di Riccardo De Stefano
Quanto è difficile per un artista sapersi esporre: usare le proprie emozioni, la propria vita, la propria intimità come uno strumento per esplorare dinamiche non solo personali ma universali -se possibile. Francesco Motta con Vivere o morire ha davvero messo in gioco il proprio cuore. Il disco è un lungo e accorato viaggio dentro il passato prossimo e il presente: affrontare i propri fantasmi e metterli da parte, abbracciare con forza e coraggio le proprie scelte, per migliorare. Musicalmente parlando, parte del merito è di Taketo Gohara che ha saputo filtrare le visioni musicali di Francesco, avvicinandolo da un lato ancora di più a soluzioni elettroniche, dall’altro sfumando il sound in suggestioni esotiche. Se l’incipit spiazza con il suo lungo strumentale e con la sua musicalità obliqua, con Quello che siamo diventati Francesco realizza forse il suo capolavoro: la struggente ballata non indugia nel sentimentalismo, ma lo utilizza per descrivere una pulsione umana comune a tutti noi, trascinata da un chorus (vieni via con me) che arriva come un pugno allo stomaco. Se non vi colpisce, lasciatevi prendere per mano dalla titletrack Vivere o morire, una passeggiata sul lungomare di Livorno con Francesco che, sigaretta tra le dita, riflette sul tempo che passa, la felicità. Per chi vuole il pop, c’è quello personalissimo di La nostra ultima canzone, o se preferite esplorare il Mondo, c’è la Cuba di E poi ci pensi un po’ o il blues sporco e newyorkese di Per amore e basta. Lo struggente finale Mi parli di te, impreziosito da un lavoro d’archi insuperabile, è tra i massimi risultati della nuova canzone italiana, con un Motta finalmente capace di rivolgersi al padre, cuore in mano, tramite il sottile filtro dell’arte: in quel babbo c’è tutta la sfuggente speranza, delicata e malinconica, di un ragazzo che diventa uomo. In un album denso e complesso, il peso è spostato sulle parole. In questa geografia dei sentimenti, grande spazio è dato all’amore –perso, ritrovato– ai rapporti familiare e sentimentali, all’unicità della scelta: Vivere o morire infatti non conosce altre alternative se non esporsi verso il sentimento pieno e totalizzante della vita stessa.
Condividero il post con i miei followers di Instagram