– di Naomi Roccamo
foto di Giovanni Bonassi –
Da quello della folla a quello percepito, il calore è il filo rosso che si è snodato per tutto il live romano di Frah Quintale durante la data all’Atlantico di Roma.
Certo, che bello varcare la soglia dell’ingresso e ritrovarsi così tante persone davanti: in alto, sugli spalti laterali, intorno, davanti, era pieno di cappellini colorati e calzettoni fino alle ginocchia, barbe hipster, top anni 2000 e spensieratezza e quello che capitava era il sentirsi completamente immersi dentro. Tutti lì per conoscere dal vivo i due lati della stessa faccia di Francesco Servidei, il Lato Blu e Lato Arancio del suo Banzai, anche se ormai un tour non rappresenta più solo la parte fisica e viva di uno specifico album, ma è un appuntamento, un incontro di riepilogo che contiene quello che è successo fino a quel momento.
La maggior parte del pubblico è molto giovane, sarà per questo che si sente una carica senza precedenti, oltre alla già citata calorosità: si apprestano tutti a tirare fuori i cellulari quando le luci si abbassano, ma io ero stata avvertita, il palco sarebbe stato inaugurato dal talento emergente e romano firmato Undamento, SPZ, bravo nelle sue melodie anni ’70 ma senza l’attenzione che sicuramente meritava. Questo è un pensiero che partorisco più o meno davanti a ogni artista in apertura, siete coraggiosi, scusateci.
La musica di SPZ fitta in realtà benissimo col mood dell’ospite principale tanto atteso, anzi probabilmente è la “guest star” perfetta: Andrea Spaziani, questo il suo vero nome, presenta alcuni dei brani tratti dal suo album NOI/GLI ALTRI (il titolo vi ricorda Marracash, lo so, ma mi dispiace, è uscito prima questo) e poi ci fa ascoltare “Sottomarini”, il suo nuovo singolo pubblicato il 22 aprile. Alcuni miei amici presenti alla seconda data romana me ne parlano entusiasti dopo averlo ascoltato. Son contenta così.
Ma poi Frah Quintale arriva per davvero con la sua “Lambada” e con “Si può darsi”, prima ci fomenta, poi ci calma. Ovviamente nemmeno a lui sfuggono commenti sull’afa percepita (“Non ho mai sentito tanto…calore”), però si concentra subito sul fatto che siamo tanti e tutti, finalmente, di nuovo, in piedi.
Più va avanti, più mi rendo conto che negli anni ha accumulato un repertorio notevole; non potendo durare il live tre ore è quindi costretto a fare una selezione, a sacrificare i brani incastrandoli in mash up o rivisitazioni forse troppo sbrigative e mozzate sul più bello. Dove è finita “Branchie”?! Ma almeno così non si sa quale canzone aspettarsi subito dopo.
I due lati del Banzai invece alternano sfumature blu e arancioni senza perdersi nulla per strada, gioia e felicità. Forse qualcuno si aspettava un Franco126 sul palco trovandoci a Roma, ma così non è.
Questa reunion è senza tempo e senza cronologia, parte dalle cose più recenti e viaggia fino a quelle più care e lontane per poi mischiarsi con esse, ma come la sua produzione discografica insegna, rimane coerente nel mettere insieme vecchio e nuovo: nel Regardez moi diventato Lungolinea. dei ricordi si incontrano “Gli occhi”, “Cratere”, quegli “8 miliardi di persone”, “Nei treni la notte”, “Hai visto mai” e molte altre ed è qui che le voci del pubblico risuonano e si fanno più vicine. Inaspettatamente parte anche “Missili” (ci sfida a cantarla per verificare quanto la conosciamo, ignorando il fatto che si tratta di una hit) ma soprattutto il freestyle di “64 Bars” by Bassi Maestro che infiamma l’Atlantico. Alla fine i reggiseni sul palco arrivano per davvero.
Manca ancora “Sì,ah” quando tutto sembra volgere al termine e la folla, incredula ma forse preparata al peggio, le assicura un posticino intonandola a cappella. Tutto molto bello, ma poi la balliamo per davvero, dopo il siparietto che pretende il “Fuori, fuori!” con conseguente ritorno sul palco.
Passa da me che parliamo un po’
E beviamo un po’ e poi non lo so
(Sì, ah, sì, ah)
Puoi anche fermarti qui a cena se ti va
(Sì, ah, sì, ah, sì)
Ho casa libera
Stasera, ci mettiamo su un film
(Sì, ah, sì, ah)
E poi passiamo la serata così, ah
A fine concerto c’è abbastanza spazio e luce per fermarsi un attimo ad osservare l’ambiente circostante, con un pubblico intento a ballare sulle note di “Allucinazioni” con IRBIS 37. Tutti sembrano andare a rallentatore, si riprendono quello che gli è mancato per troppo tempo.