– di Paolo Pescopio –
Odawin, classe 1992, è un interessante nome del nuovo cantautorato italiano. Il suo vero nome è Patrizio Ottaviani e la sua musica si pone lo scopo di creare un nuovo sound a partire dalla psichedelia, e in particolare dal rock psichedelico, unendo queste sonorità con quelle esotiche e immaginifiche delle melodie che appartengono alla musica tradizionale araba. All’attivo ben sette singoli usciti durante il 2021, l’ultimo dei quali s’intitola “Knight of Cups” ed è un brano di oltre quattro minuti – quindi non esattamente “radiofonico” – e per di più che propone sonorità molto distanti da quelle che noi tutti siamo abituati ad ascoltare nel panorama musicale attuale.
Attualmente sta lavorando al suo esordio nel mondo discografico, dal titolo “The Untitled EP”, che dovrebbe uscire nel corso del prossimo anno per l’etichetta indipendente trentina Wires Records, fondata nel 2020 a Riva del Garda (in provincia di Trento) da Giacomo Oberti, già noto per la sua militanza nel complesso The Bankrobber.
Ma, tornando al più recente singolo del progetto Odawin, “Knight of Cups”, c’è molto che si può dire in merito. Innanzitutto “Knight of Cups” sembra essere il brano perfetto per incarnare ed esemplificare il concetto di “contaminazione culturale”: cosa più di un brano con influenze che provengono dai mondi, estremamente distanti, della musica psichedelica e della musica tradizionale araba, può rappresentare uno dei tratti distintivi di quest’epoca storica, ossia l’incontro e l’unione di culture storicamente e culturalmente lontane e diverse tra loro?
D’altra parte l’artista, sin dal primo ascolto, si rivela essere un maestro nel trascinare l’ascoltatore, attraverso la musica, in un mondo psichedelico, onirico e spirituale, centrando pienamente il proprio bersaglio, costituito dall’obiettivo di trasmettere efficacemente quello che è il fulcro delle sonorità esplorate e utilizzate per comporre la sua musica.
C’è molto esotismo in “Knight of Cups”, c’è fascinazione per l’ignoto e voglia di esplorare nuovi orizzonti e di valicare confini remoti, geograficamente e non solo; Odawin, con le sue sonorità, scelte ed elaborate con cura e precisione, riesce nell’intento di creare scenari vividi, reali, come se fossero luoghi immaginari in cui, però, l’artista è stato davvero, posti lontani che è riuscito a vedere, esperienze realmente vissute in prima persona, o forse, quantomeno, a visualizzare nella propria mente.
Infine il titolo del brano, “Knight of Cups”, si rifà a un film risalente al 2015, che vede alla regia Terrence Malick: si tratta di un riferimento a una specifica carta dei tarocchi, per l’appunto il Cavaliere di Coppe: una carta molto interessante, che rappresenta il superamento della chiusura ai sentimenti e con esso l’unione perfetta tra sentimenti, forza, prontezza e tenacia, al servizio dell’immaginazione, della fantasia e della capacità di sognare. Le vicende del protagonista, infatti, vengono associate dall’autore a diverse carte, con numerosi riferimenti a diverse culture e diversi mondi, in particolare nei confronti di un Oriente ideale, immaginario, visto come una realtà lontana e affascinante, ideale per sognare e per tendere verso l’ignoto e l’inesplorato.