È disponibile anche su YouTube il video per “Low fi”, il nuovo singolo della band italo-americana Little Pony, reduce dalla pubblicazione del nuovo album “Voodo We do”, fuori per Soundinside Records e in distribuzione Believe Digital. Il videoclip, curatissimo dal punto di vista cromatico, è stato diretto da Benedetto Battipede. Il sound del brano è una sorta di versione meno post punk e più hip hop degli Sleaford Mods, con un groove e un breakbeat irresistibili a cui si aggrappano un rap svogliato ma a suo modo magnetico e il sax.
Il disco contiene canzoni scritte in viaggio, riflessioni sulle ossessioni della modernità e le stregonerie da social… Un rito magico, potente come solo i bambini possono immaginare, per scacciare via il superfluo, il compulsivo, l’ostinata arroganza dell’omologazione coatta delle interazioni nelle piccole e grandi cose del quotidiano. I Little Pony non fanno jazz, non fanno rock, non fanno hip hop né punk o spoken words su basi funk disco rap; i Little Pony sono fuori moda e fuori dal tempo. Il disagio ha un suono ironico, cupo e rabbioso mentre balla: i Little Pony fanno Voodoo.
E noi ne abbiamo parlato con loro!
“Voodo We do” è un disco che in qualche modo segna una nuova vita per voi. Quali cambiamenti avete affrontato?
“Voodoo We do” è un album nato per strada, in viaggio, durante i tour. È stato una lenta evoluzione stilistica: lentamente durante i live improvvisavamo dei brani o addirittura in furgone, e che poi provavamo nei check, cercando di dare una forma. Così l’idea di inserire l’elettronica, i synth, di evolverci verso quello che poi è il nuovo sound della band, ulteriormente cambiato con l’ingresso di Pier all’organo e synth. Voodoo per noi rappresenta una ricerca inconsapevole ed istintiva verso qualcosa di nuovo. Quella meraviglia che i bambini hanno verso le cose e che noi adulti dovremmo recuperare.
Identificare un genere per voi è impossibile. Che cosa c’è dentro la vostra musica? Avete voglia di inventare un genere che possa fare al caso vostro?
Belive Italia ci ha etichettati come “punk/hip hop”. Non ci calza malissimo questa definizione, il punk è un’attitudine che abbiamo nel nostro sound, ma che cerchiamo di tenere abbastanza a freno perché alla gente il punk fa paura. Si pensa ai Sex Pistols e ci si dimentica dei Clash. Ad ogni modo cerchiamo di unire tutte quelle che sono le nostre influenze musicali in un unica timbrica sonora che ci rispecchia per quello che siamo, quindi molto Naif.
Cerchiamo di essere riconoscibili, consapevoli che a non tutti possa piacere.
Come nasce un brano dei Little Pony? In studio oppure ognuno a casa propria? Per quanto vi riguarda, si può lavorare anche separati?
“Voodoo” come già detto è nato in viaggio, ovviamente definito in studio. È nel nostro Box che nascono poi le idee, spesso da improvvisazioni o brani portati come bozze. Questi anni di pandemia ovviamente non sono stati facili. L’ impossibilità di vederci tutti a causa della lontananza (Ryan – Voce/Sax/scratch – abita a Roma) però ha dato i suoi frutti: Pierluigi (organo e synth) è entrato nella band proprio nel periodo del primo lockdown, non solo come strumentista, soprattutto come altra mente pensante della band. E quello che ne è venuto fuori è il primo singolo out tracks dell’album (e del video, sempre firmato da Ben Battipede) “Never Know”, una produzione tutta fatta in casa, mai suonata assieme, per noi quindi una novità. Anche se di gran lunga preferiamo le empatie dello studio.
Capita mai che qualcuno di voi non sia soddisfatto di un brano? Cosa fate in quel caso?
Certo! Deve essere così. Non ti puoi accontentare, i brani devono essere qualcosa di fluido e viscerale. Quando una cosa non ci convince o non rende bene, ci si lavora finché non è tutto al posto giusto. Solo così poi puoi scombinarla a tuo piacere, mettendoci quel pizzico di improvvisazione che cmq è presente nei nostri live. Una nostra peculiarità è sempre stata cmq quella di eseguire i brani, anche se in divenire, avanti al pubblico, un’evoluzione costante che cresce anche a seconda di come viene recepita una canzone. Così è stato x tutto l’ album “Voodoo We do”, così sarà penso per il prossimo.
Quali sono i vostri piani per questo 2022 che è appena a metà del suo corso?
Di sicuro stiamo riprendendo a suonare. Abbiamo presentato il disco a Napoli il 29 aprile e lo stiamo iniziando a far sentire in giro, nella speranza che sia una apertura definitiva. La cultura deve tornare ad essere vissuta, toccata, sudata e non solo vista attraverso uno schermo. Il rito magico dell’arte deve tornare ad essere un rito sociale, non solo social. Questo per noi è il Voodoo.