“A whiter shade of pale” è l’ultima canzone di Richard Benson, cantata insieme a Giampiero Ingrassia. Il finale di una vita incredibile, in tutti i sensi, che è giusto celebrare
– di Riccardo De Stefano –
Il 10 marzo 2023 esce online la cover di “A whiter shade of pale”, realizzata da Richard Benson. Il brano è l’ultima registrazione vocale rimasta dello sfortunato – e mitico, a volte odiato ma anche molto amato – chitarrista e cantante. Il brano vede la partecipazione, tra gli altri, di Giampiero Ingrassia, attore e amico di Benson, che completa la canzone, oltre agli assoli di Simone Sello, tra i più importanti chitarristi italiani.
La take vocale di Benson è quanto sopravvissuto a una fortuita registrazione, probabilmente di prova, realizzata durante quello che doveva essere il comeback di Richard, dopo gli anni della malattia e delle difficoltà personali.
Ma la vita è il nemico, e quasi mai le cose sono come quelle che raccontiamo. A volte c’è una beffarda e crudele ironia negli eventi del mondo: siamo talmente imbevuti di cultura pop che ci aspettiamo sempre il lieto fine, la “chiusura” di qualcosa, un riscatto per gli eroi, celebrati o meno, di questa Terra.
RICHARD BENSON, IL SIGNORE DEL METALLO
Richard Benson di storie ne raccontava tante.
Benson è stato un virtuoso della chitarra. Ha sviluppato tecniche come il pick fall e il carillon infernale, tutt’oggi all’avanguardia chitarristica. Era stato premiato come chitarrista più veloce del mondo al “Guitar War” di Los Angeles, mentre anni prima, durante altre tourneé nell’America del Nord, aveva avuto modo di influenzare un giovanissimo Marilyn Manson, accompagnato dal papà a tutti i concerti del chitarrista. Richard Benson sapeva del segreto di Paul McCartney ed era presente alla morte di Brian Jones.
O forse no. Forse, probabilmente, sicuramente, sono tutte storie inventate, sogni di una persona inglese cresciuta in Italia – quell’Italia piccola e provinciale, lontana da tutto – che sognava di essere una rockstar, di portare il Simposio del Metallo a tutti.
Richard Benson è stato una persona che ha sofferto moltissimo, che ha subito di tutto, ogni tipo di angheria, dalla vita e dalle persone. Un incidente in moto – o forse qualcosa di peggio, una caduta da un ponte – che ne ha minato la salute, il conseguente scivolamento nella farsa, diventando l’oggetto del lancio di polli, yogurt e immondizia varia ad opera di persone che probabilmente immondizia lo sono davvero.
Ma anche Richard presente nella scena prog romana e italiana come cantante e chitarrista, poi come voce per le radio. Richard Benson enciclopedia vivente della musica rock, musicologo preparatissimo su tutte le formazioni, i dischi e gli artisti di un circuito che senza di lui avrebbe avuto molta meno voce da noi, grazie alla tv, con i suoi programmi come “Cocktail micidiale”, fonte infinita di citazioni.
Richard Benson, suo e nostro malgrado, anche personaggio trash, deriso e sbeffeggiato, caricaturale, prima oggetto di dileggio e poi di commiserazione nel momento peggiore, nel presentarsi malato e povero davanti la telecamera televisiva, crudele cinica e spietata.
CHI ERA RICHARD BENSON
Richard Benson è stato per tanti di noi, sicuramente per me, una leggenda. Quel personaggio che quando sei piccolo trovi ridicolo e comico e quando cresci – e la vita inizia a prenderti a schiaffi – capisci essere romantico e struggente, l’artista che sognava così forte di diventare il migliore chitarrista al mondo che se ne frega se, come dicono su YouTube, è il peggiore di sempre.
E se di musica ne ha parlato tanto, di musica ne ha suonata poca. Lo storico e leggendario “Madre Tortura”, EP contenente – oggi si può dire – un classico della musica, la title track resa celebre dalle sue esibizioni dal vivo, e poi “L’inferno dei vivi”, prodotto da Federico Zampaglione e uscito per INRI nel 2015, che sulla falsariga del grottesco ci balla tranquillamente.
Poi niente, si sa che Benson sta poco bene, sui social lo si vede in una clinica in stato confusionale e in condizioni fisiche pessime, fino al momento in cui lo si rivede suonare una chitarra classica. Di colpo, dopo anni di silenzio e di scomparsa, Benson si ripresenta come chitarrista e cantante, seppure in maniera “artigianale”, e propone degli inediti dal grande cuore, lontano anni luce dal trash e dalle risate di scherno.
