– di Claudia Palermo –
A dieci anni dalla pubblicazione di “Gli eroi non escono il sabato”, infatti, Carnesi ha deciso di omaggiare il suo primo lavoro facendo uscire nuovamente i brani dell’album, in duetto questo volta. Ancora non si possono svelare tutti i nomi dei duetti, ma la certezza è che ogni canzone avrà un ospite che ha gravitato intorno alla sua carriera artistica e personale.
Ad uscire per primi “Levati”, in compagnia di Dente, e “Kinder cereali all’amianto”, con i Fast animals e slow kids. Due rivisitazioni sorprendenti che confermano l’attualità e la bellezza di questo lavoro.
A distanza di dieci anni, ti ritrovi ancora in quell’album?
La cosa divertente è che ho risuonato l’intero album, questa volta con una nuova sensibilità, una nuova maturità musicale che lo hanno sicuramente rinnovato. Ho suonato molte cose in maniera diversa, con l’arricchimento dei virtuosismi musicali propri di ogni ospite.
È chiaro che non sono la stessa persona, mi ritrovo in quelle canzoni perché quello di cui parlano l’ho vissuto, ma molte cose sono inevitabilmente cambiate. È stata un’operazione un po’ nostalgica ricordare gli stati d’animo che mi hanno portato a scrivere determinate canzoni, determinate frasi, ma è stato anche terapeutico, perché sono arrivato a riflettere su quello che sono stato, su come ho espresso determinate cose e su come invece le esprimerei adesso.
A proposito di nostalgia, oggi cosa è rimasto del Nicolò di quel periodo?
È rimasta sicuramente la mia tendenza a vedere le cose da un punto di vista distaccato, quasi come fossi un osservatore esterno anche rispetto alle mie stesse esperienze personali nonostante queste mi appartengano. Inevitabilmente è cambiato il linguaggio, il modo di arrangiare le canzoni, ma distacco e ironia sono degli elementi che ritrovo anche nel mio punto di vista odierno.
Sicuramente in questi anni è cambiata anche la realtà musicale che ti circonda. Tu, in uno dei tuoi post, fai riferimento al fatto che, fino a qualche tempo fa, non esistevano le numerose piattaforme musicali odierne: «La musica era fatta soprattutto di strada, furgone, sudore e concerti». Si stava meglio prima?
Si stava molto meglio prima! La musica dovevi portarla in giro, la sentivi, la vedevi attraverso le facce delle persone ai concerti, sui lori corpi e su te stesso. Adesso, appena esce un disco, ho una strana percezione delle persone che mi taggano, dei numeri degli ascolti su Spotify, sono solo numeri virtuali. Non voglio fare un discorso da nostalgico, ci sta che le cose cambino, io stesso sono il primo ad utilizzare Spotify e ad esserne felice, ma prima quei numeri virtuali, anche se erano minori, erano persone reali, le vivevi ai concerti. Prima si facevano centinaia di concerti, costituivano proprio un modo per farsi conoscere: c’erano tanti spazi per esibirsi e tante persone erano curiose e andavano ai concerti di artisti sconosciuti per il puro piacere di scoprirli. Oggi questo un po’ si è perso, si compra il biglietto se si sa già cosa si va a sentire, di conseguenza le varie realtà musicali investono molto meno sulla novità, e questo, secondo me, a lungo andare farà scadere sempre più la qualità della musica che rischia di essere sempre più dettata dal mercato, e il mercato non può dettare l’arte. Spero che le cose cambino.
Nel 2012 non c’era ancora Spotify, esisteva soltanto YouTube, e mi ricordo che mi arrabbiai moltissimo perché un utente pubblicò illegalmente il disco “Gli eroi non escono il sabato” proprio su YouTube, che di per sé non è un problema dato che i brani comunque ci sarebbero finiti, ma li caricò nella qualità più bassa, e per me, dopo anni di lavoro, fu terribile! Gli scrissi di toglierlo e che glielo avrei mandato io stesso in alta qualità in modo che potesse ricaricarlo, ma non ricevetti mai risposta.
«Che brutta fine fa un sogno quando rimane solo», scrivevi così nel brano “Levati” che oggi possiamo ascoltare nella versione con Dente. Alla luce di una carriera ormai avviatissima, hai dei sogni che sono “rimasti soli”? E il sogno della musica si è realizzato?
Probabilmente sono meno sognatore, chissà quanti sogni sono rimasti soli e nemmeno me li ricordo. Per quanto riguarda la musica, per me è una ricerca continua. Di certo non mi sento arrivato a niente, ho raggiunto dei risultati di cui sono contento ma voglio fare tanto altro. Fortunatamente ho ancora lo slancio creativo, ho tante cose da dire, quindi continuerò a fare ricerca musicale. Mi piacerebbe scrivere colonne sonore, e anche produrre altri artisti.
E se non fossi riuscito a fare musica, ci sarebbe stato un piano B nella tua vita?
Mi sarebbe piaciuto fare l’illustratore, oppure fare cinema. I miei piani B erano sempre orientati verso l’espressione artistica, quindi verso un mondo difficile come quello della musica. No, non ho mai avuto un piano B tipo fare l’ingegnere, infatti c’ho scritto una canzone!
Stasera siamo all’appuntamento di Spaghetti Unplugged, una vetrina per la musica emergente. Che consiglio daresti agli aspiranti cantautori?
Che fanno bene a suonare, devono suonare. Devono pensare meno agli uffici stampa, a come funziona il mercato musicale, e dedicarsi a suonare e scrivere, mettersi sempre in gioco, capire se un loro brano può realmente funzionare e capirlo direttamente con un pubblico davanti. Soprattutto nei contesti come questi, si trovano degli addetti ai lavori che magari potrebbero interessarsi a qualche artista emergente. Stare nel mondo della musica significa suonare, andare agli eventi, conoscere colleghi, artisti con cui si può collaborare, deve essere una dinamica umana secondo me. Se si sta a casa a scrivere e mandare email, non credo si abbiano grosse possibilità.