Fuori da venerdì 26 novembre un nuovo e meraviglioso capitolo firmato Mesoglea che anticipa l’uscita di un album. “Vivisection of a heart” è un pezzo che vede la produzione di Claudio Cupelli in arte Kupo e si caratterizza per il suo sapore intenso, viscerale, arricchito di distorsioni e suggestioni elettroniche. Lasciatevi trasportare in un mondo musicale ove si viene cullati fra l’irreale e una tenera disperazione, un mondo di mezzo che il nome Mesoglea annuncia a chi si avvicina a questo piccolo gioiellino artistico fatto di equilibri preziosi e atmosfere impalpabili avvolte da una nebbia silenziosa che trasporta sensazioni e profumi dall’Oriente e dalle profondità di un tono dalla memoria blues.
Prima domanda per rompere il ghiaccio: chi è Mesoglea?
Mesoglea è una medusa dalle mille sfaccettature. Ho scelto nome in un periodo in cui ero interessata a queste creature marine – le meduse -, ma Medusa mi sembrava avesse troppo a che fare con la storia e la mitologia e poco con me. Quindi studiandone l’anatomia, ho trovato il termine mesoglea, dicendomi che potesse funzionare e rispecchiarmi.
Che scelta particolare! Come mai proprio le meduse?
Per la trasparenza e la fluidità, per il rapporto che hanno con l’acqua e perché quando ne guardi una ti attrae. Sono creature un po’ magiche secondo me. Mettono non poco in soggezione, intimoriscono, questo sì, ma in qualche modo ti tengono lì, attaccato ai loro movimenti. E tutto questo penso rispecchi molto la mia musica e la mia personalità: criptica, che ti vien voglia di addentrarti e capirne di più. Poi, una volta capito, scegli se ti piace oppure no. Spesso mi son sentita dire “non è un ascolto semplice, devo risentire nuovamente il pezzo, però si sente che c’è qualcosa dietro di interessante”.
Di cosa ti occupi quando non fai musica?
Quando non faccio musica, sono comunque immersa nell’arte: sono laureata in scenografia e a breve mi trasferirò a Verona per intraprendere un percorso biennale come costumista teatrale all’Accademia di Verona per l’Opera. Come altre passioni c’è la danza (contemporanea, per lo più).
Mi piace pensare di essere tutto questo, ora e in futuro, di avere molteplici linguaggi che si influenzano l’un altro e confluiscono nella mia arte e nel mio modo di vivere ed esprimermi.
Parlaci un po’ del tuo background musicale: qual è stata la tua formazione e quali sono gli artisti che ti hanno ispirato?
Sono cresciuta per lo più con il rock e il cantautorato italiano degli anni Settanta e Ottanta, due generi che nel mio non si percepiscono minimamente ma che penso mi abbiamo trasmesso un’influenza più nell’approccio e nel modo di fare musica anziché nelle sonorità. Ascolto veramente di tutto, sono passata dal rock al metal, dal jazz all’elettronica (e qui si parla solo di macro categorie). Insomma, non mi pongo limiti e soprattutto cerco di non focalizzarmi solo sui generi a me affini come possono essere il trip hop o appunto l’elettronica, anche perché spesso quando mi ritrovo a scrivere qualcosa o a lavorarci in studio non ho reference da seguire, faccio quello che ho nella mente.
Con tutte queste influenze, dove collochi la tua musica? Come definiresti il tuo genere?
Va da sé ovviamente che ci sono preferenze di alcuni suoni rispetto ad altri, gusti musicali, affinità a determinati artisti piuttosto che ad altri, ma son sempre partita da quello che ho nella testa piuttosto che da un brano che ho ascoltato e che mi ha colpito. Motivo per il quale, nessuno (nemmeno io) riesce a catalogarmi sotto un genere musicale preciso. Ma di questo sono molto felice.
Qual è il messaggio che vuoi trasmettere con “Vivisection of a Heart”?
Tutte le canzoni che scrivo partono dal mio vissuto. Mesoglea è nata dalla necessità di mettere in musica il mio quotidiano. Anche con “Vivisection Of A Heart” ho voluto raccontare di me, delle volte in cui mi sono ritrovata nell’impossibilità di esprimere determinate emozioni e sentimenti, di mettere a nudo una parte profonda di me, nonostante io sia molto trasparente e fatico a nascondere ciò che provo o penso. È un brano a cui tengo molto, per me è un piccolo gioiello, sia nei suoni che nelle intenzioni.
Cosa puoi raccontarci sulla scena musicale della tua città e come ti inserisci all’interno di essa?
Sarò schietta: io sono di Monza e in tutta sincerità non c’è molto che mi si addica, dunque mi viene davvero difficile rapportarmi ad un’ipotetica scena musicale qui. Di certo c’è più a Milano, però comunque mi ritengo un po’ a sé, per quello che faccio e per le proposte che vengono fatte sicuramente appartengo ad un panorama estero. Detto ciò, non mi abbatto e continuo a fare ciò in cui credo e nella maniera che più mi rispecchia: senza finzioni, mettere nero su bianco chi sono, senza troppe costruzioni attorno.
Qual è l’elemento che non dovrebbe mai mancare in un pezzo firmato Mesoglea?
Sicuramente la sperimentazione, l’intenzione di ricercare nuovi suoni ed ogni volta dire (e far dire a chi mi ascolta): “Wow, anche questa volta c’è qualcosa in più”. Ho sempre voglia che la mia musica sia originale e non una copia. Ci sono io in quello che faccio e questo deve essere un po’ come un biglietto da visita: mi presento tramite la mia musica. E, come ho detto all’inizio, sono piena di sfaccettature che però fanno tutte parte di me quindi, anche se una canzone è totalmente diversa da un’altra, sono sempre io, la sostanza non cambia. Potrei quindi rispondere alla domanda con “la sperimentazione sincera” come elemento immancabile. Questo avviene soprattutto attraverso la mia voce, le strade che può prendere, la modulazione che posso darle e la diversità che può avere da un pezzo all’altro ma essere sempre autentica.
Quali saranno i prossimi step del tuo progetto?
Ho in scrittura un album che vedrà luce tra un anno all’incirca. Il mio primo album. Fa un certo effetto pensarci, è un grande step. Un primo album che darà voce alla parte più acustica del mio progetto, ché lascia spazio agli strumenti e ai musicisti. Il tutto sarà sempre condito dalla parte elettronica, questo sì, ma lo sto proiettando già in live e questo mi spinge a volere musicisti accanto a me che abbiano la possibilità di essere ancora più dentro alla musica e al suono: quale scelta migliore se non farlo attraverso gli strumenti? Sono molto entusiasta di questa scelta, vedremo come si evolverà.