Sono le 21,45 in punto quando 13.000 persone (stima del botteghino) si ritrovano spettatori di uno dei concerti che l’Arena del Forum di Assago ricorderà per molto tempo: i Mumford and Sons. Inglesi di nascita e ormai cosmopoliti nel successo, Marcus (voce) e compagni decidono di chiudere proprio nell’accaldata e calorosa Milano il tour europeo che l’8 luglio li vedrà concludere una stagione di date record all’Hyde Park della loro amata Londra.
“We’re having a party tonight”, sono le prime parole che suonano come una promessa, mantenuta fino alla fine. Si parte subito in modo energico e avvolgente con “Little Lion Man”, canzone che scatena il pubblico decisamente trasversale: da giovani alle famiglie, da coppie Erasmus a over 40 felici di assistere a un tale spettacolo di luci, suoni ed emozioni. Ad accompagnare il tutto afa e zanzare per una location che non regge il confronto con la tanto bistrattata romana Capannelle che, seppur coi suoi difetti, garantisce boccate di ossigeno e la possibilità di trovare un proprio spazio di ascolto. Ma le lamentele non hanno spazio: l’atmosfera vince.
Si prosegue, senza pause di rilievo e con ritmo sostenuto nonostante il caldo metta a dura prova l’outfit british della band: camicie e cravattini vengono presto abbinate a asciugamani e bottigliette d’acqua. Una “salita di stile” che li mette ancora più in empatia con il pubblico: mal comune mezzo gaudio.
Quasi due ore di live intenso in cui i tre album (Sigh No More, Babel, Wilder Mind) sono protagonisti con una scelta di pezzi abbastanza soft ma sempre calibrata da hit che il pubblico attende con ansia come Believe, The Cave o Ditmas.
Un concerto che diventa una dichiarazione d’amore per l’Italia con qualche siparietto improvvisato da Marcus in cerca di vena poetica “i tuoi occhi brillano come la Luna, ma le tue mani sono troppo pelose” e il tastierista Ben Lovett che annuncia la presenza di “un amico italiano”: poche note e viene svelato l’incantatore Ludovico Einaudi che duetta con il collega al piano per due minuti e mezzo di magia.
Una pausa occasionale che il cantante sfrutta per fare il giro dell’Arena creando il panico tra il pubblico che cerca di chiamarlo dalla sua creando non pochi problemi alla sicurezza. Una passerella che risulta tattica per l’ultima trance di concerto. Il pubblico è letteralmente nelle mani dei Mumford: “Babel”, “I Will Wait” e il piccolo Tsunami “The Wolf” soddisfano la sete di musica del pubblico che balla, canta e gioisce insieme alla band. La foto ricordo? Un bandiera dell’Italia che i musicisti ricevono dal pubblico e portano nel backstage come a dire: “Non dimenticatevi di noi, vi aspettiamo. Grazie di tutto”.
Francesca Ceccarelli