Ecco un bel disco davvero: non un lavoro di omaggi, né un becero raccoglitore di cover. OLDEN torna in scena con un disco molto importante, un lavoro prezioso di estetica e di cultura. Assieme alla produzione di Flavio Ferri (Delta V) ripercorre gli anni ’60 della canzone italiana e ne prende 9, pescando nel calderone delle poco conosciute, quelle che sono arrivate da noi dopo mille traduzioni e contaminazioni, quelle che sono poi sopravvissute e che ancora oggi fanno parte della tradizione, quella culturale, quella meno televisiva. Olden le ha riprese e ha pubblicato un disco pregiato, rivisitandone il suono e l’arrangiamento e dando al tutto una coerenza attuale e – diremmo oggi – indie. In rete il nuovo video del singolo “Un fiume amaro” (brano del 1962, ripresa poi nel ’70 da Iva Zanicchi) in cui troviamo la featuring di Umberto Maria Giardini. Insomma da questo disco c’è davvero tanto da portare a casa…
Ti ritroviamo in questo grandioso omaggio agli anni ’60. Inevitabile chiedertene conto: perché gli anni ’60?
Perché gli anni ’60 rappresentano un’epoca irripetibile non solo a livello musicale, un periodo ricco di eventi che hanno cambiato la storia e che ancora oggi continuano a propagare la loro onda.
E gli anni ’60 sono anche gli anni dei grandi cantautori, delle grandi canzoni “popolari” che oggi costituiscono un patrimonio prezioso, una parte importante della nostra “memoria collettiva”. Alcune delle canzoni scelte per questo album, inoltre, sono anche un pezzo della mia memoria personale, costruita attraverso gli ascolti delle cassette dei miei genitori, quasi sempre in macchina, in viaggio. È l’inizio di tutto, in un certo senso.
Cantando da vicino queste canzoni, cercherai di riportare qualcosa nelle tue prossime scritture inedite?
Sicuramente, soprattutto nella scelta dei suoni, negli arrangiamenti; per la mia carriera A60 rappresenta una piccola svolta, specialmente a livello musicale e nella maniera di concepire una canzone o un album.
Flavio Ferri (che ha prodotto e arrangiato l’album) ha fatto un grande lavoro, e certamente i suoi frutti dureranno nel tempo, per cui, si, qualcosa di A60 ci sarà anche nei mie prossimi lavori, inevitabilmente.
Tra l’altro (piccola anticipazione) già siamo al lavoro per un nuovo progetto che un giorno vedrà la luce.
Più delle canzoni, ci sono artisti e momenti particolari della musica di quegli anni che hai voluto “citare” o ai quali sei più legato?
Se dovessi sceglierne uno direi senz’altro Enzo Jannacci, un genio assoluto, un personaggio unico, un tesoro che dovremmo far studiare nelle scuole; non solo per il talento musicale e come straordinario autore di testi, ma anche come esempio di artista libero, autentico, senza compromessi.
In “A60” ho voluto inserire “Giovanni Telegrafista”, un vero gioiello che ho sempre amato sin da piccolo (e quando sono cresciuto l’ho capita ancora meglio e l’ho amata anche di più). Mi piace ricordare anche il riadattamento de “La Tieta” di Joan Manuel Serrat (con testo italiano di Sergio Secondiano Sacchi) probabilmente il cantautore catalano più significativo di tutti i tempi, nato a Barcellona, che è la città nella quale vivo da più di dieci anni e che rappresenta così tanto per me, per la mia “nuova” vita.
Molte canzoni in Italia sono giunte dopo aver fatto il giro di mezzo mondo. Secondo te in italiano alcune di queste hanno perso o acquistato qualcosa?
Non credo che una canzone possa perdere qualcosa quando viene cantata in un’altra lingua o se viene arrangiata in un modo diverso, perché parto dal presupposto che mai potrà sostituire la versione originale (e non è nemmeno quella l’intenzione), specialmente se si tratta di un brano che fa parte della storia, se rappresenta un’epoca (come molti brani di “A60”).
Una versione in italiano è semplicemente un’interpretazione, secondo un differente punto di vista artistico, e questo è solo un “arricchimento”, non una sottrazione.
Certo va anche detto che senza cura, rispetto, e qualità, tutto va a farsi benedire, come in ogni cosa!
Perché la produzione artistica di Flavio Ferri? Cosa ti ha spinto a questa scelta?
Flavio è stato un incontro, forse casuale, forse no; è un artista che ai tempi dell’Università “conoscevo” attraverso le canzoni dei Delta V, una band che ho sempre seguito ed apprezzato.
E come dicevo, forse per caso, ci siamo poi conosciuti davvero, qui a Barcellona (dove vive anche lui), davanti ad un locale dopo un concerto (forse di Bobo Rondelli, ma la mia memoria vacilla un po’, ultimamente…).
E così, quasi senza pensarci, abbiamo cominciato a fare delle piccole cose insieme, prove, esperimenti, fino ad arrivare alla registrazione di “A60”.
Flavio è un talento, con una visione musicale molto completa, un artista dotato di una grande sensibilità e capace di tirare fuori il meglio dalle persone che lavorano con lui.
Ed è pure un amico, ormai… per cui la scelta è stata davvero quella giusta.
E pare che la cosa non finisca qui, perché, come vi dicevo, già stiamo lavorando per un nuovo album.
Fatevi trovare pronti, mi raccomando!