– di Martina Rossato –
Domenica 24 aprile, in occasione di Spaghetti Unplugged all’Apollo di Milano, ho avuto il piacere di conoscere MaLaVoglia. Il cantautore, nato a Voghera ma di origini pugliesi, ha da poco pubblicato il suo ultimo singolo “Punto”. “Punto” è definito dallo stesso autore come «la fine e l’inizio di un percorso», un nuovo modo di comporre, più personale e caratterizzato da una nuova prospettiva sulla sua autenticità. Il singolo è stato scritto a quattro mani con la poliedrica artista Roberta Giallo, conosciuta al MEI di Faenza.
Durante la serata di Spaghetti, MaLaVoglia ha avuto la fortuna di essere estratto e portare la sua musica sul palco. Prima della sua esibizione ci siamo trovati a mangiare allo stesso tavolo, abbiamo chiacchierato e dopo qualche tempo ci siamo risentiti telefonicamente. Questo è quello che ci siamo detti!
Come stai?
Bene, preso da questi giorni, sono state settimane belle intense. Poi si deposita tutto e hai bisogno di riordinare le idee.
È una cosa positiva essere impegnati e avere tanto da fare!
Sì, sì, assolutamente. Partendo dal presupposto che veniamo da due anni di nulla, poi, è tutto oro colato.
Infatti a proposito di questo volevo proprio chiederti di Spaghetti. È una realtà di musica dal vivo e che per un po’ di tempo ha dovuto fermarsi. Come stai vivendo questa ripresa?
Mi ritengo fortunato: in questi due anni ho avuto la fortuna di suonare live, in particolare nel 2020 ho fatto un’esperienza bellissima di tre mesi a Tremiti. Sono stato fermo l’inverno e la primavera tra 2020 e 2021, ma mi è andata comunque abbastanza bene. Non andavo a Spaghetti dal 2019; mi ci ero ritrovato a Roma da Marmo per caso e poi sono andato anche a Milano. Tornare a Spaghetti è sempre bello, e bella è anche la modalità. Tu vai lì e non ti aspetti di cantare: se hai culo vieni preso, se no, no [ride, ndr]. Per me è stata una somma di emozioni: tornare dopo tre anni, essere baciato dalla fortuna e salire sul palco, in un clima di condivisione bellissimo. L’Apollo poi è fantastico, mi sono emozionato molto.
Come l’hai trovato rispetto a prima?
Spaghetti è sempre vero. Con questo sistema dell’estrazione, il bello è che non c’è competizione tra gli artisti. Vai lì e sei conscio che puoi non essere estratto: vai prima di tutto per ascoltare musica nuova, conoscere gente. Secondo me è molto bello proprio questo, ed è una costante che Spaghetti non ha perso, nonostante la realtà sia cresciuta rispetto a prima.
Ci sono altri eventi simili ai quali hai partecipato e che consiglieresti?
L’ultimo è stato Milano Cantautori, anche lì è un open mic. In generale, mi sento sempre a casa quando suono live. Nei miei live la sensazione è molto diversa però: lì sei tu a creare l’atmosfera che vuoi e la buona o cattiva riuscita dipende solo da te.
Vorrei parlare un po’ del tuo nuovo singolo, raccontaci un po’ come è nato.
Ti rispondo con una domanda [ride, ndr]. Ti è piaciuto più “Hamilton” o “Punto”?
Guarda ne parlavo giusto prima con i miei amici che erano con noi a Spaghetti! “Hamilton” è quella canzone che ti rimane subito in testa e hai voglia di cantare, “Punto” è più riflessiva.
Avete colpito il centro della cosa, “Hamilton” è molto più radiofonica, “Punto” necessita di un ascolto. Paradossalmente ho scritto prima “Punto”, che ho scritto nel 2019 e nasceva da un’esperienza che ho vissuto. Sono andato a Parigi tre giorni e sarebbe dovuto essere un weekend d’amore, poi mi sono trovato a vagare da solo per la città e a farmi tremila domande. In quei momenti hai tantissime cose in testa, ti rendi conto che stai sbagliando qualcosa e hai bisogno di fare il punto della tua vita.
Venivo dalla vittoria di Area Sanremo, tanto che avevo pensato di proporla per Sanremo Giovani. L’anno dopo però hanno cambiato il limite di età e non ho più potuto partecipare. Dopo la pandemia non mi sembrava un brano adatto da far uscire, ci voleva qualcosa di più immediato e ho deciso di partire con “Hamilton”, che ho scritto in piena pandemia. In “Punto” però c’è un passaggio di vita importante, la chiusura di un cerchio e un voler ripartire. È da lì che ho cominciato a scrivere in maniera diversa, molto più intima e personale. I brani nuovi raccontano più di me.
