È uscito a settembre quasi in sordina Pareidolia, l’ultimo album di una delle poche vere rocker italiane, Marina Rei. Classe ’69 e tanti anni di carriera alle spalle avrebbe da insegnare molto a tante nuove stelle emergenti del panorama indipendente nostrano che affollano i palchi di circoli e locali strappando consensi e poco seguito.
Non è mai scesa a compromessi la Rei e ora arriva, dopo due anni di pausa, a rincuorare i suoi affezionati fan con un nuovo lavoro che già dal titolo appare chiaro nella sua complessità: “un’illusione subcosciente”, ovvero il tentativo di dare razionalità a qualcosa che non si conosce attraverso forme, contenuti e in questo caso suoni che ben noti.
Pareidolia è frutto di diverse collaborazioni tra cui quelle con Giulio Ragno Favero, chitarrista e produttore di One Dimensional Man e il Teatro degli Orrori, e Appino degli Zen Circus.
Sin dalla prima traccia “Avessi Artigli” si mostra l’indole dell’album: “Essere un leone per lasciare il segno”. Il suono è graffiante, colpi di batteria e percussioni affidate e eseguite dalla stessa cantante che conferma le sue ottime qualità di musicista, non a caso figlia d’arte.
Non mancano altri brani incisivi: da “Ho Visto Una Stella Cadere” a “Lasciarsi Andare”, tutti uniti da un filo rosso che unisce amore e rinascita, senza scadere nella malinconia o il dolore.
All’interno di un lavoro nel complesso omogeneo spuntano due brani, “Pareidolia”, che dà il nome all’album e la cover di “Annarella” dei CCCP. Se il primo è un chiaro esempio di quanto la Rei ami sperimentare concedendosi anche il lusso di aprirsi al mondo dell’hip hop grazie alla collaborazione con Zona Mc e Off Muziek; il secondo è forse un azzardo al primo ascolto. Scomporre totalmente una nenia melanconica e trasformarla in una sorta di ninna nanna può stonare nelle orecchie degli ascoltatori nostalgici di Lindo Ferretti e compagni: discorso diverso se si guarda alla rivisitazione come sigillo di “Pareidolia”, un congedo da se stessi e dall’ascoltatore, dopo dieci tracce introspettive e in cui si cerca di scoprire il segreto della felicità “in quella che chiamo pazzia” .
Francesca Ceccarelli