NUJU
“Sotto l’Equatore”
Il video è in anteprima su ExitWell
Arriverà “Clessidra”, il sesto disco dei Nuju, la formazione calabrese ormai di stanza a Bologna. Un nuovo disco che troverà la luce proprio questo 25 Novembre e che già è stato anticipato dal primo video ufficiale “Sopra l’Equatore” per la regia di Lorenzo Menini e Fabrizio Cariati… gli stessi che firmano una sorte di sequel, ovvero “Sotto l’Equatore”, altro singolo estratto che oggi vi presentiamo in assoluta ANTEPRIMA. Impareremo a viverlo questo concept album anche solo leggendo la tracklist: da nord a sud spaziando dentro uno storytelling di kombat folk che ha il tempo come chiave di lettura centrale. Tempo che scorre e che determina modi di stare al mondo diversi, nel colore, nel suono, nelle contaminazioni… la fretta e l’industria, la tradizione e le attese. Ora siamo al centro.
“Clessidra” si fa interessante anche solo a guardarlo. La tracklist è decisamente visionaria: un nord industrializzato e un sud di sabbia e tradizione… il ferro da una parte l’uomo dall’altro. Al centro?
Grazie, noi ci teniamo molto al packaging e alla grafica, infatti abbiamo fortemente voluto che il disco avesse anche un supporto fisico, nonostante oggi la musica sia principalmente in streaming e la parte grafica perde valore. Per fortuna abbiamo sempre con noi un’artista che trasforma in immagini i nostri pensieri e le nostre note: Lorenzo Menini. La tracklist, poi, rappresenta in pieno il concept dell’album. Partiamo da suoni elettrici e di rabbia, con parole forti contro ciò che stiamo diventando, seguendo sempre il mito dell’Occidente industrializzato e capitalista; finiamo con suoni acustici e un ritorno alle radici, anch’esse, però, tradite dall’individualismo che ci allontana dalla comunità. Al centro c’è l’umanità, ci siamo noi, con tutte le nostre contraddizioni. Abbiamo cercato di trasmettere un messaggio che possa portarci a vedere al di là delle semplici apparenze, cui oggi siamo sempre più abituati.
Oggi scendiamo “Sotto l’equatore” con questo nuovo video… sembra che anche i suoni inneggiano ad un rapporto più vicino con la terra e con l’uomo. È un caso oppure dal disco ci dobbiamo attendere anche questa separazione di genere?
Il disco è diviso esattamente a metà, una parte più elettrica e una parte più acustica. I generi si mescolano e i suoni che si modificano. I Nuju sono da sempre una band con una forte matrice world e folk, ma con un sound rock. Infatti la nostra line-up prevede batteria, basso, chitarra elettrica e sinth, insieme al violino e la chitarra acustica.
Il disco va ascoltato dall’inizio alla fine, per entrare a pieno in questo viaggio immaginario dal Nord al Sud del mondo, con l’ascoltatore che può capovolgere la clessidra all’infinito, per ascoltare la nostra lettura del tempo in cui viviamo.
Altra cosa che ci colpisce: sono due video uguali, canzone a parte. Anche qui c’è una ragione precisa?
Sì, i due video sono uguali, cambia solo il nostro outfit. Il motivo è legato alla canzone stessa. Quando abbiamo scritto questa musica, il nostro cantante, aveva lavorato su due melodie diverse. Così abbiamo deciso di affidare a queste note il concept dell’album. Abbiamo tenuto uguali armonia e riff, cambiando la melodia e gli arrangiamenti, usando i brani per segnare il centro della nostra Clessidra. In questo modo vogliamo rappresentare l’umanità che, di base, non presenta differenze, se non quando le crea il mondo circostante. Lo stesso messaggio è presente nei videoclip.
Una volta capovolta la clessidra? Che cosa accade? Il tempo che scorre per voi cosa sta a significare? Che poi la clessidra e quel modo di guardare il tempo lentamente scorrere via è decisamente una sfida e una provocazione al mondo di oggi invaso di fretta e automatismi…
Da sempre i Nuju raccontano della difficoltà dell’uomo di stare al passo con un tempo artificioso e artefatto, sempre più alienante.
I primi tre album che abbiamo realizzato dal 2010 al 2012, raccontavano proprio di come una generazione di ragazzi cresciuti a cavallo di due secoli, stava entrando in una nuova epoca, quella della rivoluzione digitale. In un certo senso abbiamo ripreso quel filo del discorso, per capire come il tempo passa e tra le mani ci resta solo la sabbia della clessidra.
Quasi tutti i Nuju lavorano nel campo dell’educazione e stiamo tanto con i giovani, amiamo la capacità dei ragazzi di saper leggere il presente attraverso le nuove tecnologie, ma cerchiamo sempre di far capire quanto sia importante gestire da soli il proprio tempo, senza che sia un algoritmo a decidere cosa faremo oggi. È un discorso lungo e complesso, che spesso affrontiamo in furgone, ma la nostra speranza è quella di trasmettere il messaggio che possiamo afferrare il nostro tempo, come la mano che stringe la clessidra in copertina, e mettere in ordine tutto ciò che oggi scorre via, sfruttando quegli stessi strumenti e mezzi che ci fanno correre così veloce. Ripartire dalle radici, per arrivare sulla luna.
E i Nuju che velocità hanno? Voi che dal sud ormai siete passati al nord…
Quando è nato il progetto, tutti i musicisti erano calabresi. Oggi, di quel nucleo fondativo, rimangono solo il nostro cantante e il nostro chitarrista. Il resto della band è emiliana, a parte il nostro fonico che è marchigiano. I Nuju ormai sono una band calabro-emiliana che viaggia sulla via Emilia, da Bologna a Parma, senza usare l’autostrada, prendendosi il giusto tempo per guardare fuori dal finestrino. L’importante è arrivare in orario ai concerti, perché il live è la linfa vitale della band.
E la musica oggi: che velocità ha?
La musica oggi è al centro delle nostre giornate. Non c’è mai stato un periodo nella storia dell’umanità in cui la musica sia stata così presente nella vita delle persone. Ma l’ascoltiamo veramente? È troppo semplice oggi criticare il modo di fruire la musica o rendersi conto di come tutto sia cambiato, anche nel mondo alternativo.
Non è passato neanche un quarto di secolo da quando le demo si registravano con un quattro piste su musicassetta, poi è arrivato il cd e in brevissimo tempo si è passati a non avere più bisogno di un supporto fisico per ascoltare la musica. Sicuramente questa rivoluzione è stata molto veloce e non c’è stato il tempo di capire se i cambiamenti sono sempre stati migliorativi.
È un fatto assodato che la musica non si tocca più. Non perché sia sacra e inavvicinabile, ma solo perché non è tangibile, non esiste più l’oggetto che la riproduce. Di fisico è rimasto solo il musicista. Noi ci facciamo toccare volentieri, andiamo in giro a suonare il più possibile, sia in Italia che in Europa, per portare a più persone possibili le nostre note e le nostre parole.