– di Martina Rossato –
È una verità universalmente riconosciuta che Spotify ormai ci sappia consigliare la musica meglio del nostro migliore amico. Mi duole ammetterlo, ma è proprio così che ho ascoltato per la prima volta La Rappresentante di Lista, trovata casualmente in qualche playlist indie. Da subito incuriosita dal nome politicamente impegnato, ho cominciato ad approfondire, cercando di capire chi fosse questa “Rappresentante di Lista”. Ho quindi scoperto che si tratta di un duo, composto da Veronica Lucchesi e Dario Mangiarancina. Il gruppo, cui piace definire il proprio genere come queer pop, ha partecipato al Festival di Sanremo 2021 con “Amare” e ha da poco lanciato il suo quarto album in studio, My Mamma (Woodworm Label/Numero Uno).
(Finalmente) protagonista di questo Sanremo è stato infatti l’indie (e d’altronde non sarebbe stato forse ipocrita e inutile lasciare ancora una volta uno spazio soltanto secondario a un “genere” diventato così preponderante nella scena musicale italiana?), ma questo non basta perché il Festival “vecchio stampo” sia lasciato definitivamente alle spalle. “Amare“, brano apprezzabilissimo e che non mi ha certamente delusa, ne è la riprova: il rapporto tra il Festival e l’indie è stato un grande, enorme compromesso; un patto non scritto tra gli artisti in gara e le vecchie abitudini.
Conoscendo i primi quattro album de LRDL tutto mi sarei aspettata da loro, tranne che una canzone sul modello di quella che hanno portato sul palco dell’Ariston, molto (forse troppo, per i miei gusti) in linea con i canoni sanremesi. La Rappresentante di Lista è, dalla nascita (e quindi dal 2011), un gruppo particolarmente originale, motivo per cui ringrazierò sempre Spotify per avermelo fatto scoprire e “Amare” è una canzone che trovo un po’ lontana dal loro modo di fare musica “pre-sanremese”.
Quanto a My Mamma, penso sia necessario operare una distinzione abbastanza netta tra “contenuto” e “contenitore”. Da un punto di vista delle tematiche affrontate è riconoscibilissima la mano de LRDL; impossibile non fare riferimento anche alla copertina dell’album, attraverso la quale Manuela Di Pisa riprende L’origine du monde di Gustave Courbet. Essa rappresenta “l’attitudine artistica e politica della band”, che dedica sempre un’attenzione particolare a femminilità e sessualità. Il tutto è posto però dentro un contenitore musicale che si colloca a metà tra la “vecchia” Rappresentante di Lista e la sua “nuova” versione sanremese. Insomma, è un album che trovo musicalmente meno sperimentale di quelli a cui Veronica e Dario ci hanno abituati, ma comunque molto interessante. Non a caso, il vinile è schizzato in cima alle classifiche, guadagnando la scorsa settimana il primo posto (fonte: FIMI).
Il titolo dell’album è un gioco di parole, una sorta di traslitterazione dell’ultima traccia del disco, “Mai Mamma”, che parla di desideri e di lotta per realizzarli. Credo che tra le tredici tracce sia una delle più rappresentative dell’essenza de LRDL. Al fianco di questa traccia citerei per argomento anche la seconda, “Oh Ma Oh Pa”, che lascia trasparire in modo molto dolce un rapporto forse non troppo facile con i genitori, ma con un senso quasi di riconciliazione. Si tratta di un album forte, capace di parlare di fragilità proprio in virtù della sua forza, che non ha paura di prendere posizione e che si mostra anche nei suoi aspetti più teatrali. Rispetto agli album precedenti e in particolare rispetto a Go Go Diva, in cui si fa molto riferimento al proprio corpo, My Mamma, parlando del sé, si apre poi a scoprire una dimensione di pluralità, come se la protagonista di Go Go Diva fosse diventata più matura e fosse ora pronta ad incontrare una collettività.
Si può dire che nonostante il compromesso-non-compromesso con Sanremo, La Rappresentante di Lista non abbia perso la sua energica innovatività.
In fin dei conti, che male c’è a stringere questo grande patto, che dà in cambio visibilità ad artisti altrimenti (ingiustamente) poco conosciuti dal tradizionale pubblico della televisione?