– di Riccardo Mazza –
UN PASSO INDIETRO
MezzoSangue è sempre stata una figura anomala nella scena rap italiana. Emerso dall’underground romano tramite il contest Capitan Futuro del 2012, avrà un percorso perennemente in bilico tra nicchia e grande pubblico. È un mistero capire quanto la sua traiettoria sia voluta o semplicemente accaduta.
Si fa conoscere con “Musica cicatrene mixtape”, passamontagna addosso in ogni suo video. Nello stesso anno partecipa al secondo tape di una delle crew più innovative dell’hip hop italiano dell’epoca: la Machete. “Diventa Quello Che Sei” da quel momento sarà un fan favourite e verrà inserito, tre anni dopo, nel suo primo album, “Soul of a Supertramp”.
Prodotto quasi interamente dal leggendario Squarta, è un disco con i suoi difetti, ma sembra (perlomeno al me dell’epoca) un compromesso decisivo tra l’animosità dei suoi testi e il fascino del suo personaggio. MezzoSangue si presenta con una voce roca e graffiata, ben riconoscibile, ed è estremamente bravo nel veicolare concetti tutt’altro che semplici in poche parole e con molta chiarezza.
Poi primo hiatus. Ritorna tre anni dopo con un cospicuo doppio disco di diciotto tracce: “Tree, Roots and Crown”. Segue un’altra pausa che si conclude, come per magia, solo qualche settimana fa.
IL DISCO DEL CAMBIAMENTO
È evidente che MezzoSangue voglia presentarci “SETE” come il secondo capitolo della sua musica: è finita l’epoca del ragazzo incazzato con il mondo, si entra in una fase artisticamente più matura, quasi edificativa. A riprova di questo, il passamontagna diventa bianco sgargiante.
Il video di presentazione ci mostra un MezzoSangue in vesti profetiche, quasi cristiche. Insomma… è uno strano character development. Ma non solo: anche la musica è cambiata. Un po’ in meglio, un po’ in peggio. Innanzitutto, i flow sono più diversificati, veloci e melodici. Una scelta interessante: Mezzo è sempre stato noto come rapper monoflow, ed è sicuramente refreshing vederlo così creativo con ritmo e metriche.
Ma ci sono alcune cose che che non giocano a suo favore. Il problema principale è il cantato: l’alchimia col suo timbro non sempre c’è e, a volte, l’effetto è un po’ buffo (vedi il ritornello di “Amore e paura”, in cui sembra improvvisare una sorta di falsetto). Mi limiterò a dire che il buon Mezzo ha molti talenti, ma non credo che il canto sia uno di questi.
“SETE” E “FEDE”: LA SOCIETÀ LIQUIDA SECONDO MEZZOSANGUE
Un disco dal ritmo veloce è un disco in cui vengono dette molte cose. Un disco in cui vengono dette molte cose è un disco denso ma non per forza bello. A volte, può essere un disco strabordante.
E strabordante credo sia il giusto aggettivo per descrivere questo lavoro, che spesso esce dal suo stesso seminato. “Visioni”, uno dei suoi pezzi migliori, è sufficiente a mettere fuoco il tema del disco: lo smarrimento dell’individuo post moderno in una società liquida, senza valore, dove tutto scivola e l’apparenza è più importante della sostanza. Nel brano questo sentimento è descritto ad un livello di complessità ammirevole:
«E io sarei quello che non sa amare
Che riesco ad amarmi solo quando guardo negli occhi tuoi che riflettono me»
Anche la doppietta “SETE” e “FEDE”, rispettivamente intro ed outro del disco, esprimono con chiarezza (e con un tocco di pigra genialità nel riutilizzare la medesima strumentale) il messaggio del disco:
«La sete è un fatto di spostare luce, di dove è che metti la luce
La fede è la dove versi attenzione, sii il sole, illumina quello che vuoi che abbia vita e calore»
Un invito a prendere una posizione ed amarla, a non essere il gas volatile che la società contemporanea ci vuole far essere. E trovo che sia un invito estremamente potente per i tempi che corrono, veicolato su una delle strumentali più esplosive del disco. Ma se questo è il concept del disco, non posso fare a meno di azzardare qualche domanda.
Perché “Sono Un Disastro”? Perché un pezzo così orribile su così tanti punti di vista? Forse per dipingere il caos identitario del giovane moderno?
E sia. Questo pezzo è brutto. Rime spesso banali e un’inspiegabile voglia di inseguire wordplays estremamente evitabili, extrabeat esageratissimo e sbiascicato e un beat che unisce 808, un basso boostato all’ennesima potenza, uno strano piano randomico e il peggior synth g-funk che abbia mai sentito. Un’accozzaglia cacofonica sotto ogni punto di vista.
Perché mollare Squarta?
La parte strumentale di questo disco è indubbiamente il suo tallone d’Achille. La base di “Diamanti” sembra uscita da un disco dei Gemelli Diversi, la base di “Corri” porta un livello di allegria così facilona e banale rispetto ai temi trattati. In generale il disco oscilla tra questo pop sentimentale, una sorta di dubstep/drum and base (che suona tanto debitore del Salmo dei primi anni ’10 quanto fuori tempo) e una piccola parte più canonica, che ricorda il sound di “Soul Of a Supertramp” e risulta essere la parte migliore. In ogni caso, concorderete che facendo il quadro complessivo non si può che ottenere un Picasso.
Perché così tanti giochi di parole? MezzoSangue non è un rapper tecnico, non lo è mai stato. Perché all’improvviso ha deciso di sentirsi il peggior Mistaman, o il miglior Fedez? Allego di seguito una personale lista dei peggiori giochi di parole del disco:
- Sai che da un po’ ho l’abitudine di rompere le abitudini?
- Fra è una messa quando vado in scena/tu non canti, messere, fai una messa in scena/ fuori campo e sai non fa una piega/ tu prima del palco fai la messa in piega (mh, carino)
- Dice ci tengo evidentemente ma è evidente… mente
- Non avrò un disco di diamante ma ho fatto dischi di diamanti!
“SETE” è un disco molto complesso, soprattutto a livello lirico. I temi, quando non vengono annacquati in inutili tecnicismi, sono trattati con serietà e offrono molti spunti di riflessione. Dall’altra parte, credo che Mezzo in questo momento soffra la pressione di fare il grande salto. Non si spiega altrimenti la miriade di scelte infelici prese in “SETE”.
Mai mi sarei aspettato un ritornello pop in un disco di Mezzo: qui ce ne sono quattro o cinque. Non che sia sbagliato fare pop, ma c’è una differenza tra un artista che sperimenta per libera creatività e un artista che si costringe a fare l’opposto di ciò che ha sempre fatto. Se il processo creativo è forzato, la musica ne risente. E direi che questo, nel disco, è sotto gli occhi di tutti.
MezzoSangue resta un artista di talento e credo che “SETE” sia stato un terreno di prova da cui trarre le giuste lezioni per potersi correggere in futuro. Sono fiducioso che sarà così.