Non trovo le parole è l’album d’esordio di Antonio Prestieri, in arte Maldestro. Un titolo illusionista. Infatti il giovane cantautore napoletano con semplici, immediate, tenere e a tratti forti parole, ha tanto da raccontare. Il leitmotiv dell’intero disco è la forte valenza simbolica di un lessico che, in base alla modulazione della voce, diventa aggressivo, dolce, ingenuo, consolatorio, evocativo. Parola dopo parola. I risultati che ne conseguono sono storie dipinte, le cui sfumature musicali vengono colte dall’ascoltatore creando immagini mentali nitide, cristalline, a volte intriganti. Ha la vocazione per il palcoscenico, Maldestro. La sua intensa attività artistica, infatti, si sviluppa essenzialmente su due fronti: la musica e il teatro.
Colleziona importanti riconoscimenti non solo in ambito teatrale, in qualità di autore ed interprete di testi, ma si fa conoscere al grande pubblico anche nell’ambiente ambiente musicale. Nel 2013 vince il Premio Ciampi, De Andrè, SIAE, AFI e nel 2014 è tra gli otto vincitori della XXV edizione del Musicultura Festival, con il brano “Sopra il tetto del comune”. L’idea che pervade il suo progetto artistico è paragonabile ad una collezione di racconti. È una voce non limpida e che al tempo stesso non conosce esitazione, a cantare attimi.
Il suono di una viola introduce Dannato amore, storia di due vite che, tra “le lacrime che condivano il bicchiere”, dubbi e certezze, incrociano le loro inquietudini. Un racconto che di amaro non ha solo il sapore del whiskey, ma anche i pensieri. La seconda track funge da omaggio all’attore, illusionista e regista George Méliès. Note delicate evocano atmosfere francesi ed immagini contemplative, create dalla prestigiosa magia di mani sul pianoforte.
Cambia d’abito, Maldestro, nel terzo brano estratto dal suo disco. Indossa i suoi ricordi più intimi, legati essenzialmente alla terra in cui è cresciuto, Scampia. Io sono nato qui è non sono una presa di coscienza, ma anche la volontà di descrivere un luogo “dove la pioggia lava il sangue dalle mura, dove il coraggio non uccide la paura”; ambiente in cui la bellezza, purtroppo, a volte sfugge facilmente a chi non riesce a vedere oltre l’apparenza: essa è nei piccoli gesti, negli sguardi tristi, in quelli felici, nei volti, tra le mura dei palazzi.
Il brano con cui Maldestro ha ottenuto numerosi meriti e apprezzamenti è Sopra il tetto del comune. Ritmi folk, suoni vivaci non distolgono dal significato del testo, e a questo non intendono sovrapporsi. È un destino spesso comune, ormai, quello di un operaio che, dopo esser stato licenziato, si interroga sul futuro, quando le speranze sembrano annullarsi. Lui non cerca il torto o la ragione, perché basta osservare dal tetto di un comune la verità dei fatti. Probabilmente non è una ballata, ma una canzone stratificata, dalle sonorità allusive, come le note di un organo che ben richiamano il plausibile finale non di una storia, ma della storia.
Con ritmo canzonatorio, sarcastico ed ironico, ‘O sfratto ‘e Totore è una presa di posizione a livello ideologico. Non ci si interroga sulle menzogne del passato. Quelle, ormai, sono assodate e non vengono esorcizzate affatto nel ritornello. È un brano-invettiva, che invita a riflettere sulla distinzione tra chiesa e Chiesa, tra fede e imposizione di valori. Tra il dire e il fare, in pratica, c’è chi, dall’alto della propria classe sociale, ha il permesso di dire “Io sono il tuo pastore e voi siete il mio gregge”. Altro brano, altra storia: una poesia, dolce e malinconica, è Dimmi come ti posso amare, il cui video uscirà il 14 aprile, in concomitanza alla presentazione del disco. La voce, addolcita dagli arpeggi della chitarra, narra da una parte la bellezza di un amore che deve fare i conti con una società sbagliata, dall’altra i sogni negati di un utopico futuro. Precari non sono, pertanto, i sentimenti, ma le nostre condizioni sociali.
Melodie dolci, dagli echi di una ninna nanna e da un fascino notturno: la titletrack Non trovo le parole è la percezione di una carezza fatta di musica e parole. È la tenera storia di un uomo che, nascondendo il suo sguardo discreto dietro il vetro di una finestra, osserva una donna passeggiare. I suoi pensieri, silenziosi nella testa e nel cuore, cercano il coraggio di poter esprimere l’amore per quella immagine che ogni sera fa da cornice ai propri sogni. Dopo aver raccontato di amori, di ricordi e della sua terra, il cantautore napoletano decide di non prendersi sul serio, divertendosi e scherzando sulla sua personalità, senza filtri e con esuberanza. Dunque, non solo si guarda intorno, ma ha anche un occhio di riguardo per sé stesso. Maldestro in Maldestro è autoironico e autoreferenziale. Disegna come un abile fumettista un personaggio che gli è fin troppo noto. Vignetta dopo vignetta, il brano sembra prender vita sotto forma di un fumetto, grazie al tono umoristico di chi si prende sul serio, a volte solo in parte. In alcuni aspetti mente, abbastanza.
Un passaggio dall’ironia all’esistenzialismo. Così, in ‘Na fenesta, Antonio Prestieri si affaccia senza sporgersi troppo, per osservare la fugacità di attimi. Peppe Barra introduce il brano, recitando in napoletano la bellezza del condividere immagini che appaiono e si dissolvono sotto i nostri occhi. I ritmi della track in chiusura dell’album si discostano nettamente dalle melodie dei precedenti brani. Un giochetto ironico, l’ultimo regalo di Maldestro. Po po po è una beat che in parte rimanda all’elettronica, le cui sonorità rilevano l’intento sarcastico della scelta musicale, quale “l’efficacia del pezzone”. Antonio Prestieri ironizza sulle condizioni attuali del mercato discografico, tanto che ne sta al suo gioco solo per scherzo.
L’album in uscita è, pertanto, un modo per omaggiare i protagonisti, reali o immaginari, dei suoi racconti. Ogni brano è un abbraccio a chi vive in solitudine, a chi si ama, a chi ha amato e a chi ha odiato, a George Méliès, alla sua terra, alla personalità maldestra; a chi gli ha regalato occhi in grado di poter scavare gli animi, senza essere mai invadente, ma lasciando comunque una traccia. E le tracce, Maldestro, non solo le ha impresse nel suo disco, ma anche nella sensibilità di chi, dopo aver ascoltato l’album, si è sentito partecipe o protagonista dei suoi racconti. Un abbraccio collettivo, dunque, e l’esortazione ad affacciarci a ‘na fenesta e scoprire. Scoprire.
Lucia Santarelli