“Con la chitarra e il computer”
Atmosfera casalinga. Ricreato quell’ambiente amatorialmente intimo, fatto di cellulari spenti, luci soffuse e cuscini piuttosto che sdraio, è iniziato uno di quei concerti vecchio stile che Vasco Brondi portava in giro nel fior fiore della carriera. Siamo al Monk, martedì sera, sold out. Il pubblico romano si comporta educatamente, assecondando i desideri di un cantante alla ricerca di una serata scorrevolmente timida ed emotivamente confusionale. “Destini Generali” è il brano che apre la scaletta, Vasco Brondi alla chitarra acustica, Andrea Cabeki Faccioli lo accompagna con quella elettrica. Ogni tanto da un computer lontano anni luce parte un synth bass che stona con i colori dei cuscini per terra. Vengono proposti brani vecchi e più recenti, ma i veri regali di Natale sono stati i brani inediti che il cantautore ferrarese ha deciso di suonare circondato da una scenografia composta da custodie aperte, luci rosse e dei libri. Questi ultimi, non soltanto parte di una scenografia, ma finalizzati a quelle pause metalinguistiche di cui si è servito Vasco Brondi per inoltrare degli episodi di letteratura a degli spettatori venuti in realtà per un concerto. A ciò si aggiungono due rivisitazioni di brani notoriamente importanti quali “Amandoti” dei CCCP e “I Provinciali” dei Baustelle. Immancabili le basette folte, così come i titoli delle canzoni più famose (“Le ragazze stanno bene”, “Piromani”, “C’eravamo abbastanza amati”, “40 km”). Un tour diverso dal solito, non più fatto di presenza scenica ma basato su un minimalismo sonoro in grado di eliminare ogni qual forma di esuberanza effimera. Con l’ultima canzone, “Uno scontro tranquillo”, Vasco Brondi ha trasformato il pubblico in burro, per poi salutarci con un bacio della buonanotte.
Elisa Tasca