– di Martina Rossato –
“Oltre il click” è il nuovo album de La Trappola di Dalian, pubblicato da Sette AFK Label. “Oltre il click” va oltre le apparenze, che cagionano fortemente la società odierna, e mette a fuoco un ruvido sound punk rock impreziosito dalla graffiante voce di Sofia Cazzato. Nella band, Sofia è accompagnata dal batterista Alessio Piedinovi, dal bassista Angelo Rizza e dal chitarrista Lorenzo Borghetto.
Il click di cui si parla è anche quello che ci rimanda al lockdown, periodo in cui non ci si poteva trovare per suonare insieme, ma si era costretti a lavorare da remoto, da dietro lo schermo di un computer. Il tutto risultava più meccanico, forzato. Alla fine però, il gruppo è riuscito a ritrovarsi per arrangiare i pezzi e pubblicare il disco andando oltre il click del computer.
Ho avuto il piacere di scambiare due parole con Alessio!
Il disco è uscito da un po’, come vi sentite?
Tutto bene, siamo molto soddisfatti del lavoro. Sta facendo parecchio caldo in generale, ma siamo molto soddisfatti e abbiamo ancora del lavoro da fare su quel disco.
Lavoro da farci intendi portarlo live?
Sì, sicuramente! Adesso avremo qualche data estiva, qualcosa a Brescia, Vicenza, Verona e Ravenna. Suoneremo sia in acustico che in elettrico, dobbiamo ancora promuoverlo dal punto di vista live. La situazione si sta sbloccando ancora di più ora.
Per il momento non lo avete ancora suonato live?
Avevamo fatto una sorta di pre release party con un live a Torino, in cui abbiamo suonato per la prima volta tutti i brani del nostro album. Poi abbiamo annunciato l’uscita del disco, a distanza di un mese.
Il disco si chiama “Oltre il click” e parlavate del doppio significato del click. Mi incuriosisce molto il fatto che avete dovuto lavorare durante la pandemia, come moltissimi. Come avete vissuto questa cosa?
In un primo momento non eravamo abituati, perché noi componiamo tutti e quattro insieme in sala prove. Dovendolo fare a distanza abbiamo dovuto utilizzare dei software, tant’è che il click è riferito anche al click di questi programmi. Il tutto era reso un po’ più macchinoso, un po’ come il click di un metronomo. Dovendo scrivere in MIDI per ottimizzare il fatto che fossimo a distanza, non avevamo il feeling dello strumento in mano; poi per fortuna ci siamo visti e tutto ha iniziato ad essere più fluido quando abbiamo arrangiato i pezzi in sala prove.
Mi hai già parzialmente risposto, ma come scrivete le vostre canzoni?
Le musiche le abbiamo scritte tutti e quattro insieme. I testi in questo caso sono di Sofia, la cantante. Ci sono diversi aspetti molto intimi, ma i brani riguardano i momenti di vita quotidiana in cui ci rispecchiamo tutti. L’album è nato così, magari componevamo una canzone e a lei veniva in mente qualcosa di cui parlare oppure viceversa, lei aveva in mente delle melodie e noi scrivevamo il resto. In futuro ci saranno sicuramente intrecci ancora maggiori tra voce e strumento a livello di composizione.
Venite tutti dallo stesso posto?
Io sono torinese da generazioni, ma sono l’unico vero torinese nella band. La cantante arriva da Legge, è pugliese, il bassista è siciliano e Lollo, il chitarrista è nato in Piemonte ma ha origini pugliesi.
Come vi trovate nella scena musicale di Torino?
Rispetto ad altre città è molto vissuta, Torino è una città molto viva. Per noi è una fonte di ispirazione, il movimento underground è molto ampio e ci sono tantissimi artisti che hanno qualcosa da dire. Fino a qualche anno fa c’erano dei punti storici della città, ora chiusi per vari motivi, ma devo dire che da dopo il Covid vedo ancora più fermento di prima. Non è tutto rose e fiori, per qualunque artista è difficile spiccare in modo particolare, ma è una bella scena e ci piace molto.
Siete attivi dal 2019, come avete visto cambiare il mondo della musica?