Viene annunciato il ritorno sulle scene. Un disco nuovo, una band vera, una produzione sensata e la collaborazione di tante persone per un progetto che doveva rivedere la strada, il palco, riportare Richard lì dove era stato sistematicamente umiliato negli ultimi decenni e ridargli la dignità e il riconoscimento meritato. Viene annunciata “Processione”, la nuova canzone e sembra finalmente arrivare il momento del riscatto per Richard Benson.
Ma il 10 maggio, quando in Italia e in Europa si parla solo dell’Eurovision a Torino, come una secchiata gelida arriva la notizia. Richard se n’è andato. Dopo essere sfuggito alla Morte per 12 volte, alla fine ha ceduto.
“PROCESSIONE”, L’ULTIMO CAPOLAVORO
“Processione”, il primo e unico inedito realizzato da Richard per intero per il nuovo progetto, esce poco meno di un mese dopo la morte e ne segna il testamento umano e artistico.
Con i testi di Cinzia Colibazzi e la musica di Richard, “Processione” è l’ideale riscatto dell’eroe, come Ulisse che tenta disperatamente di tornare a Itaca vedendo finalmente le rive vicine. Come Amleto che danza sull’orlo della follia pur di vendicare il padre ucciso.
“Processione” è lo struggente epilogo di una vita memorabile, tanto nella verità quanto nella recita. Una ballad finalmente sincera, senza rischiare di passare per trash, come invece fu per “I nani”. Il brano è stato realizzato insieme e grazie a Francesco James Dini e Marco Torri, produttori e musicisti nel brano.
Francesco James Dini e Marco Torri: Cinzia era l’assistente psicologica affidata a Richard per aiutarlo a superare probabilmente problemi che aveva. Non si è limitata a fare il suo lavoro e basta, lo seguiva settimanalmente, quasi gli faceva da assistente e segretaria, perché tutte le cose le riferivo a lei. Ha sposato questa vena artistica di Richard e ha compreso pienamente cosa ci fosse dietro a quell’uomo. Senza Cinzia non saremmo qui, ha lavorato in silenzio senza chiedere nulla, non voleva quasi comparire nei crediti della canzone, non dico che l’abbiamo obbligata ma quasi. Questo loro incontro è stato un po’ il miracolo, perché l’unione di due persone così è incredibile. Cinzia ha risvegliato in lui questa forma di self respect, aveva capito quanto fosse necessario e giusto rivalutarsi, chiudere quel capitolo precedente, negli ultimi tempi aveva gettato la maschera definitivamente.
Cinzia Colibazzi: Non lo conoscevo prima che fosse ricoverato. Il primo incontro è stato tre anni fa, e stava molto male, era come lo vedevi in tv. È stato un po’ triste all’inizio, perché su internet c’era il materiale dei concerti e le altre apparizioni televisive.
Il lavoro personale e artistico di Cinzia Colibazzi è stato incredibile e commovente, non limitandosi solo alla cura psicologica di Richard, ma prendendolo per mano e ridandogli lo stimolo a creare di nuovo musica.
Cinzia Colibazzi: La prima canzone è uscita un anno dopo che ci siamo conosciuti. Questa collaborazione serviva anche per uscire da quel personaggio che si era costruito. Avevamo tagliato col passato, lui si rifiutava di vedere i video vecchi girano in rete. Avrebbe rimosso volentieri tutto quel passato, dicendo che succedeva solo a Roma, e altrove no. Il mio obiettivo era di farlo vedere come musicista e non come fenomeno da baraccone, vederlo come lo trattavano in pubblico era devastante, insopportabile. Era una persona che meritava tanto rispetto e purtroppo è arrivato a farsi così del male. Col tempo è uscito fuori il vero Richard, aveva bisogno di qualcuno che credesse in lui. Quando è arrivato, era stato operato al cuore e si è fatto alcuni mesi in ospedale, poi abbiamo trovato una chitarra e abbiamo iniziato a suonare. Era una persona coltissima, ascoltavamo musica insieme, mi ha insegnato un sacco di cose.
“Processione” esce all’inizio su YouTube, grazie al lavoro di Christian Dalenz che seguiva e curava i social di Benson. Nel video, si vede finalmente un Richard suonare e cantare come ai vecchi tempi. Il cielo e chiaro e c’è una bella luce, e la struggente malinconia del brano traspira anche dalle code di una chitarra classica e dalla voce sempre profonda di Richard. Quella canzone e quel video sono la scintilla che dà vita al progetto.
