– di Riccardo Magni –
Montegro è il nome scelto per il suo progetto solista da Daniele Paolucci, musicista classe ’96 che di recente ha scelto di trasferirsi a Roma, dal suo Abruzzo, per seguire con sempre maggiore convinzione la strada della musica. Una strada partita da molto lontano, dalla tenera età, che col tempo lo aveva già portato a calcare i palchi di tutta Italia con i Voina, band in cui ha militato a lungo.
“Amsterdam” è il titolo del suo primo singolo, uscito il 18 marzo in piena emergenza Coronavirus, in piena quarantena. Anche lui è uno dei tanti che si è trovato a pubblicare il frutto di un lavoro partito molto prima in circostanze che nessuno avrebbe potuto prevedere. Del resto, partendo per lanciare un progetto solista si calcolano tante variabili: la presa sul pubblico, la visibilità, le date live, i social, le interviste, le recensioni… Ma una pandemia, davvero no.
Eppure eccoci qua, Amsterdam è fuori, Montegro è uscito allo scoperto e per capirne di più, ne abbiamo parlato proprio con Daniele Paolucci.
Prima di tutto, le presentazioni. Ti abbiamo conosciuto come bassista dei Voina. Poi ti sei spostato a Roma. Che ambiente hai trovato in città in ambito artistico musicale?
Esatto, sono stato nei Voina per diversi anni ed è stata un’esperienza importantissima per me, successivamente ho deciso in modo pacifico abbandonare la band e di cominciare a percorrere la mia strada, perché l’esigenza di mettermi a nudo in un progetto tutto mio, la voglia di cambiare città, ambienti e cercare nuovi stimoli era diventata più forte di tutto, quindi ho fatto le valigie senza troppi programmi e mi sono trasferito a Roma per dedicarmi al mio progetto, ho scelto questa città perché la conoscevo bene in ambito musicale, molto attivo nei live sia grandi che piccoli, con la possibilità quindi di circondarsi di persone che vivono la tua stessa vita, infatti da subito sono riuscito a creare il mio piccolissimo ma fedele team con cui lavorare.
C’è stato un momento in particolare in cui hai sentito chiaramente la necessità di esprimerti in un progetto solista? E inoltre, quando e come nasce, non tanto il progetto Montegro, quanto proprio la tua identità musicale ed espressiva? E quanto quello che hai in programma di fare differisce da quello che facevi prima?
Non riesco a decifrarlo con una data o un periodo particolare, è nato tutto in modo graduale e naturale, non ho mai forzato nulla sotto questo punto di vista, quando ho cominciato a scrivere è perché sentivo l’esigenza di raccontarmi, man mano sono nate le prime canzoni e successivamente la voglia di dar vita a questo progetto.
Per quanto riguarda la musica, ho cominciato a suonare all’età di 6 anni, quindi è stata una componente fondamentale da sempre, in seguito ho studiato in diverse scuole e in un’accademia musicale moderna in particolare, che è stata il fulcro della mia formazione sia come chitarrista che come musicista.
Il mio programma rimane lo stesso, quello di continuare a lavorare, scrivere canzoni, ma per questo progetto, (cosa che faccio ormai da qualche anno a questa parte) dove ovviamente mi occupo di tutto, dai testi alla musica.
Il tuo singolo è uscito in un momento che possiamo definire particolare. Chiaramente l’uscita di un singolo d’esordio è qualcosa che prevede un lavoro partito molto prima, una macchina che quando si era messa in moto tutto poteva prevedere, tranne di trovarsi al momento clou in questa situazione. Come l’hai vissuta a livello emotivo? E dal punto di vista pratico? La promozione, i live, le ospitate… tutte cose a cui per il momento, come tutti, hai dovuto rinunciare. Ci si sente un po’ sfigati? Ti sei detto “cazzo proprio ora”?
Hai detto benissimo, l’uscita di un brano prevede un lavoro di mesi, specialmente per un progetto del tutto nuovo come il mio, è quasi un anno che siamo al lavoro per mettere in moto la macchina e quando abbiamo cominciato mi aspettavo di tutto ma non di pubblicare il primo singolo in un momento del genere, a livello emotivo inizialmente l’ho vissuta un po’ male, il pensiero era anche quello di posticipare, sono saltati live, presentazioni, interviste, ma proprio per tutto il lavoro e i sacrifici fatti abbiamo deciso di andare avanti con la tabella di marcia, in fondo sono qui per fare musica e aspettare mi avrebbe fatto ancora più male.
