– di Assunta Urbano –
Se svegliassimo i musicisti e i cantautori di prima mattina, non riceveremmo sicuramente complimenti. Per questo motivo, è stato insolito fissare l’intervista telefonica con Mobrici alle 10.30.
Sono passati ormai due anni dalla fine dei Canova, la band in cui abbiamo conosciuto Matteo Mobrici come leader. La penna e la voce, due fedeli compagne del milanese dall’adolescenza, hanno accompagnato il cantautore fino al primo disco da solista “Anche le scimmie cadono dagli alberi”, pubblicato lo scorso 19 novembre per Maciste Dischi. E siamo certi che entrambi i superpoteri, insieme a tanto talento, non abbandoneranno Mobrici.
Ci siamo intrufolati a distanza nelle prove del tour, che prenderà il via proprio oggi a Livorno e terminerà il 13 maggio a Brescia. Abbiamo approfittato dell’occasione per farci raccontare alcuni retroscena dall’artista in prima persona.
Parte oggi, 1 aprile, il primo tour di Mobrici da solista. Come saranno strutturate queste date?
Avrò quindici date. Dopo due anni, ho deciso di andare ovunque, toccherò quasi tutte le regioni d’Italia. Un tour vario anche a livello di location, in alcuni casi saranno club, in altri posti più grandi. Per me ogni esperienza live è una gioia diversa. Porterò le mie canzoni, sia quelle con i Canova che quelle da solista. Quando faccio la scaletta, metto dentro una parte della mia vita. È il mio repertorio, mi piace vedere tutte le canzoni insieme e rivedere la mia storia.
Ci saranno tre musicisti oltre me. I concerti avranno un’impronta molto rock ‘n’ roll, da club. Per assurdo, sento l’esigenza di una situazione da band. Volevo ripartire da qui. Sono molto affezionato a quel tipo di formazione, da sempre. Con un sound elettrico, il live è tutta un’altra cosa.
Con una band c’è anche un tipo di rapporto diverso con il pubblico.
Per adesso, non preferirei un concerto in teatro, perché è sicuramente un’esperienza più “fredda”. Mi manca proprio l’incontro, il contatto con le persone. Sono curioso.
Quali sono tre canzoni che non possono mancare in questo tour?
Assolutamente “Povero cuore” e “20 100”, che fanno parte di “Anche le scimmie cadono dagli alberi”. Non possono mancare poi i pezzi dei Canova, di cui ti cito “Santamaria”.
Parliamo dei brani di Mobrici protagonisti del tour, quelli di “Anche le scimmie cadono dagli alberi”. Mi piacerebbe mi raccontassi della tua idea di “Cantautore”, perché credi che sia «un bambino che sente e che vede più forte degli altri»?
Questo me lo chiedo anche io! Mi ritengo fortunato, perché quello che volevo fare da bambino sono riuscito a realizzarlo. Allo stesso tempo, è una vita che ogni giorno ti fa confrontare con te stesso, con il passato, con i sentimenti e le emozioni. Poi io vivo a Milano, una città frenetica in cui la gente va sempre di fretta, e magari mentre tutti corrono a lavoro, io sono a passeggiare nel parco. Mi sento molto romantico ed è questa immagine quello che intendevo comunicare.
Nel secondo pezzo, la solitudine della figura del cantautore viene paragonata a quella dei “Tassisti della notte”. Quali sono i punti in comune tra i due?
Il punto in comune è il ritorno a casa. Vivo da solo e molte volte i tassisti mi hanno riaccompagnato. Mi sono sentito vicino, in uno strano senso, a queste macchine bianche che girano per la città. Ti dico che non ho paura della solitudine, anzi. Per me è una conquista riuscire ad essere indipendenti e non dover dar conto a nessuno. Ovviamente ci sono momenti in cui diventa un tallone d’achille. La figura del tassista mi ha ricordato tutti i solitari. Il percorso per tornare a casa, con i loro racconti, diventa sempre una grande esperienza.
Nella canzone c’è questo desiderio di «mollare tutto e andare via», per quanto il disco sia pieno di atmosfere milanesi. Da cosa stavi scappando quando l’hai scritta?
