Nuova Musica Popolare Romana. Non c’è modo migliore di sintetizzare cosa Il Muro del Canto è, fa, dice, suona. La definizione se la sono dati un po’ da soli, credo, ma senza dubbio calza a pennello e i cinque “musici” capitolini lo sanno bene.
Nuova Musica Popolare Romana perché si saltano, di fatto, due se non tre generazioni; così, a piè pari, perché ne Il Muro del Canto non ci sono gli anni ‘90, né gli anni ‘80, tanto meno la decade dei ‘70 e anche i ‘60 sono mezzi fuori, mezzi dentro. Il Muro del Canto torna, per quanto si possa, alle radici della nostra musica popolare, quella ripescata dalla memoria dei genitori di Claudio Villa – acquaiolo, prima di fare il cantante – quella che o ti leggi Trilussa e il buon Belli, oppure “gnente”. Quella che si sta perdendo.
E quindi il nuovo disco de Il Muro del Canto, Ancora ridi (Goodfellas, 2013), oltre a essere un disco pregno di una critica sociale azzeccata, pungente, amara e vera, oltre a essere musicalmente il connubio perfetto tra tradizione e chitarre elettriche, è quasi un’opera filologica tesa al recupero di alcune tematiche e topos tipici della romanità.
Perché Roma, ieri come oggi, è sempre stata grande, la più grande; perché in fondo il mondo è sempre diviso tra cittadini di Roma e “forastieri”, perché “er Papa” c’è sempre stato, perché che siano re, imperatori, principi o ministri il popolo dice sempre di sì, ma «‘na mano c’ha davanti e n’artra dietro».
Il Muro non riporta indietro il tempo, rispolvera antiche strade per suonarci sopra nuove note, note che ci calzano a pennello.
Giulio Falla
(ALT! / CheapSound)
1 commento