X Factor è il mio guilty pleasure preferito. Non si può mangiare sempre sano, in fondo, e di sicuro anche al più ferreo salutista capita di rimpiangere la vita prima dell’avvento della healthy food mania. Dunque, il giovedì sera, lasciatemi godere il mio succulento talent show preferito consapevole di tutti i danni che comporta.
Da qualche anno la tv italiana sembra tornata ad accorgersi della musica. In maniera inadeguata, indegna, insufficiente, lasciamo da parte il giudizio. Di fatto di musica si tenta di parlare e, dopo il tramonto dei canali musicali, bisogna far pace col fatto che il carrozzone pop di X Factor è il contesto che più ci prova.
Fin dalla prima edizione è chiaro che i protagonisti del talent sono i giudici. Dagli albori del programma, però, manca una donna che sia un giudice che non metta in imbarazzo sé stessa, che dimostri una grande competenza e che possa ispirare il pubblico quanto il coltissimo Morgan e il magnetico Agnelli. Per l’esperienza fatta finora è confermato, ahimè, questo noioso pregiudizio: le donne non capiscono un cazzo di musica.
La tv italiana in generale soffre la mancanza di figure femminili carismatiche e il mondo della musica è popolato di un numero esiguo di artiste che finiscono per non spiccare a causa di personalità sempre troppo discrete e defilate.
Nel talent show più seguito e dibattuto d’Italia si sono susseguite una carrellata di giudici femminili protagoniste di parabole catastrofiche. Super Vicky e Skin, donne di cultura pop e rock‘n’roll, si sono lasciate fagocitare dai meccanismi isterici televisivi rivelando una fragilità materna fino a quel momento insospettata e che di certo non giova allo spettacolo. Non c’è bisogno che mi dilunghi su icone trash come Simona Ventura, Arisa, Anna Tatangelo e Claudia Mori. Solo Mara Maionchi sembrerebbe salvarsi ma piange e si commuove stemperando con immancabile imprecazione, ride e cazzeggia come un pensionato brianzolo dall’umorismo colorito. Difficile farne un mito televisivo e culturale se la sua esperienza nella discografia italiana non ha mai un’importanza centrale ma lei stessa vi attinge solo per dare scappellotti ideali – o effettivi – ai concorrenti che osano riarrangiare i suoi intoccabili. Mara potrebbe raccontarci di più ma non ne ha minimamente voglia.
Questo è l’anno di Levante. Claudia Lagona ha appena trent’anni ed è già simbolo di una prima rivoluzione. Levante ha scosso l’agonizzante mondo delle major, ingolfato da anni da interpreti antiche e ripetitive, portandovi il mondo musicale nato e cresciuto nei piccoli club della gavetta. Un background simile sembra renderla forte e consapevole. Molte ragazze la amano, non tanto come amano generalmente un idolo maschile, ma come la donna che finalmente interpreta il punto di vista femminile a tutto tondo. Può essere Levante la donna che manca alla musica e alla tv italiana?
Difficile destreggiarsi tra i critici disturbati dal profilo Instagram troppo fashion e dalle gambe nude in copertina. È stupido e riduttivo relegare Levante ad un’ennesima vittima del potere dell’immagine nonché controproducente alla battaglia, seppur piccola, che la cantante siciliana sta portando avanti. Il suo non è un canone di bellezza facilmente accettato. Giocando su un fascino gipsy alla Frida Kahlo, Levante incoraggia alla bellezza naturale, fiera della sua provenienza e soprattutto libera. È molto più antidiscriminatorio e antisessista il suo modo d’agire che non quello delle tante interpreti che si mostrano caste e serie per suggerire un’idea di superiorità e indipendenza e che finiscono, invece, schiave di uno stereotipo: se sei anche leggera sei per forza stupida.
Il punto di forza di Levante è la meticolosa cura che dedica a ogni aspetto del suo progetto artistico: scrittura, musica, immagine. Il suo impegno non distoglie mai lo sguardo dalla leggerezza e quest’ultima non prescinde mai da una forte dedizione.
Certo gli ingredienti necessari sono sempre gli stessi: personalità, intelligenza, talento ma soprattutto coraggio.
Il pop di Levante è ben strutturato, la sua voce sufficientemente iconica e il suo approccio smaliziato. Affinché la sua musica sia realmente rivoluzionaria, però, dovrebbe dare molto di più. Più aggressività, più forza, più sfacciataggine ancora nel perseguire il suo obiettivo: essere brava e bella. Bella per come si sente ed è, brava per come è doveroso che sia un’artista che punta in alto.
Levante può scoraggiare i pregiudizi di un’Italia finto pudica che non ha sopportato l’immagine di “Nel Caos di Stanze Stupefacenti”. Pensare che un tempo la fisicità di David Bowie ne ha fatto l’icona che sarà per sempre e di tanti artisti e artiste del passato ricordiamo con nostalgia costumi eccentrici, provocatori e corpi meravigliosi. Oggi esporsi sfruttando pure la propria estetica è un tabù, anche quando non si tratta affatto di favorire o imporre canoni di bellezza stereotipati.
Giunta all’inizio della sua avventura a X Factor Levante nelle prime fasi del programma ha dimostrato un’empatia forte ma mai lacrimosa, fermezza e sicurezza nelle sue idee e non ha avuto l’ipocrisia di nascondere un po’ di delusione nella fase degli Home Visit.
Dopo l’exploit artistico ha l’occasione irripetibile di colmare anche il vuoto televisivo, ne avrà la forza?
C’è assoluto bisogno che le donne si esprimano molto, molto di più artisticamente senza limiti di pudore, vergogna o giudizio. Non c’è più bisogno di essere caute e discrete e non perché emergere per una donna significhi fare fatica doppia, ma perché esistono pochissime donne che hanno il coraggio di prendersi la libertà che di fatto possiedono.
Gli ultimi casi mediatici riguardo le denunce di molestie lo dimostrano: esporsi è un atto di coraggio.
Alessandra Virginia Rossi