Christian Dalenz: Le canzoni sono nate come terapia occupazionale, Richard era ricoverato e grazie a Cinzia c’è stato questo momento di collaborazione. Trovo che Cinzia sia una grande artista e i suoi testi sono pieni di poesia e bellezza. Ho pubblicato quelle canzoni per far vedere come Richard fosse ancora vivo – oltre a inventarci “nona nota”. Io ero un fan e in quel momento ero una persona vicina a Richard, ho fatto questa operazione di “trasmissione”, un messaggio nella bottiglia che è stato raccolto. È stata una esperienza bellissima, Richard mi ha fatto il dono della sua amicizia. Ero partito come un fan che voleva conoscere meglio Richard, abbiamo passato diversi pomeriggi insieme a parlare di musica. E oggi ho fatto e faccio ricerche biografiche su Richard.
Francesco James Dini e Marco Torri: Il tutto è nato quasi casualmente, ascoltando un pezzo su YouTube suonato da Richard. Lì è scattata la scintilla e ci siamo convinti a contattarlo, anzi a contattare Cinzia per prima. Hanno capito le nostre intenzioni, assolutamente “pure”. Sono iniziate una serie di telefonate lunghissime con Richard con scambi di pareri, dove abbiamo cominciato a conoscerci e a parlare anche di cose extra musicali. Richard ci spiegava la sua visione dei brani e noi aggiungevamo il nostro, interpretando le sue volontà col nostro tocco.
I testi sono opera di Cinzia Colibazzi, che per una strana connessione mentale si avvicinano in maniera fortissima allo stile lirico di Benson, da sempre profondo e ricco di metafore e immagini.
Cinzia Colibazzi: Non ho mai scritto testi, ma dalle letture che facevo prendevo qualche spunto. Io gli stavo accanto, motivandolo dopo la malattia. Lui piano piano suonava qualcosa e magari aggiungevo qualche frase, e poi abbiamo scritto i testi. All’inizio era quasi casuale, e lui sceglieva le frasi e le parole che riteneva adatte, molte cose me le ha bocciate. “Processione” è ispirata a “Delitto e castigo” e a “L’arte dell’abbandono” di Carmelo Bene. Aveva questa grande capacità di fare propri i testi, li sapeva cantare da subito come fossero stati suoi, con una emozione che non è da tutti.
LA VITA È IL NEMICO
È commovente vedere e sentire Richard in “Processione”, vestito di bianco e apparentemente di nuovo sé stesso. Segno che fare musica era davvero una fonte di vita per lui, qualcosa di fondamentale e necessario.
Francesco James Dini e Marco Torri: Con la chitarra si stava esercitando molto, stava prendendo molto seriamente questo ritorno sulle scene, specialmente da quando ha avuto la chitarra nuova. Ci riferiva Cinzia che passava le giornate a suonare: con la testa era davvero lì nella musica, ancora di più rispetto al solito, negli ultimi tempi.
Cinzia Colibazzi: L’ho seguito durante le registrazioni e il video. Era contento, mi diceva che a 67 anni aveva la fortuna di tornare a lavorare con gente che lo apprezzava. Più passava il tempo e più ci teneva, abbiamo messo molto tempo dietro quel brano, la sentiva molto suo. Aveva un grande entusiasmo quando vedeva i msucisiti che suonavano, li ammirava per la capacità di suonare, era un grande estimatore dei musicisti, di Simone Sello, Braido, era generoso, apprezzava il lavoro degli altri. Simone Sello ha fatto gli assoli, li abbiamo sentiti più volte. Simone gli ha fatto un regalo bellissimo. Poi però quando Richard è stato ricoverato ho potuto vederlo poco. Sembrava si stesse riprendendo, anche a livello psicologico era più lucido, dopo quel periodo orribile di problemi e solitudine.
“Richard Benson ha il cuore nel metallo e sopra ha il peso di un cervello”. Quanta amara tenerezza fa veder Richard Benson nella sua ultima apparizione televisiva, ne “Una pezza di Lundini”, di Valerio Lundini – fan di Richard da tempi immemori – e sentirlo parlare di come stesse in realtà bene nonostante tutte le voci, specialmente considerato come la puntata sia andata in onda il giorno dopo la sua morte.
