– di Martina Rossato –
Cosa succede quando sentiamo che vengono a mancare i punti di riferimento?
Leo Fulcro, progetto collettivo nato a Roma nel 2018 con l’intento di connettere varie discipline artistiche, canta nel suo nuovo EP le sensazioni di chi si sente perso e viaggia senza meta, appigliandosi, però, alla consapevolezza che sono le persone a fare i luoghi, diventando un’ancora a cui aggrapparsi quando si perde la bussola.
Il 14 aprile è uscito “Boy on Earth”, che parla di un ragazzo che ricerca la felicità mentre il mondo cade a pezzi, ma il progetto però non si ferma qui: il disco fisico è accompagnato da un libretto con un racconto illustrato scritto dallo stesso Leonardo.
Il tuo nuovo EP è accompagnato da un racconto. Ti va di spiegarci di cosa si tratta?
Ho sempre voluto fare un album o un disco che non fosse solo una raccolta di canzoni ma un racconto. Con Federico Fabbri, un illustratore di Lucca, abbiamo rilegato il racconto del “Boy on Earth” – o la storia del ragazzo che non sapeva stare al mondo – e adesso il mio obiettivo è di portarlo a teatro, con musica dal vivo e io che interpreto il testo!
L’EP segue la storia di un ragazzo alla ricerca della felicità. In che rapporti sei con lui? Quanto c’è di autobiografico?
Sì, sicuramente “Boy on Earth” è una parte di me. Rivedo molto in me la sua ingenuità e la sua semplicità.
Qual è la difficoltà maggiore che ti capita di incontrare quando scrivi un pezzo, che parli di te o meno?
La grande difficoltà sta nel riuscire a dire qualcosa di veramente onesto e a mio parere utile. Quando scrivo mi chiedo “ma c’è veramente bisogno di dire questa cosa? È qualcosa che dico perché lo penso o sto solo riempiendo le barre per arrivare alla fine della canzone? A volte succede, faccio un ritornello carino e poi “riempio” la canzone con le strofe. Strofe però che non hanno spessore, non hanno profondità. Ecco, quelle canzoni non arrivano neanche sul Dropbox, non usciranno mai.
Se dovessi descrivere il tuo percorso musicale con un aggettivo, un colore e un’immagine quali sarebbero?
Per farla molto breve ti direi: “onesto” come aggettivo, “blu” come colore e l’immagine che mi viene in mente è una foto di gruppo.
In “Mappa” canti «Se fuori piove mi riparo tra i palazzi, Dalle mie parti Roma sa di curry», che rapporto hai con la tua città? E qual è il tuo rapporto con la cucina etnica [ride, nda]?
Adoro la cucina etnica, quella indiana è la mia preferita! In Inghilterra è praticamente cibo nazionale. Quando abitavo lì con mia mamma e volevamo viziarci prendevamo l’indiano take-away.
Per quanto riguarda Roma, il rapporto è viscerale. Sono nato a Ravenna e ci ho vissuto fino ai 16 anni ma è come se la mia anima sia residente a Roma: è l’unico posto al mondo dove posso stare senza stancarmi, mi sento al sicuro.
Senti di avere delle affinità con altri artisti? Se potessi collaborare con un artista a tua scelta, chi sarebbe e perché?
In parte sì, certe volte vedo gli altri artisti giovani e mi sembrano molto più spontanei di me e un po’ li invidio. Poi però noto che loro magari mi dicono che invidiano il fatto che il mio progetto risulta molto ragionato e ponderato, allora penso che è giusto che ognuno valorizzi le proprie particolarità. Mi piacerebbe fare una canzone con Margherita Vicario, credo abbiamo delle similitudini nella scrittura!
Oltre alla musica, ti occupi anche di cinema. Quali sono i punti di contatto tra le due arti? Ti piacerebbe comporre la colonna sonora di un film?
Non saprei quali sono i punti di contatto, sicuramente stai raccontando una storia. Studiare teatro, leggere racconti e sceneggiature mi ha fatto capire l’importanza di creare un coinvolgimento tra chi usufruisce dell’opera (spettatore / ascoltatore) e chi la interpreta (attore / cantante). Chi è dall’altra parte deve capire: quando non capiamo un film, non ci piace; quando non capiamo cosa ci sta dicendo una canzone, diciamo che fa schifo.
Mi piacerebbe fare un film come accompagnamento visivo a un disco, come “Entergalactic” di Kid Cudi.
Come è cambiato il mondo di Fulcro, dal 2021 ad oggi?
Ho senza dubbio iniziato a lavorare più seriamente. Lo scorso disco “Il mondo che cambia” (per restare in tema con la domanda) trattava di un insieme di canzoni che ero riuscito a scrivere, che sicuramente avevano un fil rouge che le legava, ma non era cosi chiaro. Con “Boy on Earth” mi sono impegnato, ho iniziato a prendere delle scelte!