, se non per il fatto che è abbastanza chiusa – poi, come ovunque, ci sono belle e brutte persone. Sono una persona molto curiosa e aperta, ma anche timida. A Bergamo t’insegnano che se fai una domanda in più è troppo e questa è forse l’unica cosa che non mi piace di Bergamo, che è pur sempre casa. A livello musicale, purtroppo, non ho mai condiviso troppo con le altre persone.
Nell’ultimo anno ti sono successe un po’ di cose: il Premio Bindi, il Premio Nuovo IMAIE e la firma per Double Trouble Club/Island Records/Universal Music Italia. Cos’è cambiato nella tua vita e come hai in mente il tuo percorso da qui in avanti?
A partire dal fatto che sono riuscita a impostare fin da subito questo percorso come una carriera musicale, cerco di professionalizzarmi sempre di più. Vorrei riprendere una concetto che ho sentito dire da Ernia: è facilissimo tornare a casa dopo il lavoro e pensare di dover buttare fuori cose e scrivere dieci singoli, magari in tre giorni; è molto più difficile, però, riuscire a tirare fuori ogni giorno aspetti della tua anima che possano spiegare parte di te. Cerco di abituarmi a questo, rimanendo sempre autentica. Poi vorrei aprirmi a nuove prospettive, fare tanti live e collaborazioni.
Ci puoi anticipare qualcosa riguardo al nuovo disco? Se dovessi descriverlo con tre parole quali sarebbero?
Difficilissimo! Parlo molto di amore, quindi un termine è sicuramente “amore”, anzi, meglio ancora “sentimento”. Poi direi “rosa”, sia per i capelli sia per il fatto che è a metà tra un colore fortissimo e il bianco. Il terzo termine è proprio “profumo”: tutti i miei pezzi trasmettono un’immagine e ogni immagine ha un profumo.