– di Giacomo Daneluzzo –
Quest’articolo è stato scritto sabato 5 ottobre. Visto che mi trovavo a Faenza per il M.E.I. (Meeting delle Etichette Indipendenti) non avevo modo di ricontrollarlo e pubblicarlo. Oggi sono tornato a Milano e, una volta a casa, l’ho rivisto e pubblicato: questo è il risultato. Buona lettura!
Esattamente una settimana fa, sabato 27 settembre, sono stato da spettatore alla serata organizzata dall’Arci Bellezza di Milano per raccogliere fondi in sostegno di Medical Aid for Palestinians, Medici Senza Frontiere e Palestine Red Crescent Society. In quest’occasione si esibivano (gratis) undici gruppi/artisti, tra cui alcuni amici, e tutto il ricavato è andato in beneficienza alle tre associazioni. È in questa circostanza che ho avuto il piacere di conoscere Möly (nome d’arte di Carlotta Camilla Maria Mascheroni), giovane artista che ha suonato e cantato qualche canzone nella prima parte della serata.
Tornato a casa molto tardi, ho iniziato ad ascoltarla su Spotify: sono partito da TTBN? (sta per Tutto bene?), il suo singolo d’esordio, che risale al 2021 ed è un brano particolare, di un dream pop elegante, misurato e consapevole, su cui prende vita un testo malinconico e schietto, ricco di immagini simboliche. Ho quindi deciso di ascoltare tutto Requiem, il suo d’esordio uscito per Petricore nel 2022, che inizia proprio con TTBN?, ed è stata un’esperienza interessante e a tratti molto intensa: le nove tracce hanno delle produzioni ben fatte e dei bei testi, che attraversano diversi mood – alle volte con una vena decisamente sperimentale – ma restando sempre coerenti all’immaginario di Möly, elegiaco e vintage. Ho sentito la vibe di vari pezzi, mi sono rivisto molto in Autopreservazione e mi sono quasi sentito male arrivato alla traccia finale, l’omonima Requiem, un bellissimo canto di morte che descrive i sentimenti complessi provati tornando con la mente a certi momenti del passato.
Il giorno dopo ho proseguito l’ascolto in ordine cronologico: prima il singolo Veleno con Nicole Bullet, che è forse il vero banger “radiofonico” della discografia di Möly, poi Vivere a digiuno, il secondo album dell’artista, uscito dopo un anno e poco da Requiem, sempre per Petricore. Vivere a digiuno è un disco sicuramente più difficile del precedente, più ambizioso: i toni diventano più cupi e per certi versi ruvidi; s’intuisce una fortissima urgenza espressiva, già fin dal singolo di lancio Eccomi, un’affermazione d’identità – che è uno dei fili conduttori del disco – di grande efficacia. Ti odio è un brano a mio avviso molto bello, in gara a Musicultura 2023, musicalmente elaborato e con un testo che si può a buon diritto definire sperimentale, visto che trova il modo di parlare di qualcosa a cui solitamente non è lasciato spazio nelle canzoni (non in questo modo, almeno, cioè ribaltando la forma della canzone d’amore), un po’ per motivi culturali, un po’ perché l’odio profondo e viscerale, frutto di ferite impossibili da ricucire, è un tema “scomodo”, che sfugge ai paradigmi morali a cui siamo solitamente abituati. Ma tutto il disco è un piccolo capolavoro: la title track è forse la mia preferita, ma ogni canzone ha elementi estremamente interessanti, tra sperimentazioni elettroniche – come in La cosa giusta – e momenti più cantautorali, come la chiusura, Miracolo. Nel suo insieme, un disco sicuramente in grado di descrivere ed evocare molte cose in modo estremamente efficace, oltre che un’ottima sintesi di Möly e del suo mondo.
Sono andato avanti con i singoli successivi, cioè Quello che resta, Shhh! ancora con Nicole Bullet, Chitarra con Spaziocalmo e Come un cane, tutti di quest’anno, recuperando anche una cover – realizzata invece nel 2022 – dell’iconica Figli delle stelle di Alan Sorrenti, effettivamente in linea con l’immaginario cosmico di Möly, che ne dà un’interpretazione molto originale. Gli ultimi singoli viaggiano in direzioni musicali molteplici: la già menzionata sperimentazione elettronica (Quello che resta), un recupero di sonorità smaccatamente vintage (Shhh!), accenni di bedroom pop/rock, con uno spirito punk molto pronunciato (Chitarra), e un raffinato dream pop contemporaneo ma anche dal gusto vagamente rétro (Come un cane). Il tutto impreziosito da testi capaci di arricchire e approfondire l’immaginario lunare, sfaccettato e malinconico di Möly.
Ho ascoltato e riascoltato queste canzoni per una settimana, ipnotizzato. Non saprei dire esattamente perché, ma forse è perché ho trovato in Möly un’artista di enorme talento, con una proposta musicale molto originale e molto curata in ogni dettaglio estetico, lirico e musicale (persino nei videoclip si può notare la stessa cura nel tentativo di evocare un’estetica e un immaginario precisi), capace di cambiare e sperimentare in varie direzioni restando in ogni caso coerente a se stessa. Soprattutto, penso che l’elemento davvero vincente di Möly sia la sua capacità di descrivere emozioni complesse in modo poetico, in netta controtendenza rispetto a un periodo in cui spesso si tende, dal punto di vista espressivo, alla semplificazione, con sempre meno spazio per le sfumature e per i grigi. Il tutto con una forza comunicativa dirompente e fuori dal comune. L’eccezionalità della sua scrittura sta probabilmente nel fatto che all’interno delle storie raccontate da questi brani viene data voce alle contraddizioni che fanno parte di ogni essere umano, l’accento è posto sui chiaroscuri, usati sapientemente, e persino in un testo lapidario come Ti odio, in cui non viene lasciato nessuno spazio a un’eventuale rivalutazione del tu lirico, è presente e puntuale il tema della sofferenza, espressa dalla voce narrante, intesa come motore dell’odio, oppure quello del dolore autoinflitto tramite l’altro, aggiungendo sfumature, sfaccettature e, più in generale, complessità.
E, proprio mentre mi trovavo in questo psichedelico tunnel di ascolto in loop di questi album e singoli, a cui si aggiunge la fantastica live session di Montevecchia che si trova sopra, ieri [venerdì 4 ottobre, nda] è uscita Tancagioia, nuovo singolo di Möly, da ascoltare più e più volte. Tancagioia è una ballata dream lenta, notturna, ipnagogica. Suona come se provenisse dallo spazio o dalla parte più astratta della mente umana. Parla del futuro, dell’inquietudine rispetto a quello che si può diventare col passare del tempo, ma anche – a specchio – dei ricordi, della necessità di evadere dalla realtà, lasciando un senso di onirica sospensione rispetto all’esistenza. Stando alla sua autrice, nel post di lancio su Instagram, parla di «uno dei miei posti preferiti al mondo e vi farà piangere lacrime amare rimpiangendo giornate lunghissime caldissime bellissime lontani dal circo in cui viviamo». Tancagioia, con i suoi colori sognanti e i suoi toni rarefatti, è un vero e proprio gioiello dream pop, a un tempo nostalgico e cullante, che suona magico ed etereo e che riesce davvero nel suo intento di trasportarci da un’altra parte.
Möly è senza dubbio un nome da segnarsi e con quest’ultima parte della sua produzione ha mostrato una volontà di essere in continua esplorazione e una progressiva crescita di consapevolezza artistica. Insomma, teniamo d’occhio il suo percorso, in continua evoluzione, perché sono certo che in futuro riserverà – altre – grandi sorprese.