Titolo assolutamente didascalico: “L/R”. Ecco la nuova fatica discografica dei marchigiani Lush Rimbaud che tornano dopo cinque anni di distanza dal loro ultimo album di inediti e appena due dallo split con gli landesi zZz. Psichedelia europea e extra continentale, la new wave che dai dettami classici cerca di infilare dentro due o tre soluzioni che rendono il tutto personalissimo e innovativo. I Lush Rimbaud affascinano con un sound minimale in molti tratti, strizzando l’occhio a soluzioni melodiche di facile traduzione, sonorità spesso acustiche specie nel drumming e un’elettronica mai troppo invadente. Un equilibrio che rende il viaggio dei Lush Rimbaud in bilico tra realtà e fantasia.
La prima domande esce spontanea e irrefrenabile: cosa c’è dietro tanta nebbia psichedelica? Incertezza o ansia di evasione?
Far uscire un disco dopo oltre 5 anni di silenzio (se escludiamo i due brani contenuti nello split con i zZz) ti impone una profonda riflessione sia a livello artistico che personale. Questi sono tempi avari di certezze, e diffidiamo da chi offre soluzioni rapide, da chi traccia confini netti; la nostra, al contrario, è una visione sfumata, in divenire, e dietro la ‘nebbia psichedelica’ c’è il nostro mondo: desiderio di evasione, universi onirici, intime confessioni, stati di alterazione.
“L/R”. Semplici iniziali oppure anche un Left & Right come per dire ovunque? Oppure forse altro?
“L/R” è un disco di sintesi. Innanzitutto è una sintesi delle nostre diverse personalità, oltre che dei nostri background musicali, ma è anche una sintesi del percorso della band. È il superamento degli opposti, la fusione di due elementi, per arrivare a qualcosa di nuovo. Poi nello specifico ognuno può leggerci ciò che vuole.
La prima grande evoluzione da “The Sound of the vanishing era”?
Si, questo è sicuramente un disco più maturo, ci siamo presi tutto il tempo necessario e abbiamo beneficiato della collaborazione con alcuni amici provenienti da mondi musicali molto diversi (il collettivo Hell’z Eye, composto da dj e produttori attivi nella scena hip hop, drum and bass e edm), cercando di allargare i nostri riferimenti e mischiare un po’ le carte. Era una bella sfida, vedremo cosa ne pensa il pubblico. Noi siamo molto soddisfatti.
Dall’Italia e dal resto del mondo: da chi avete attinto e cosa?
In ordine sparso hanno avuto importanza David Byrne, Fela Kuti, Nick Cave and The Bad Seeds, James Brown, JJ Cale, Portishead, Massive Attack, Velvet Underground, Television, Richard Hell, Suicide, !!!, Alabama Shakes, Nicholas Jaar, Primal Scream, Spacemen 3, Giorgio Moroder, Battiato, Paolo Conte, Fuck Buttons, David Lynch, Brian Eno, i più contemporanei Public Service Broadcasting (con cui abbiamo avuto la fortuna di suonare di spalla sia in Italia sia in UK, dopo che il nostro batterista, Michele, ha fatto da turnista per la band inglese per alcuni festival europei), Moon Duo, Oneida, Tame Impala, Caribou.. e sicuramente ne stiamo dimenticando molti.
E se dicessi MOGWAI? Cosa avrei indietro come risposta?
Sinceramente non siamo mai stati fan accaniti dei Mogwai ma è anche vero che ai tempi di “Rock Action” furono tra gli alfieri del post rock, e quel disco non ci dispiaceva, dilatato e sognante. Poi li abbiamo un po’ dimenticati …
Angelo Ratteni