Si è soliti dire “Mai giudicare un libro dalla copertina”, quando si parla di giudizi affrettati basati su prime impressioni che si soffermano su particolari esteriori. Però, alle volte, alcune prime impressioni non andrebbero sottovalutate. Il titolo di un disco, ad esempio, è una cosa importante. Tonnosubito, ad esempio, è una scelta piuttosto infelice. Si vuole ridere e scherzare, non prendersi sul serio, ed è tutto giusto e legittimo; quando però si mette a rischio la qualità di un lavoro bisognerebbe fermarsi a riflettere sulle proprie decisioni.
Un titolo è come un biglietto da visita, uno specchio del lavoro e dei suoi musicisti. I Med Free Orkestra in questo caso non sono i primi sprovveduti a cui sono capitati degli strumenti in mano. L’orchestra ha indubbiamente talento: brani come Balla, Mamma Ho Detto che Andiamo al Mare, Marika o anche Esperanto hanno una spontaneità e un entusiasmo di fronte ai quali difficilmente si resta indifferenti. Peccato che alla lunga il tutto si trasformi in un alternarsi di strutture fisse piuttosto prevedibili.
Ma i veri dolori arrivano con i testi! Quel Tonnosubito che è solo una parola è espressione di testi banali, ingenui, di un’ironia spicciola e infantile. Social ne è un esempio lampante: il brano, che vede la partecipazione di Tommaso Piotta, è veramente una caduta di stile che potevano risparmiarsi. O anche Mamma Ho Detto che Andiamo al Mare, che riguarda la tanto discussa situazione dei clandestini che arrivano sulle coste italiane, viene trattata con un’ironia nera che stanca subito e lascia piuttosto indifferenti. Per non parlare di Meglio Cantare o di Difenditi che strizzano l’occhio ad una retorica sempliciotta e stucchevole.
Peccato perché in potenza di Med Free Orkestra hanno molto potenziale e capacità, rovinate purtroppo da un contenuto a dir poco imbarazzante.
Davide Cuccurugnani
È’ lecito che un cd non possa piacere, ma che un giornalista, tale supponiamo sia, dica ad una orchestra multietnica che tratta la questione dei migranti con “una ironia nera che stanca” e’ davvero fastidioso e di una cattiveria inaudita. Se solo il signor cuccurugnani avesse minimamente patito quello che hanno dovuto sopportare alcuni dei componenti della MFO probabilmente azzeccherebbe il nome dell’orchestra, scriverebbe meglio in italiano e non utilizzerebbe la parola “clandestini”. Noi di imbarazzante sig cuccurugnani ci vediamo solo questo nelle parole che ha voluto rivolgerci.
Buon lavoro.