Che poi non è neanche colpa loro. Io ci credo sinceramente che Lo Stato Sociale dia il massimo e cerchi di essere all’altezza, e di questo nessuno gliene può fare una colpa. D’altronde loro fanno quello che sono in grado di fare e raccolgono i risultati, reali, perché piacciono sinceramente al pubblico.
Il problema è quando Lo Stato Sociale diventa espressione generazionale e punto di riferimento di una scena musicale che incomincia a fare certi numeri, anche di rilievo.
Sono, infatti, il primo esempio della scena “indie” (sì, sì, lo so, andiamo avanti) che si affaccia sul palcoscenico dello spettacolo più nazionalpopolare e di massa che abbiamo in Italia, il festivàl, Sanremo.
Se la quota “alternative” è stata presa in passato da gente come Afterhours, o Marta sui Tubi, o Pertubazione, l’inevitabile ricambio generazionale ha fatto sì che toccasse ora ai nuovi trentenni proporsi: abbastanza vecchi per non essere sensazionalistici e abbastanza nuovi per essere la “next big thing” di cui parlare.
Peccato che Lo Stato Sociale si sia dimostrato essere quello che nel sottobosco dell’indie già aveva ampiamente dimostrato: un gruppo mediocre capace solo di parlare di cose banali rivolte a persone mediocri.
Attenzione: “mediocre”, nel senso originale, significa “che sta nella media”, che non spicca, non brilla, né pessimo né eccellente. Al Liceo sarebbe il 5, sotto la sufficienza. Significa che rappresenta, quindi, la media delle persone. E cosa fa, di cosa canta Lo Stato Sociale se non di cose mediocri e in maniera mediocre?
Cos’è “Una vita in vacanza” se non una pletora di banalità, cliché, luoghi comuni spacciate per “ironia ma con intenti sociali”? Lo Stato Sociale ha la possibilità di arrivare sul palco più importante d’Italia e di portare un brano che abbia contenuti, melodia, che sia orecchiabile, ballabile. E invece regala l’ennesimo patetico episodio di presunta superiorità dove loro elencano i grandi mali della vita non sentendosi assolutamente parte del peggior populismo becero. Quando loro elencano quello che le persone sono spinte a fare nella vita, intingono il tutto in una insopportabile, inaccettabile retorica:
E fai il cameriere, l’assicuratore
Il campione del mondo, la baby pensione
Fai il ricco di famiglia, l’eroe nazionale
Il poliziotto di quartiere, il rottamatore
Tutto questo non va bene farlo, perché ti rende schiavo. Sei schiavo perché te lo dice Lo Stato Sociale, che ha tutti gli strumenti per capire e raccontare la società italiana con tutti i suoi mali e le sue perversioni. Non pago, ti chiede anche: “perché lo fai? Perché non te ne vai?”. Loro che sono liberi possono dirti cosa dovresti fare e cosa no, loro sono avulsi dall’ottica occidentale-capitalistica:
Vivere per lavorare
O lavorare per vivere
Fare soldi per non pensare
Parlare sempre e non ascoltare
Ridere per fare male
Fare pace per bombardare
Partire per poi ritornare
Questa retorica spicciola, vuota, banale e scialba è esattamente quello che la mia generazione ha imparato a mandare giù, quel “piove governo ladro” declinato nell’era dei social network. Il massimo esempio dei ventenni, trentenni e prossimi futuri quarantenni cresciuti con l’ossessione della crisi economica in testa e quel monito da “non avrai la pensione”, quel “lo Stato ci ha rubato il futuro” urlato urbi et orbi sulle piattaforme social dove stanno (/siamo) sempre perennemente connessi a lamentarsi. L’importante è trovare la giusta frasetta che ci faccia avere più like.
Solo che Lo Stato Sociale lo fa molto meglio, il che lo rende protagonista del nuovo Sanremo: infarcendo il testo di riferimenti quanto più possibilmente larghi (si accosta il laureato al poliziotto, il cuoco stellato all’influencer, il cameriere al “rottamatore” – UUH RIFERIMENTI POLITICI!) si spara nel mucchio, rendendo tutte le storie uguali, tutte le persone uguali, tutti vittime e complici al tempo stesso. Un “rossi e neri tutti uguali” che neanche ai tempi di Alberto Sordi – che ci meriteremmo volentieri oggi. Non siate uguali, siate diversi! Partite, andate! E anche se non vuol dire nulla, dai, davvero non ci avete mai pensato?
Però, però, hey, stiamo attenti!
