LIVE REPORT
LA TUA FOTTUTA MUSICA ALTERNATIVA:
Andy Malloy + Trapcoustic + The Dancers + Capputtini ‘i lignu + Wildmen
Circolo degli Artisti – Roma
Giovedì, 14 marzo 2013
Giovedì. Qualcuno dice che “è il nuovo venerdì” – che a sua volta è il nuovo sabato, o almeno presumo.
Un giovedì italiano, in cui non succede granché: un nuovo papa da qualche ora, le squadre italiane giocano in coppa per salvare la faccia e la credibilità di un paese, almeno nel suo sport nazionale, e il governo deve ancora capire cosa fare. Non molto, in fondo.
E allora sai che mi dico? Che me ne vado al Circolo degli Artisti, che so che stasera c’è una nuova serata de La tua fottuta musica alternativa e suonano non uno, non due, ma ben cinque artisti diversi stasera. Vespa e il suo campanello li ho scampati anche stavolta.
Con un programma così fitto, la serata non può che iniziare molto presto e già poco prima delle dieci sul palco centrale salgono i ragazzi dei Andy Malloy, col loro rock spinto anglo italiano dal sapore nineties, quel sapore che tutti chiamano alternative o (post) grunge o in qualche altro modo impreciso. «Hai detto palco centrale?» Essì, l’ho detto, perché la serata prevede due performance in acustico, in una scaletta dove gli artisti si susseguono uno dietro all’altro senza pausa. E appena vengono posate le chitarre elettriche su un palco, risuona un’acustica dietro di me, ad opera di Stefano Di Trapani in arte Trapcoustic. Cantautore atipico, fortemente libero e slegato da qualsiasi forma musicale e mentale standardizzata, il sound Trapcoustic è surreale e spiazzante, tra chitarre scordate e riverberi a nastro.
In un continuo flusso di coscienza, in cui l’unico elemento fondante è quello del rumore, di suoni affettati con l’accetta e del tinnitus nelle orecchie, è subito il momento dei ragazzi di venezia, anzi di “Venezia-Mestre”: ci tengono a sottolinearlo i The Dancers, in una performance al fulmicotone degna della miglior tradizione garage-punk americana, con tanto calore preso dalle band di cantina anni ’60 e ’70.
Fuori si gela, quindi finita la loro esibizione non ci penso neanche ad uscire. Anche perché di nuovo, sul palco acustico, è l’ora dei Capputtini ‘i lignu. Acustica solo nel nome, perché riescono ad avere una massa di volume tale da stordire chiunque. Due chitarre, percussioni suonate “coi piedi” nel senso più letterale possibile dell’espressione e un blues viscerale americano, quasi fosse uscito direttamente dal delta del Mississippi, tinto poi di sapori mediterranei: questo il sound dell’originalissimo duo franco-siciliano.
La lunga serata s’avvia alla naturale conclusione con gli Wildmen, duo ridotto all’osso, alla White Stripes, che presenta il suo disco d’esordio omonimo, con chitarra e batteria sul proscenio e una valanga di suono che ti sommerge e ti graffia in faccia, che punta fino al timpano, cercando di sfondartelo e di arrivare dritto al cervello.
Rumore, amplificatori tirati a palla, suoni spessi come un muro e circa tre ore di musica per una serata all’insegna del garage rock nostrano. Cinque realtà diverse, distinte, mature e capaci di proporre musica d’impatto. L’ideale per te, che sei stanco dei soliti cliché e vuoi qualcosa di diverso, vuoi La tua fottuta musica alternativa.
Riccardo De Stefano