Nel presentarti parli di new-pop, che probabilmente è qualcosa che si discosta anche da quel certo “indie” italiano inquadrato poi come it-pop, visto che il tuo singolo anche stilisticamente non è su quelle cifre. Quali sono quindi i tuoi riferimenti culturali ed artistici, non solo a livello italiano magari?
Premetto che non amo etichettarmi in una categoria precisa, però volendo dare una definizione e parlo di new-pop perché stilisticamente, come hai detto, la mia musica non la sento molto vicina all’indie italiano, ha delle sfumature e sonorità diverse, forse proprio perché quello che mi ha più influenzato in questi anni non appartiene al mondo dell’it-pop.
Per quanto riguarda i riferimenti musicali, anche se è una frase che odio, però “ascolto di tutto”, nel senso che non sono ancorato a degli ascolti in particolare: sono cresciuto con il rock, quello che più sento vicino al mio mondo è la scuola romana (Fabi, Sinigallia, Silvestri ecc..).
A livello di sonorità quello che sto ascoltando maggiormente negli ultimi anni e che secondo me ha influenzato parte dei miei brani è il mondo dell’elettronica, sperimentale, non per forza spinta. Apparat, Christian Loffler a RY X, sono gli artisti che mi accompagnano quotidianamente.
La tua “Amsterdam” è in realtà una negazione di ciò che quella città rappresenta per molti, è un viaggio senza una meta precisa, ma sul punto di partire, già qualcosa di più che sognato. L’hai scelta come primo singolo e immagino voglia essere un po’ il tuo manifesto. Perché?
Ho scelto Amsterdam come primo singolo perché è una canzone a cui tengo molto, una delle prime che ho scritto a Roma e la prima con la quale ho cominciato a lavorare con Antonio Di Santo, produttore e amico di una vita. Ho scelto lei perché la reputo una canzone che mi descrive in modo estremamente sincero e trasparente, ci tengo molto a questi fattori perché a prescindere da tutto, generi, influenze, trascorsi; credo la sincerità nella musica sia fondamentale.
Come nasce questa canzone? A livello testuale ci si sente un Brunori (facile il gancio “te ne sei accorto… ecc…) ma anche una qualche reminiscenza di Voina, un rifiuto di una certa realtà posticcia un po’ alla “Ossa” per restare sul tema della coppia. Musicalmente è forse più europea che italiana, c’è un’elettronica molto poco invasiva a differenza di quella abusata dell’it-pop, e c’è la chitarra, che probabilmente è qualcosa di profondamente tuo. Appunto, più europea che italiana.
È nata in un periodo di grandi cambiamenti, infatti questa voglia di evasione, di fuga, di non farsi andare per forza tutto bene è un po’ la chiave del mio trascorso e quello che più mi rappresenta. È nata in uno dei mille pomeriggi passati a camminare sulla Tiburtina, inizialmente era un elenco di tutte le cose che ci circondano ma che “a forza di scappare” non ce ne rendiamo conto, poi è diventata Amsterdam.
Essendo un grande amante del cantautorato italiano sicuramente sono stato influenzato a livello testuale, è un piacere per me sentire che qualcuno possa ritrovarci dei collegamenti simili.
Musicalmente ci hai preso in pieno, come detto prima quello che ascolto maggiormente e che più mi ha influenzato negli ultimi anni è l’elettronica, di stampo europeo sicuramente, molto più raffinata e dosata rispetto a quella che troviamo nell’it-pop, la chitarra è il mio strumento, la mia comfort zone e inevitabilmente l’elemento fondamentale, sia per la scrittura che per l’arrangiamento di tutti i miei brani.
Per finire, questo momento (di merda) prima o poi finirà. Quale sarà la prima cosa che farà Daniele? Quale invece la prima che farà Montegro?
Daniele sicuramente tornerà alla sua amata routine, fatta di lunghe passeggiate senza meta, concerti, amici e qualche calcetto amatoriale. Montegro continuerà a scrivere canzoni e suonare live, speriamo molto presto.