– di Angelo Mattina –
Per una volta partiamo dalla fine. Laconicamente, senza dubbi, con il massimo della chiarezza: i Meds hanno fatto un gran disco. “M01” è il loro lavoro d’esordio, scevro da prolissità, con le sue 7 tracce mai superiori a (poco più di) 5 minuti.
Con il sovraccarico di produzioni musicali, spesso copia carbone l’una dell’altra, è il caso di chiederselo: come sarà mai possibile azzeccarlo un album?
Il trio indie-glitch composto da Amato Scalbi, Luca Scarfidi e Luca Frasca, con la sua prima esperienza discografica, ci viene in soccorso nel tentativo di formulare una risposta. Innanzitutto si cerca di svincolarsi dal manierismo, puntando a spingersi oltre ogni tentazione imitativa dei propri modelli di riferimento. E i Meds con una mai banale osmosi tra la musica elettronica glitch, idm, organica e l’indie, intascano la prima nota di merito.
È poi essenziale coadiuvare l’impronta stilistica con una consistenza esecutiva, legata alla perizia di ogni singolo componente della band. Qui il trio dà prova di non venire mai subissato dalle “macchine”. Synth e sequenze coesistono perfettamente con tutta la componentistica più suonata: ogni strumento risulta un mezzo, mai un fine, alla prerogativa compositiva.
Dulcis in fundo, il discorso “collaborazione”: avvalersi di producer e management che rafforzino il progetto senza mai snaturarlo. Anche per questo aspetto i Meds centrano l’obiettivo, concependo “M01” grazie all’aiuto di Steve Lyon (Depeche Mode, The Cure), Jimbo Barry (The Script), Fefo Forconi (Almamegretta) e realizzando il mastering allo storico Calyx Studio di Berlino – riferimento per artisti come Daft Punk, Moderat e Thom Yorke.
L’album racchiude quindi un concentrato di meriti. Risulta facile perdersi nel piacevole brulichio di groove (Nbf); nelle aperture più easy listening (Son Of Winter); negli strumentali noise e marcatamente elettronici (Intro, Track Zero); nelle incursioni acustiche (Dom and me).
M01 è un inizio coraggioso da ascoltare, sostenere, seguire.