Il suono sembra provenire da terre e da tempi lontani. Il suono è fonte di visioni distopiche, postrock e post-atomiche, il futuro già sembra fare il giro alla boa di ritorno. Siamo già fossili. Eccolo “Fossili del futuro” l’esordio dei No Dada uscito per la Soundinside Records dentro cui campeggia la firma in produzione di due nomi che ritroviamo con piacere: Michele De Finis e Caterina Bianco. Ricordiamo quei FANALI e quel progetto in bilico tra visioni ed elettronica. La storia cambia faccia ma neanche tanto. Il mondo è finito, catastrofe e macerie. Si rinasce: ognuno con il suo modo di starci dentro.
Il suono apocalittico… corona una scrittura sempre sul filo della bella melodia italiana. Ci sono canzoni come “Coccodrillo” che in altro arrangiamento potrebbe essere una hit anni ’60… cosa ne pensate?
In alcuni casi (“La città sostituita”, “Cronache del dopobomba”, la stessa “Coccodrillo”) abbiamo voluto conservare un certo lirismo anche melodico per seguire e accompagnare il carattere nostalgico ed emotivo del racconto, e abbiamo l’impressione di aver trovato una formula magari un po’ stramba e insolita ma molto chiara nella propria intenzione!
Perché il futuro è sempre apocalittico? Lo pensiamo e lo raccontiamo sempre denso di macerie… secondo voi perché?
È il fascino dell’ignoto, del mistero, dell’incerto, oltre a essere un modo per esorcizzare le paure personali e quelle collettive. Sul piano politico, inoltre, è da sempre per un artista la strada più ricca di spunti narrativi per dare randellate al sistema governativo senza fare necessariamente nomi o cognomi, o senza legarsi per forza ad un’epoca precisa: tanto è fantascienza, siete voi che state pensando male!
Siamo fossili del futuro… cioè? Cicli e ricicli storici? Domani come ieri?
No: nella canzone che dà il titolo all’album, il grido disperato di preghiera del protagonista è “vieni a cercarmi qui e dimmi che sei sola/ che non siamo solo terrore, o fossili del futuro”. Fossili del futuro è la paura di non essere ricordati, di “passare oltre”, di essere superati senza lasciare traccia. Ciascuno dei personaggi presenti nelle canzoni del disco racconta un aspetto di questo argomento.
E questo suono davvero fuori dal mondo, come l’avete ricercato e, soprattutto, nel risultato finale assomiglia un poco a quello che avevate in mente?
Totalmente: siamo felicissimi di questo, è venuto fuori esattamente come avremmo desiderato, anzi a essere sinceri ha superato le aspettative! Grandissimo merito va alla nostra produzione artistica, Michele De Finis e Caterina Bianco, e al tecnico Antonio Dafe, per aver reso possibile questa magia attraverso cura, gusto, attenzione, passione e dedizione veramente fuori dal comune. Diciamo che siamo stati bravi noi a raccontarci e bravissimi loro a capirci e a posizionarci nella dimensione sonora ideale per quello che avevamo in mente.
I No Dada si completano con la visual artist Federica De Simone. In che modo le due arti si concatenano?
In modo indissolubile: si completano a vicenda, anzi in alcuni lavori futuri la visual art sarà protagonista lasciando alla musica – e soprattutto ai testi – un ruolo più marginale. Dipenderà dal tipo di lavoro, di storia o di concept (un libro? un disco? un cortometraggio in animazione? un film in AI? un Dj set?) che di volta in volta andremo a produrre.