Perché qui si gioca, alla fine. Massì, dai, è chiaro, noi diciamo le cose, ma mica lo facciamo per superiorità, si fa per ridere! Ma dai, è uno sberleffo, una pernacchia! Non ci credete? Ma come? C’è una signora anziana – anzi, UNA VECCHIA – che balla sul palco, è chiaro che è una gag! Ridi, così impari anche meglio. Poi voglio dire, l’ha fatta anche Gabbani una cosa simile, quindi non ci stiamo inventando nulla! Guarda la vecchia e distraiti dal fatto che ti stiamo propinando il nulla, perché gli abbiamo messo un bel fiocco sopra.
Nella serie Tv “Boris”, questa dinamica veniva benissimo spiegata come “la locura”:
la tradizione – o merda come la chiami tu – ma con una bella spruzzata di pazzia, il peggior conservatorismo che però si tinge di simpatia, di colore, di paillettes,
in una frase: UNA VECCHIA CHE BALLA. “Questa è l’Italia del presente, un Paese di musichette mentre fuori c’è la Morte”.
Sono un hater? Se avesse senso il termine potreste usarlo per descrivermi, a quanto pare.
Ma non venitemi a dire che si deve per forza di cose fare così, perché è una bugia. “La terra dei cachi” degli Elio e le Storie Tese, anno 1996, era un brano musicalmente e liricamente complessissimo, dove la polemica – vestita di vera ironia – era sottile ed esplicita al tempo stesso. Faceva ridere e mostrava quelle stesse malefatte italiche (gli stessi cliché, le stesse perversioni) senza alcuna superiorità, senza nessuna retorica. Con un brano al contempo superpop e quasi avveniristico per Sanremo. Ironico, ma coraggioso.
Oppure vogliamo parlare degli Afterhours? “Il Paese è reale”? Certamente retorico e accusatorio, ma almeno coraggioso nel prendere una posizione urlata: “anche per te se il tuo paese è UNAMMERDA!” Agnelli lo ha urlato in faccia a tutti, senza dover ricorrere a espedienti, a perifrasi, giochini di parole, gag umoristiche. Retorico, ma coraggioso.
Lo Stato Sociale è conforme, innocuo, codardo: fa gag, non fa canzoni. Anzi, fa non-canzoni. Non-canzoni fatte da non-musicisti per non-musicisti che possono piacere ai non-ascoltatori dei nostri tempi, quelli da soglia dell’attenzione da 30 secondi e poi “troppo lungo da leggere”. Come da titolo, sono la massima espressione di una generazione mediocre: la mia.
Ecco, questa mia stessa polemichetta sterile è l’esempio perfetto della perversione della mia generazione: rendere tutto banale, tutto cliché.
Massì, una risata ci seppellirà.
Gli dai un carico di responsabilità che non sono loro e con dovrebbero essere dei musicisti, non devono essere loro a portare a avanti un messaggio importante dei nostri tempi.
Si musicalmente non hanno voce e il pezzo non sarà ricercato nelle melodie come lo sono almeno la meta dei pezzi presentati, ma forse la gente ha anche voglia di cantare , spensierata e non sempre canzoni che parlano di amori difficili e di problemi sociali. Ecco perchè hanno vinto , perchè magari sarà il tormentone di questa stagione e forse sarà l’unico pezzo famosi di questi ragazzi , ma ringrazio loro per questi tre minuti di musica leggera , cioè senza pensieri.
Beh, se una cosa ti piace non te ne facciamo una colpa. Il motivo per cui a me non piace è ben evidenziato nell’articolo, ma non si hanno pretese di verità.
Sono stata a un concerto de Lo Stato Sociale, e Una vita in vacanza non risultava più famosa, più urlata a squarciagola e a memoria, di tutte le altre.
Ho quattro lauree con lode e li ascolto con piacere, la mia soglia di attenzione va un po’ oltre i 30 secondi e tendo pure a mettermi spesso e molto in discussione, tant’è vero che ho letto questo articolo fino alla fine nonostante fosse chiaro fin da subito che mi avrebbe plausibilmente detto che sono mediocre io e sono mediocri loro, ma mi permetto di dire che chi lo ha scritto Lo Stato Sociale non lo conosce, o quantomeno non lo ha capito, se interpreta il loro “Perché lo fai? Perché non te ne vai?” come una pretesa di imporre che cosa fare e cosa no (e che cosa pensi che ci stiano dicendo? Di andarcene? Perché non è affatto così), in virtù di una loro presunta libertà dall’ottica occidentale-capitalistica. Loro la cantano, e la cantano a Sanremo proprio perché non c’è modo di esserne liberi, ed è questo che dicono. Perciò, se vi interessa, vi giro la loro risposta al loro stesso “Perché lo fai?”, che infatti non è loro per niente.
