Chitarrista di lungo, anzi lunghissimo corso Nicola Denti. Le Custodie Cautelari vi dice niente? Beh forse il vero grande collettivo di pop rock italiano. Ma questa è tutta un’altra storia… Nicola Denti pubblica “Egosfera”, un lungo viaggio strumentale di chitarra elettrica, di grandi citazioni di stile, di epiche assonanze e di inevitabili rimandi d’amore ad un rock mondiale che ci ha sempre fatto sognare. Su tutti forse spiccano le volute tecniche e melodiche di Satriani o quel certo fare burbero di Steve Vai… ma certamente la lista è lunghissima e viene lasciata agli amanti del genere, che potranno dilettarsi con gusto a cercare i tanti punti di appiglio con i maestri eterni. “Egosfera” è un disco distopico, che cerca di accompagnarci in un viaggio surreale dentro l’ego. Fotografia di questa realtà distorta in cui l’egocentrismo è la vera centralità di ognuno di noi. Un lavoro di santo rock, dalle tinte metal, dalle libertà progressive e dal grande mestiere di un grande chitarrista italiano.
Un nuovo disco fuori dalle grandi Custodie Cautelari. Perché questa necessità di un lavoro personale?
È un progetto in realtà che ho in testa da una decina di anni, poi per vari motivi lavorativi ho accantonato. Tre anni fa ho ritirato fuori delle idee e ho pensato che fosse il momento giusto per ripartire. Avevo davvero bisogno di fare sentire la mia “voce”.
Ho scritto The Project, il terzo brano dell’album e da lì è partito tutto. Non mi sono più fermato, le idee arrivavano in ogni momento della giornata. Nei viaggi in macchina continuavo a registrare idee sul telefono e poi una volta a casa le risuonavo con la chitarra. Penso di avere accumulato materiale anche per un altro disco.
La mia compagna è stata fondamentale, mi ha incoraggiato, bocciava o promuoveva le mie idee… qua ci sono troppe note, qua dovresti cambiare, qua è bellissimo ecc ecc… è stata la mia “co-produttrice artistica”.
È stato davvero un periodo intensissimo, un bellissimo viaggio. E’ arrivato ancora più entusiasmo grazie alla campagna di crowdfunding che ho fatto con BeCrowdy, il sostegno delle persone è stato fantastico, in tanti hanno creduto in me e mi hanno dato la possibilità di realizzare questo mio sogno.
La distopia diventa sempre una cifra stilistica più diffusa. Quanto c’è di vero e quanto è frutto di fantasia dentro un racconto come quello di “Egosfera”?
Più di 10 anni fa ho vissuto una situazione personale molto negativa e per superarla ho sempre pensato che la cosa giusta sarebbe stato parlarne, anche semplicemente con la musica. Così ho lavorato al concept di “Egosfera”, mi sono immaginato Ekow, una persona sofferente che non riesce più a distinguere ciò che è realtà e ciò che non lo è. A un certo punto della sua vita vuole ritrovare la sua dimensione e il suo equilibrio mentale e parte per un lungo viaggio verso Egosfera.
Spero che chiunque ascolti il disco riesca a immedesimarsi in questo viaggio… un viaggio di speranza.
Ma soprattutto, curiosità semplice: come nasce un nome come Ekow?
È stato uno dei primi nomi che ho associato al protagonista, il nome mi ricordava la parola eco, come se rappresentasse l’eco dell’anima, qualcosa dentro di se che si sta facendo sentire e vuole uscire allo scoperto.
Anche la copertina è molto particolare…
Le copertine degli album mi hanno sempre affascinato, soprattutto quelle iconiche, ti potrei citare Discipline dei King Crimson oppure The Dark Side of The Moon, Tubular Bells e tante altre.
Volevo che la copertina fosse una sorta di logo di Egosfera, un luogo metaforico indefinito senza spazio nè tempo. Sono partito da una bozza poi ho avuto la fortuna di lavorare con i grafici di skarfo.com cha hanno trasformato la mia idea in quello che ora è la copertina dell’album che davvero penso sia fantastica e molto evocativa. Poi mio padre, che da anni lavora in campo pubblicitario e di stampa, ha avuto delle bellissime idee per realizzare un booklet particolare anche per il tipo stampa lucida e opaca, tutto è stato curato nei minimi dettagli.
È vero che ormai è più diffuso l’ascolto in digitale, ma sono ancora uno di quelli appassionati dell’oggetto fisico, penso che il CD o il vinile siano ancora la più bella presentazione che si possa dare alla musica.
Parliamo di suono. Che tipo di suono volevi cercare, quale hai trovato… e in quale scenario mondiale ti sei andato a piazzare?
Sono sempre stato appassionato di musica strumentale e musica dove la voce principale è la chitarra. Quindi in mente avevo le sonorità dei grandi chitarristi come Joe Stariani e Steve Vai, John Petrucci. Ho cercato però di delineare una mia personale identità, stavo ore ed ore a cercare la frase giusta o una melodia che potesse in qualche modo rappresentare la mia visione personale della musica. Non mi sono posto limiti per quel che riguarda i generi, ho cercato di rendere l’album il più vario possibile cercando di sottolineare tramite vari cambi di atmosfere le varie fasi del viaggio.
Dirti in che scenario mondiale voglio piazzarmi è una domanda difficile, comunque penso ci sia un ritorno degli amanti del genere strumentale “chitarristico”, ci sono gruppi come Polyphia, Plini, Animal as Leaders che hanno migliaia di followers.
Spero che il mio disco possa essere apprezzato dagli amanti del genere ma anche da qualunque appassionato di Musica che abbia voglia di immergersi in un viaggio musicale.