Francesco James Dini e Marco Torri: Effettivamente sembrava star bene, o meglio probabilmente in realtà stava male ma diceva a tutti che stava bene. Richard ha sofferto e subito tante angherie, tanta sofferenza sia fisica che psicologica eppure lui era felice di stare al mondo, voleva bene alle persone. Per questo lavorare con lui è stato più un arricchimento a livello personale e “spirituale” che altro. Per noi è stata una mazzata pesante, fortunatamente siamo riusciti a terminare questo brano con Richard ancora tra noi. L’ha ascoltato, si è commosso e l’ha apprezzato quanto noi. È chiaro che aveva già pronto altre cose e avevamo già in mano un po’ di materiale, al quale stiamo lavorando non immaginandoci un epilogo del genere chiaramente.
Francesco James Dini e Marco Torri: Quando era in ospedale negli ultimi giorni e non stava molto bene, gli avevo parlato di John Macaluso, che lo salutava tanto. Richard era molto felice di questa cosa. Aveva questo tono sempre gagliardo, anche se faticava a respirare, mi dice: “guarda sono qua in ospedale, sto già pensando a un pezzo nuovo in 7/4 per John Macaluso, perché a lui piacciono i tempi dispari. Lo sto già scrivendo e tra poco è finito”. Sapeva di essere sul filo del rasoio e con il pensiero stava sempre sulla musica.
La storia purtroppo la sappiamo. Ulisse non tornerà mai a Itaca, Amleto non vendicherà mai il padre morto. Richard se n’è andato troppo presto, appena prima di riscattare la propria carriera e ridare lustro alla propria immagine. Lasciandoci con quel gusto amaro in bocca di qualcosa che poteva essere e non sarà mai. Questo riscatto a metà però, per quanto tragico, non toglie nulla a chi ha davvero amato e seguito Richard Benson in questi anni. Ci rimane “Processione” e questa struggente “A whiter shade of pale”, ultimo canto di un artista che voleva essere il più grande chitarrista al mondo e ha inseguito quel sogno fino all’ultimo.
Francesco James Dini e Marco Torri: Uscirà un album quantomeno dignitoso, con musicisti validi che lo amavano. Tra gli altri, Simone Sello che ha un curriculum che parla per sé, e si è dimostrato assolutamente affezionato a Richard, come non avremmo mai pensato e Daniele Gottardo che ha suonato sull’ultimo singolo.
Cinzia Colibazzi: Non ha mai avuto un pubblico alla sua altezza. E poi non credeva in se stesso, raccontando le storie inventate dei personaggi di cui era amico. All’inizio lo chiamavano al telefono per fargli scherzi idioti, a tutte le ore del giorno e della notte, mentre dopo i fan lo chiamano per fargli i complimenti per “Processione”. Era contento e motivato, aveva iniziato a scrivere altra musica, ci pensava persino di notte. Richard era amore per la musica puro, senza alcun ritorno personale.
NEI SOSPIRI DI UN TEMPO ANDATO
Io dal canto mio penso spesso a Richard Benson. Ripenso a me, Riccardo De Stefano, adolescente che lo scopre su internet nei primi anni 2000 e ne ride, come tutti. Mi rivedo all’Alpheus, ai suoi concerti, quando persone che non meriterebbero di essere chiamate così credevano di essere loro la cosa interessante della serata. E ne risento le storie, mi ricostruisco la mimica – sotto tutta quella roba lanciatagli contro – e mi tornano i brividi a sentirgli professare i suoi riti grotteschi di gobelini, elfi, coboldi, eoni.
Richard mi, e ci, ha accompagnato per tanti anni. E se aprivi il cuore, potevi capire che il suo sogno era anche il tuo. Era quell’amore così puro e incondizionato per la musica che non ti faceva dormire la notte, che ti spingeva a darti in pasto agli altri, pur di inseguire quel tuo sogno. Immaginare di avere una chitarra in braccio capace di difenderti da tutto il male del mondo, di chiudere gli occhi per qualche secondo e sentirti il centro di tutto, il migliore chitarrista mai esistito.
Non so se esiste una vita dopo questa che ci è stata data. So però che se esiste un palcoscenico, da qualche parte che non possiamo vedere, in questo momento Richard sta suonando lì sopra, e c’è talmente tanta gente che lo applaude e canta insieme a lui che non si riesce a vederne la fine.
Un ricordo molto profondo e toccante, grazie ad Exitwell e sopratutto a coloro che gli sono stati vicino e lo hanno sostenuto negli ultimi anni.