Noi siamo in una situazione musicale piuttosto contemporanea, i mezzi di propaganda musicale erano gli stessi nel 2019. Andando un pochino più indietro però ci sono moltissime differenze: la prima è che i dischi non si vendono, la musica si ascolta in digitale. Mi ricordo quando ero più piccolo, del mio primo album avevo stampato delle copie fisiche in CD, c’era ancora chi aveva il lettore in macchina o lo stereo a casa. Ora le macchine escono di fabbrica senza il lettore CD. Questo ha comportato il fatto che le uniche entrate sono quelle del live, la musica non si vende più.
Voi invece come siete cambiati rispetto all’inizio? Avete anche cambiato il nome, traducendolo in italiano.
Sì, esatto. Abbiamo fatto la traduzione letterale di quello che era in inglese, da Dalian’s Trap a La Trappola di Dalian. Io e Sofia eravamo reduci da esperienze musicali passate un po’ discontinue, abbiamo suonato in altre band ma non eravamo mai riusciti a portare avanti un progetto come avremmo voluto. Dopo tutti questi scioglimenti abbiamo deciso di rimboccarci le maniche e abbiamo cercato altri musicisti. In primo luogo abbiamo conosciuto Spa, l’attuale bassista, tramite un annuncio su Facebook dedicato a musicisti di Torino. Nel giro di 24 ore è arrivato in sala prove preparato e ci siamo trovati bene da subito. All’inizio avevamo un chitarrista diverso, che poi ha deciso di prendere altre strade (siamo comunque in buoni rapporti, ci vediamo ancora); quando se ne è andato lui abbiamo trovato Lollo, usando Villaggio Musicale, una piattaforma online per musicisti.
Come sono nati i pezzi del disco?
L’album è nato in quarantena, anche perché come band più che comporre e scrivere musica non potevamo fare. Abbiamo approfittato del fermo dai palchi per portarci avanti con nuovi pezzi. Ognuno di noi compone, riadattando poi il tutto sulla base dell’identità della Trappola di Dalian. È un’identità che stiamo ancora costruendo, non si può etichettare una band con un solo album. Però la cosa bella è che lì dentro c’è tutto quello che hanno messo tutti, a livello emotivo, tecnico e musicale. Ogni brano ha la sua storia.
Invece per quanto riguarda la cover di Battiato? Come mai proprio quel pezzo?
Abbiamo scelto “Summer on a solitary beach” intanto perché Battiato è secondo noi un artista importantissimo in Italia e non solo. Ha una discografia davvero enorme, era un rivoluzionario ed ha sempre sperimentato tutto quello che poteva sperimentare. Se uno pensa al punk di certo non pensa a Battiato, però ha composto brani anche per gruppi punk di fama internazionale, in più è sempre stato ribelle. Ha sempre fatto musica di denuncia, abbracciando l’ideale dell’alternativo, quindi anche rock e punk. Quella canzone in particolare perché ci piaceva tantissimo, è il primo brano de “La voce del padrone”, forse l’album più “storico” di Battiato. Abbiamo provato a suonicchiarla e si prestava benissimo all’arrangiamento, l’abbiamo sentita nostra fin da subito.
Cosa c’è oltre “Oltre il click”? Avete già qualche nuovo brano?
Stiamo componendo, ci sono altri singoli in previsione di un nuovo album. Ci stiamo comunque concentrando su questo disco, sull’aspetto live. Non fermiamo mai la composizione, perché è alla base della nostra attività.
Se dovessi riassumere La Trappola di Dalian con un’immagine o un colore, quale sarebbe?
Mi viene in mente il nostro logo, che è il muso di Dalian. Dalian era un cane, che aveva il muso bianco e le orecchie di un marroncino molto chiaro. Dalian è stata una costante per tutti e quattro, provavamo insieme e lei era sempre con noi, era il mio cane. Era un cane molto territoriale e avendo una sala prove nostra quando arrivavano Spa e Lollo abbaiava e ringhiava, allora da lì l’idea di trappola. Poi è diventato la mascotte e si faceva fare di tutto. Devo dire che però è una domanda molto difficile.
Ma pensa! Immaginavo fosse il personaggio di un libro o qualcosa del genere, invece è una cosa proprio vostra, molto carina!
Tra l’altro Dalian è una città della Cina, perché quando avevo scelto il nome insieme a mia sorella, avevo puntato il dito a caso sul mappamondo. Ci tenevamo ad avere un nome che fosse davvero nostro per il gruppo!