– di Martina Antinoro –
“Mi piove nella birra” è il nuovo singolo di Andrea StЯange. Il cantautore ci ha raccontato come, da una battuta, è nato un brano sulla società odierna, che ha ottenuto il secondo posto al Premio Fabrizio De André. La pandemia è sicuramente stato un brutto colpo per la sua musica, ma con “Mi piove nella birra” è riuscito a trovare una nuova spinta per andare avanti, raccontando come tra paura e incertezza, tutti possono trovare una soluzione, semplicemente spostandosi e iniziando a cercare la propria dimensione. Fare qualcosa per sé stessi e per gli altri, capire che uniti siamo più forti, sono gli elementi chiave da tenere a mente nell’ascoltare questo brano.
“Mi piove nella birra” è il tuo nuovo singolo, da dove è nata l’idea di questo brano?
In realtà nasce in maniera curiosa di una battuta di un mio amico, il titolo soprattutto. Ero ad un concerto con un po’ di amici, stavamo bevendo della birra all’aperto, ad un certo punto inizia a piovere ed è lì che il mio amico ci dice di andare via perché gli piove nella birra. Questa frase ci ha fatto ridere e gli ho detto, scherzando, che ci avrei scritto sopra una canzone, però poi l’ho fatto per davvero: mi ha dato, partendo dalla goliardia, delle immagini un po’ più tristi, tragiche. Partendo dall’idea della pioggia nel bicchiere, metaforicamente mi ha fatto pensare a queste immagini di rassegnazione: perché uno dovrebbe star fermo sotto la pioggia a farsi riempire il bicchiere? Da lì, ho immaginato questo personaggio che osserva il mondo, non gli piace ciò che vede, ci beve su per dimenticare, ma è talmente attonito, rassegnato davanti a questo brutto spettacolo a cui assiste che non si accorge che inizia a piovere e gli si riempie il bicchiere di pioggia, fin quando praticamente beve solo quella. Quindi forse la cosa gli fa capire che deve darsi da fare, deve smettere di osservare e giudicare, ma deve cercare di trovare la propria dimensione nel mondo e fare qualcosa per sé stesso.
Cosa pensi che possa raccontare questo singolo di questo periodo storico?
Sicuramente il brano si adatta ancora di più a questo momento storico: quello che vuole raccontare è la sorpresa di una persona sensibile, con uno sguardo critico, che magari dà per scontati dei valori di unità, di volersi bene, ma non li trova nel mondo, soprattutto in questo periodo in cui è successa l’assurdità di una guerra insensata, ingiustificata. Diciamo che il messaggio che vorrebbe mandare è che sarebbe così semplice rendersi conto di essere individui facenti parte di una specie: dovremmo essere più uniti, dare valore ad un abbraccio come dico nella canzone. Io mi sorprendo quando, ingenuamente, mi rendo conto del fatto che le cose non stiano così: il brano vuole sempre con umiltà, senza aspettarsi di cambiare il mondo, mandare il messaggio di mettere da parte arrivismo e individualità, per capire che se stiamo più uniti, banalmente, le cose funzionano meglio.
Ho notato che nel brano canti: “Piove sulle nostre mani stanche” e “è già un po’ di tempo ormai che bevo solo pioggia”. C’è questo elemento della stanchezza, un po’ come se fossimo stanchi di tutto ciò che continua ad andare male.
Sì, esatto. Sento come se spesso la “cattiveria” che vediamo nel mondo è data dal nostro sentirci feriti, dall’essere stanchi di tutto questo male insensato. Diventa poi un circolo vizioso: si ha meno empatia perché si è feriti e per questo si ferisce. Siamo provati, secondo me, nella nostra individualità e nella nostra intersoggettività da tutto questo male che può solo portare altro male.
Negli ultimi anni, il mondo e le nostre vite ci hanno cambiato molto. Quanto pensi che questo abbia influito la pandemia sul tuo mondo musicale?
Molto. È stato molto soggettivo: c’è stato chi ha prodotto moltissimo, chi ha scritto moltissimo, e chi invece è stato un po’ preso dall’apatia non avendo gli stimoli soliti che si hanno normalmente. Purtroppo questo è stato il mio caso: ho avuto un po’ un blocco, non ho scritto quasi nulla, mentre invece ho ascoltato e studiato moltissimo, però tutto questo mi ha un po’ distratto, un po’ scioccato. Quindi è stata sicuramente un’occasione di grande introspezione, però non sono riuscito a tirare fuori nulla. Artisticamente è stato un po’ un dramma.
“Mi piove nella birra” ha ottenuto anche diversi riconoscimenti, come il secondo posto del Premio Fabrizio De André.
È stato fantastico, incredibile. È arrivato in un periodo in cui ci eravamo un po’ disabituati a suonare dal vivo e quindi aver avuto questo onore, questa meravigliosa occasione di partecipare ad un evento così importante ed addirittura arrivare in finale, è stato bellissimo. Quasi inaspettato. Pensa che quando mi hanno chiamato per dirmi che avevo passato le semifinali, io non mi ricordavo neanche che quello sarebbe stato il giorno in cui sarebbero usciti i risultati, e non sapevo neanche come reagire. Poi andare lì, confrontarmi con artisti bravissimi e di alto livello, come Daniele Silvestri, è stata un’esperienza altamente formativa e che mi ha riempito di emozioni fortissime. Mi ha dato la spinta, la carica, per crederci ancora di più.
Come è nata l’idea del videoclip?
Il videoclip è stato un po’ un dare un calcio al secchio e uno alla botte. Volevo che fosse una cosa semplice e low budget, per necessità, volevo poi che fosse una cosa d’impatto, ma che non sfociasse nel banale e non distraesse dalla canzone. Abbiamo avuto questa idea di uno sfondo dello skyline di Roma, a simboleggiare questo uomo che osserva dall’alto il mondo e gli piove addosso, poi tutto si risolve nel finale perché lui capisce che questa pioggia è finta e in realtà gli basta alzarsi e andarsene per smettere di bagnarsi. La scena finale poi vuole lasciare un po’ di leggerezza, un po’ di ironia.