Ma tra l’altro “Punto” l’hai scritta con Roberta Giallo, che ha vissuto una storia simile.
Sì, ma di storie così penso ne avrà vissute centomila. Lei è un’artista molto istrionica, vive la sua arte in tutte le sfumature possibili. Quando sono tornato da Parigi ho scritto questa canzone e inizialmente non parlava, infatti se ci fai caso è solo il ritornello che parla della fine di una storia. Nelle strofe racconto più una visione personale di quello che stavo affrontando; Roberta è stata brava perché mi ha girato il ritornello in relazione alla storia che era finita. Il suo è stato un supporto importante nel brano.
Poi oltre ad essere una cantante e cantautrice, ha scritto anche un libro in cui racconta la sua storia.
Sì, Web Love Story è un libro molto interessante. Ero andato a vedere anche la sua presentazione del libro a Bologna.
E lei mi riporta un po’ all’ambiente del MEI, che tu conosci.
Esatto, sì. Infatti l’ho conosciuta proprio al MEI, nel 2019. Avevo scritto una canzone in cui mi prendevo un po’ per il culo da solo: “Non siamo tutti calciatori”. Ho sempre avuto la passione per il calcio, oltre a quella per la musica e quando l’ha sentita Giordano Sangiorgi è impazzito per il brano. Cercava un inno per la sua nazionale artisti indipendenti e ha deciso di adottarlo. È così che mi sono trovato a partecipare a questo bellissimo torneo di beneficenza al Dall’Ara di Bologna. È stata un’esperienza molto bella ed è proprio a quel MEI che ho conosciuto Roberta.
Non avete pensato di cantare “Punto” insieme?
Sì, avevamo pensato a un MaLaVoglia feat. Roberta Giallo, però è anche difficile cambiare e riadattare un brano in corsa. Ci abbiamo provato, ma il risultato non ci soddisfaceva, quindi abbiamo deciso di lasciare così. È un esperimento che abbiamo potuto provare poco in realtà, nel senso che ci siamo trovati in un periodo in cui era tutto chiuso, in pieno covid, insomma abbiamo deciso di evitare di complicarci troppo la vita. Tra l’altro alla batteria avevamo Tommy Graziani, il figlio di Ivan. Purtroppo non abbiamo potuto tenere le sue batterie su “Punto” perché siamo arrivati lunghi con i tempi, quindi abbiamo una session di batteria con un batterista assurdo che purtroppo non abbiamo utilizzato.
Invece “Hamilton” di cosa parla? È una canzone più d’amore o che parla di altro?
In realtà è una metafora, che nasce da una storia d’amore che non ho mai vissuto. Ho raccontato quello che per me vorrebbe dire “storia d’amore reale”, ma che non ho mai vissuto. Piuttosto potrei dire che è un insieme di cose vissute attraverso esperienze diverse, ma di certo non è dedicata a una persona in particolare. La vedo come una canzone dedicata a qualcosa di più generale, quasi di amore per la vita. Per me “Hamilton” ha questo significato bellissimo e anche per questo abbiamo deciso di sceglierlo come primo singolo.
Se potessi scegliere quattro turnisti con cui registrare il disco della vita chi sceglieresti?
Alla batteria lo sai già: Tommy. È un batterista formidabile e una gran persona. Poi ho i ragazzi della band con cui ho suonato per tanti anni: MaLaVoglia è nato come un progetto band e siamo ancora in contatto, sono dei musicisti che suonano da paura. Su Spotify c’è un altro brano, “Allevati a terra”, ma anche la stessa “Non siamo tutti calciatori” e “Terra rossa”, sono tutti brani che ho registrato in una prima fase con loro. Se dovesse partire un progetto live, andrei con loro.
Escludendo MaLaVoglia, qual è il tuo cantante preferito [ride, ndr]?
Mah, non credere, a volte mi sto sulle palle da solo [ride, ndr]. In vita, nella scena moderna, non mi vedo molto. Mi lego molto al cantautorato passato, ma un cantante che adesso mi fa venire la pelle d’oca è Diodato.
E non vivente?
Il primo che metto in cima alla lista è Lucio Dalla, un po’ anche perché ho vissuto vicino al suo mondo a Tremiti, suonare nel suo locale è un’esperienza che va al di là del cantante. È una roba viscerale. Sono originario del Gargano e da piccolo vedevo le Isole Tremiti da casa di mia nonna e si diceva sempre che saremmo andati insieme, io e lei, a vedere Lucio Dalla. Non l’abbiamo mai visto, ma la vita mi ha riportato proprio lì, a suonare. È stata una cosa pazzesca.
Ti ringrazio, magari ci incontriamo di nuovo a Spaghetti!