“Perché lo fai?
Perché potrebbe finire il mondo e ci troveremmo noi cinque a dirci che in fondo resta una strofa da scrivere, un’amicizia per sbagliare, una trafila di battaglie perse e amori finiti male da cantare perdendo la voce addosso a un palco.
(…)
Perché non saranno mai concerti per ricchi.
Perché alcune canzoni non le suonavamo da una vita.
Perché ridere ammazza la paura.
Perché ballare fa muovere la testa.
Perché uscire di casa ti salva la vita.
(…)
Per questo lo facciamo, per questo non ce ne andiamo.”
E a me e alle mie posizioni politiche maltrattate dalla realtà, e alla mia vita in una città trafficata in cui “non ci sarà mai il tempo di fare quello che ci va”, i loro testi fanno davvero muovere la testa – e Una vita in vacanza è solo più orecchiabile, meno incazzato di altri. Ma loro dicono sempre che la loro canzone più importante di sempre è Io, te e Carlo Marx, che tutti i presenti cantavano come pazzi. Chissà perché.
Per cui: siamo tutti liberi di ascoltare quello che vogliamo, ma questa critica è francamente ingenerosa e poco centrata. Si può urlare anche senza urlare – e soprattutto, si può non urlare sempre ed essere incazzati lo stesso. Magari, si raggiunge anche qualcuno che la soglia di attenzione ce l’ha davvero poco sopra ai 30 secondi. E magari anche qualcuno come me, che il tempo di andare a un concerto lo trova raramente, ma quando lo fa ringrazia di qualsiasi spunto di riflessione gli diano.
La tua critica ha senso ed è ben posta. Nondimeno, rimango della mia opinione: LSS ha una retorica facilona molto piatta e sempre ben pensata. Vanno a Sanremo a dire “una vita in vacanza” perché il pubblico di Sanremo capisca quello che deve capire, nascondendo sotto una leggerissima – tenue tenue – critica sociale un innocuo motivetto pop. Il loro presunto impegno sociale o comunque le loro velleità politiche-sinistrorse sono decisamente innocue e spesso infantili, quando non irritanti. Poi, rimane una opinione personale, sia chiaro.
Onestamente, penso di aver appena letto qualcosa di davvero mediocre.
La musica non dev’essere politica, non dev’essere riflessione, ogni artista può scegliere parole, temi e suoni in base ai suoi gusti, e, guarda un po’, quella che viene fuori, in qualsiasi caso, si chiama musica.
Questo testo de Lo Stato Sociale è pieno di frasi fatte? Sì. Ma non mi pare che loro lo abbiano presentato come un capolavoro musicale rivoluzionario.
Mi spiace che tu abbia perso tempo ad arrabbiarti così. Io, quella gif del “questa è l’Italia del futuro?” la metterei in altri articoli; che ne so, magari in alcuni che trattano di politica. È in quell’ambiente, che i discorsi dovrebbero essere di spessore. In quel caso capirei la tua critica.
non sono arrabbiato, affatto. LSS ha da sempre dichiarato di avere intenti politici (trovi una loro intervista fatta da noi su questo sito), quindi noi li prendiamo sempre sul serio, quando “ci provano”. Se poi è una cosa che arriva al pubblico, non è “colpa” di nessuno. Credo che siamo una generazione mediocre: non abbiamo fatto la guerra, non abbiamo abbattuto muri. Ci siamo accontentati di tutto e non facciamo altro che lamentarci senza reagire. ATTENZIONE: uso il noi, perché non c’è nessun senso di superiorità in me. Io sono vittima e carnefice al tempo stesso.
Che commento da sfigato il tuo !
Che commento sfigato il tuo !
è un gruppo social, specchio di un’epoca social
Leggere certi commenti del tipo “la musica non deve far riflettere” mi lascia avvilito,siamo passati da Rino Gaetano a “Lo stato sociale”.
