Si intitola “I” forse uno degli ascolti più interessanti di questa ultimissima scena indie che sembra omologarsi da più parti. Di certo personalmente vorrei fosse più la nostra cultura a venir celebrata ma anche l’oltremanica diviene gustosa soprattutto quando lo si fa con mestiere e quel pizzico di genialità artistica. Il trio siciliano dei LeadtoGold sforna questo primo lavoro dopo un Ep ottimamente accolto dalla critica. Downtempo, atmosfere cupe, un noir di bassifondi con questo ping pong tra la voce di lui sempre un poco distorta e dannata, e quella di lei, erotica quanto basta per trascinarsi nelle melodie che non hanno fretta di essere. Il tutto condito da elettronica di atmosfera e qualche pennellata utile di rock acido, visionario, insensibile alle proteste. È un disco che se ne frega della rivoluzione per le strade. Un buon ascolto davvero. Il video in rete del singolo “Milionaire” la dice lunga.
Oggi che i computer imperano spesso si dice che un disco è suonato. Quasi come fosse questa la vera originalità. Voi siete in una fragile via di mezzo. Cosa ne pensate? Da che parte state?
Esattamente, ci collochiamo proprio in una fragile via di mezzo, il nostro è un progetto a metà tra la band “che suona” e i producers; prendere una delle due parti per noi non avrebbe tanto senso.
Essendo comunque dei musicisti, è innegabile per noi che un disco “suonato” sia un valore aggiunto per intensità, dinamica e calore, ma non ne farei una discriminante per determinarne l’originalità in un artista. I laptop, smartphone e in generale la tecnologia di oggi, hanno raggiunto livelli tali da aprire possibilità sotto il punto di vista creativo fino a pochi anni fa inarrivabili; è vero anche che nell’ultimo periodo si sta assistendo anche una sorta di malattia da “preset”: tutto già bello che pronto, con i soliti suoni, standardizzato – ma è un discorso che può essere fatto con qualsiasi altro strumento.
La canzone d’autore americana, quel post moderna, quella acida di ghetti e violenze, vi ha dato molto. Uno stile che vi siete ritrovati per caso o che avete inseguito con determinazione?
Devo ammettere che tutto avviene in maniera molto spontanea e poco programmata. Tutti gli elementi da te citati sono cose che sentiamo dentro e che derivano in parte dalle nostre influenze (musicali, letterarie e cinematografiche), in parte dal nostro vissuto.
Scrivere e produrre il disco è stato un po’ come psicanalizzarsi: una volta finito ci siamo ritrovati di fronte a noi stessi e abbiamo razionalizzato su quello che era venuto fuori irrazionalmente.
Dal punto di vista scenico. Come vi presentate? Vita quotidiana e rivoluzione acida coesistono o sono due personaggi diversi?
A uno sguardo superficiale si potrebbe dire che le nostre vite quotidiane siano quanto di più distanti da quello che portiamo avanti nella nostra musica; in realtà è da lì che nasce tutto questo, dalle contraddizioni dei due mondi; un mondo che allude costantemente al sesso senza mai farne esplicitamente riferimento e l’altro che ne fa uno dei suoi punti cardine. Ma anche la ricerca paradossale della bellezza, la sete di violenza, l’alienazione e le perversioni, tutti elementi riconducibili al quotidiano e che trovano terreno fertile nelle nostre canzoni.
I due mondi non solo coesistono, ma, personalmente, uno finisce con l’influenzare l’altro.
Il suono di questo disco? Tra passato e futuro, cosa cerca e cosa ha prodotto? Le chitarre sono antiche ma i synth e tutte le basse frequenze sono assai moderne…
Il suono è la naturale conseguenza (o causa?) di tutto ciò che è stato detto finora. Abbiamo cercato di creare un “mondo” sonoro, sensuale, attraente e accattivante, ma che lasciasse dentro una certa inquietudine, quasi un disturbo; i bassi profondi, i groove di batteria e le voci, creano lo sfondo erotico e attraente che viene contrapposto alla ricerca sistematica di quella nota dissonante o da suoni di chitarra nevrotici o da echi disturbati e distorti di synth rielaborati.
Un vostro parere su ciò che vi circonda: se vi chiedessi di parlarmi di fenomeni come Liberato?
Secondo me stiamo finalmente assistendo in Italia a una definitiva emancipazione delle etichette indipendenti dalle major, un fenomeno avvenuto in altri paesi ormai da qualche anno. Artisti come Cosmo e Calcutta arrivano finalmente al grande pubblico con un percorso artistico che poco ha a che fare con le logiche del business musicale italiano, fatto di talent o televoti sanremesi, ma piuttosto di tanta gavetta e ricerca.
Liberato lo inquadrerei nello stesso contesto musicale, con la differenza che ormai parliamo di un fenomeno sociale a tutti gli effetti, dove convivono all’interno videomaker, autori e addetti al settore.