• di Riccardo De Stefano
Livio Cori è forse l’artista più famigerato del settore. Viene da quel microcosmo che è Napoli e da mesi gli viene appiccicata la frase “LIBERATO è Livio Cori”. Che sia vero o meno – che ci frega in fondo boh – Livio si muove benissimo anche senza dover essere qualcun altro. La colonna sonora di Gomorra prima e Sanremo insieme a Nino D’Angelo (sebbene per un ultimo posto) lo hanno ben piazzato nei cuori dei suoi concittadini partenopei e immagino anche in una piccola parte del grande pubblico. Lo ammetto, tutto il filone napoletano mi lascia alquanto indifferente, ma il disco di Cori è non solo ben costruito, ma anche piacevole nel suo totale. Il brano di Sanremo, epurato dai difetti di esibizione, è innocuo ma non offensivo, e il duetto riesce anche meglio. Poi, seppure non sarà LIBERATO, si trovano ibridismi trap (Surdat), soul (Core senza paura), R’n’B alla Stevie Wonder (nell’ottima Ammore e guapparìa) forse confermando il luogo comune dell’anima black dei napoletani. Livio Cori allontana i cliché e già questo è talento. poi ci riesce con un disco che può piacere a molta gente. Bravo.