Magari è anche giusto fare musica che non fa riflettere,ma “lo stato sociale” vuol dare l’impressione di fare roba impegnata ergo se fai roba impegnata o la fai in modo chiaro senza troppi fronzoli e teatrini oppure fai la solita roba sanremese da “cuore amore” e sti cazzi. Non si può stare con un piede in due scarpe
Il classico pippone di chi si mette a sinistra della sinistra e si sente sempre libero di sparare su tutto e tutti scomodando l’intera evoluzione sociologica italiana. Lo Stato Sociale ha partecipato all’evento per eccellenza dell’Italia mediocre portando una canzone leggera e facendo un grande show televisivo. Lo Stato Sociale fa da sempre (e non da sto Sanremo) canzonette leggere che piacciono ai 14enni che si mettono la maglietta di Che Guevara confondendolo con Ghandi e Berlinguer. Né più, né meno, al netto di critici e fan. Mi sono sembrati molto più “mediocri” i due vincitori che sono passati da cantautori impegnati facendo un pezzo da “cacca alla guerra, sì all’amore (e a Valsoia)”. Ma questo è Sanremo, insomma… Teniamoci le cose veramente belle, tipo il monologo di Favino che è stata una vera bomba lanciata contro il razzismo dilagante in questo paese sempre più cieco e ignorante (altro che mediocre).
Ciao Riccardo,
leggo articoli e riflessioni riguardo questo brano, è socialmente importante? è solamente una canzone “banale” ?
Smuovere il pensiero ed il senso critico di tante persone è già qualcosa, e questa band sa farlo. Gli altri brani presentati non hanno saputo farlo.
La discussione è quindi aperta.
Se hai piacere leggi questo post della band su Instagram
https://www.instagram.com/p/BfD5aX1hHTK/?taken-by=lostatosociale
Aggiungo due punti: 1) la totale incapacità di esporsi, mascherata da ironia da due soldi. Meta e Moro (ma chiunque altro tra quelli che perculiamo a Sanremo) hanno il coraggio di dire qualcosa sul serio ed eventualmente essere criticati e derisi per questo. Gente come Lo Stato Sociale questo coraggio e sincerità non ce li ha, e si nasconde dietro a un comportamento da eterni adolescenti per giustificare la propria pochezza. Così, chi come noi li critica si ritrova sempre di fronte a un muro di “ma non si prendono mica sul serio”. E’ un trucco cheap, che rende LSS i Fabio Volo della musica italiana. 2) Ora scrivo una cosa che mi farà sembrare solona, ma il siparietto con la “vecchia” è paradigmatico. Per quanto non si possa derubare la signora di agency (è sicuramente consapevole e complice volontaria), la mia impressione è che si rida in parte alle sue spalle. Questo conta tanto più quanto è fatto in maniera totalmente inconsapevole: LSS negherebbe questa lettura delle cose e io credo che in effetti non si rendano conto. Ma questo è il problema: la mancanza di consapevolezza critica in un gruppo che si chiama “lo Stato Sociale” e che si fregia di voler presentare temi seri in modo leggero. Si può perdonare l’incapacità di analisi a chi fa volutamente musica disimpegnata, ma non si può perdonare a chi pensa e vuol vendere di essere altro.
Poche pippe fanno cacare!
Perfettamente d’accordo con l’articolo. Versione scadente de “il cielo è sempre più blu” = “Una vita in vacanza”.
sempre meglio essere una generazione mediocre, che una generazione di truffatori, raccomandati, baby pensionati, figli di papà, finti rivoluzionari comunisti con i genitori pronti a passargli il posto al ministero, fruttatori dello stato sociale…etc etc etc come la precedente degli anni 70/80
Ti dirò: preferisco la mediocrità scanzonata e, credo, anche consapevole dello stato sociale all’inconsapevolezza dell’impegno di Meta e Moro che sono davvero convinti di fare un pezzo serio e profondo quando invece propongono una serie di clichè zuppi di vuota retorica proponendo un punto di vista ottuso e parziale, laddove son convinti di esprimere grandi concetti.
In fondo nella mediocrità in sé non c’è nulla di male e alcuni dei più grandi gruppi punk, rock, pop della musica erano o sono composti da musicisti e persone tutto sommato mediocri, consapevoli di esserlo e felici di sbattersene e semplicemente suonare e divertire e provare a dire qualcosa…
Penso che siano i due vincitori di sanremo la vera mediocrità, quella che purtroppo non si rende conto di essere solo aria fritta.
Mi hai tolto le parole di bocca. E’ bello pensare che non sono il solo a credere ciò che hai perfettamente espresso in questo articolo.
E chi non vuol capire quel che hai scritto, continuerà a non farlo dopo averlo letto.
Bravo. D’accordo dall’inizio alla fine
Invece di generazione dovremmo cercare la rigenerazione