Stavo scappando dalla mia vecchia vita. Ho realizzato subito, due anni fa, che la nostra realtà non sarebbe più stata la stessa. Secondo me, è stato importante capire che da lì non si poteva più tornare indietro. Per me ha coinciso anche con la fine di dieci anni di una band e la conclusione di una relazione sentimentale. Sono cambiato molto e avevo il desiderio di incontrare un nuovo me, che è quello che sono oggi.
In “Anche le scimmie cadono dagli alberi” ci sono due featuring di Mobrici: quello con Brunori Sas, in “Povero Cuore”, e quello con Gazzelle, in “Scende”. Per quale motivo hai lavorato proprio con loro?
Sono due casi molto diversi. Ti dico che non avevo mai fatto collaborazioni, perché in una band mettere un’altra persona sarebbe stato complesso. Adesso ho approfittato di questa libertà. Con Flavio, Gazzelle, ci siamo conosciuti quando sono usciti i nostri primi dischi. Ci siamo trovati su un divano, con due chitarre e ci siamo messi a strimpellare.
Nel caso di Brunori, l’ho conosciuto qualche anno fa, provando grande stima per lui e il suo percorso musicale. Avevo già scritto questo brano e avevo la sensazione che la canzone avesse bisogno proprio di lui come impronta, carattere e passione. Così, gli ho mandato la canzone con una strofa vuota e lui ha aggiunto la sua parte. Gli è piaciuta (spero!) e forse la mia sensazione era giusta. Il risultato è stato esattamente quello che stavo sognando.
Invece, se dovessi collaborare con un artista del tutto fuori dalle tue corde chi sceglieresti?
Ma vivo o morto? [ride, ndr]
Entrambi!
Devo dire che ho perso la vena da fan boy negli anni. Ti direi Fabri Fibra, perché anche se è fuori dalle mie corde, lo sento molto vicino.
Proprio riguardo Fabri Fibra, sempre oggi esce una nuova versione di “Stavo Pensando a Te”, la canzone del rapper che hai riarrangiato insieme a Fulminacci. In cosa sarà diversa la nuova che ascolteremo? E perché tre anni fa è stato questo pezzo a unirvi?
È successo per caso. Rockit stava facendo questo format, “Notturni”, in cui si univano più artisti che suonavano insieme live una canzone. Una sorta di “buona la prima”. Ho pensato a Fulminacci, dato che era appena uscito il suo primo disco, e a questo pezzo. Con il passare del tempo, questa versione è piaciuta tanto, è arrivata fino a una serie di Netflix, Fedeltà. Ci è stato chiesto spesso di far uscire questo brano ufficialmente, per poter apparire sulle piattaforme. Questo ci è sembrato il momento giusto, così ne abbiamo registrato una versione con una tromba, un violoncello. Ascoltandola, va lontana dalle logiche discografiche. Abbiamo avuto un po’ la possibilità di andare dove volevamo, badando solo al nostro stile e ai nostri gusti. È una cosa bellissima e molto naturale.
Avete mai avuto un feedback da Fabri Fibra?
Ecco, sì. Mi aveva scritto quando era uscita la versione su YouTube, facendoci i complimenti. Avrei dovuto cogliere la palla al balzo, ma spero di incontrarlo per collaborare insieme.
Tutto il 1 aprile, insomma.
Dal 1 aprile la mia vita prenderà un’altra piega!
Con queste undici canzoni credo sia maturata molto la tua scrittura testuale e musicale. E probabilmente questo porterà anche a un cambio di pubblico. Oggi, però, chi è Mobrici?
È lo stesso ragazzino che scriveva canzoni a sedici anni per raccontare le proprie emozioni. Sono molto fedele a quella linea. Lo dico sempre e lo continuerei a fare anche se non avessi un contratto discografico, un’intervista con te adesso o un pubblico. Non l’ho mai fatto per diventare famoso, che mi fa molta paura, ma perché la sento come una vocazione. Continuerò a scrivere canzoni e probabilmente sarà la mia croce per tutta la vita. Non so quando riuscirò a liberarmi da questa cosa. Forse il giorno in cui sarò veramente felice.