Lena A., classe 1996, pubblica questo 4 settembre il suo nuovo singolo dal titolo Tra le dita, che sancisce la collaborazione con il produttore e compositore Giovanni Carnazza. Si tratta di un primo assaggio, tra indie, dance e cantautorato, che ci avvicina sempre di più al suo album di debutto. Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con lei, ed ecco cosa ci ha raccontato!
Ciao Alessandra. Abbiamo ascoltato il tuo brano e ci è sembrato molto interessante quello che tu definisci il gioco della fiducia, a cosa ti riferisci?
Il gioco della fiducia è uno dei tanti giochi che facevo con i miei compagni di classe alle elementari: consiste nel buttarsi all’indietro e farsi prendere dalla persona alle proprie spalle, affidandosi totalmente alle sue mani che reggeranno e si prenderanno cura. Metaforicamente la fiducia è un gioco di reciprocità, l’esperienza del tuffarsi in un legame, senza pensare che verrà poi presentato un conto delle mancanze e delle paure.
Quanto Tra le dita è un brano autobiografico, e quanto invece hai invece attinto a ispirazioni esterne?
È un brano nato dall’empatia, scritto in una notte, dopo aver parlato a lungo con Giovanni Carnazza di fiducia e relazioni. L’interno e l’esterno in questo brano si toccano e si intrecciano, proprio perché prende vita da uno scambio di opinioni, da un confronto fertile.
Ci sono ispirazioni elettroniche sono invece molto spinte, da dove arrivano? Da te o Giovanni Carnazza? In che modo il suo contributo ha cambiato la natura del tuo lavoro? E, a proposito di fiducia, è stato facile fidarsi di lui?
L’impronta elettronica è la firma di Giovanni Carnazza; nel caso di Tra Le Dita, è stato lui a propormi il beat su cui ho poi costruito melodia e testo del brano. Direi che l’incastro tra la mia identità acustica e il suo elettronico sia stato così immediato e naturale, da proseguire in questa direzione, che coniuga universi differenti e genera sfide.
Quello di adesso, ci sembra un periodo musicale quasi bulimico. Riesci a destreggiarti con tutte le nuove uscite? Qualcosa di particolarmente interessante?
In un periodo musicale così denso, ciò che tento di fare è trattenere. Ascolto molti generi differenti e talvolta prendo una pausa dal contemporaneo per un tuffo nel passato. Preferisco scegliere cosa mangiare e mangiarlo con gusto, piuttosto che sbocconcellare qui e lì senza una mia presenza attiva. Trovo particolarmente interessante, nella scena italiana, Lucio Corsi e la sua penna gentile; Lamine e Micaela Tempesta.
Durante la quarantena moltissimi tuoi colleghi hanno fatto dirette online o avviato altre iniziative per ovviare al problema della mancanza dei live. Hai scovato qualcosa di interessante anche qui? Tu hai fatto qualcosa in tal senso?
Poche dirette da parte mia, ho un legame ossessivo con il pubblico, ho bisogno di interagire e di farmi sorprendere. Ma grazie alle dirette ho avuto modo di ascoltare un concerto in una nuova dimensione: entrare nelle case degli artisti fa sempre un certo effetto.
Cosa ci ha insegnato la quarantena?
Non so cosa “ci” abbia insegnato, forse dobbiamo ancora comprenderlo a fondo; a me ha insegnato ad immaginare di più, ad amare ancor di più la libertà di poter scegliere cosa fare, dove andare, verso quale direzione muovere i piedi e la testa.
A quando un primo disco?
Il disco uscirà in primavera; a precederlo ci saranno alcuni singoli, sempre arrangiati insieme a Giovanni Carnazza, con l’aiuto attivo di Marco Lembo, contrabbassista che da anni lavora con me. Da ottobre saliamo sulla giostra e non ci fermiamo.