La domanda più snervante nella quale una band può incappare è la seguente: “ma che genere fate?”. Nel caso dei Mosca Nella Palude il quesito risulterebbe ancora più insensato e privo di risposte, perché è evidente che il passatempo preferito di questi cinque toscanacci sia quello di divertirsi a violentare (in senso buono, sia chiaro) ogni singola traccia di Ultrafuck, rendendo quest’album di debutto un messaggio d’amore alla parte più sporca e “desert” degli anni novanta, abbracciando allo stesso tempo l’avanguardia elettronica.
Il disco suona davvero come una bomba, forse proprio una di quelle lanciate dall’aereo in copertina, e viene inevitabilmente da pensare ai Red Hot Chili Peppers di Blood Sugar Sex Magic, ai Queens of the Stone Age ed anche ai System Of A Down, con una buona dose di trip-hop a rendere il tutto decisamente attuale.
Scorrendo queste undici tracce sembra di trovarsi nel bel mezzo di un percorso in una giungla, riuscendo quasi a percepirne l’odore, la tensione e l’ancestralità, il fascino di una danza attorno ad un fuoco. Il cantato e la parte strumentale si rincorrono, lottano, e quando ormai sfiancati e sanguinanti si incontrano, il risultato è devastante, si prendono per mano ed iniziano a viaggiare travolgendo tutto ciò che trovano davanti a loro.
Le uniche due occasioni per prendere fiato sono Fac Alabama, vera e propria chicca, una sorta di blues malato come un pezzo di Robert Johnson e sensuale come “Personal Jesus”, e Marzo, una ballata acustica cupa e amara che ha forse come unico difetto quello di suonare come qualcosa di già sentito.
Ritmi serrati, basso distorto, voce graffiante, atmosfere tribali, ed una scelta, quella di cantare in inglese, resa assolutamente credibile dalla pronuncia perfetta di Giovanni Belcari, leader e fondatore del progetto che tra alti e bassi e cambi di formazione è attivo dal 2007.
Tirando le somme, questo debutto è assolutamente convincente, e la tendenza alla sperimentazione e al melting-pot non può che creare grandi aspettative per il futuro di questa band, che sembra aver disegnato nel suo nome il proprio destino: dopo vicissitudini varie la mosca sembra finalmente uscita dalla palude, il viaggio può iniziare. Il mercato musicale è una giungla, ma a quanto pare i ragazzi hanno le spalle larghe.
Umberto Andreacchio