– di Naomi Roccamo –
Abbiamo dovuto aspettare un anno prima che arrivasse La terza estate dell’amore, prima che la musica illegale smettesse di esserlo. Questa estate, ormai la quarta dell’amore, è finalmente potuta accadere, all’aria aperta, col sole, coi corpi nudi e senza le mascherine.
E sempre questa estate è durata tre giorni ; il 15, 16 e 18 aprile, all’Arena Parco Nord Bologna, la città italiana della libertà per eccellenza, Cosmo ha dato una festa, una di quelle un po’ più grandi delle solite e ci ha invitati praticamente tutti. Ho partecipato alla data finale del party, a Pasquetta, ed è stato a tutti gli effetti “Un lunedì di festa”.
Come ogni Pasquetta che si rispetti eravamo immersi nel verde dei colli, lontani dal cuore della città, e l’appuntamento arriva prestissimo, alle 13, per concludersi nella notte. Cosmo non è l’unico protagonista della giornata, prima di lui sono altri a farci ballare: da Torino arriva Cobra, dal Pigneto romano Tropicantesimo, dalla Cina e da Milano Luwei, poi Steve Pepe e Foresta & Hugo Sanchez, aprifila di tutte e tre le date.
C’è un tendone da circo, splendente sotto il sole che sembra stia per esplodere, c’è un’aria di libertà generale, anche se non ci si conosce e all’inizio si è in pochi, intimi, c’è un venticello che ti illude di essere già in estate ma ti riporta sulla terra e ti fa fare i conti col fatto che è ancora primavera. Ma questa estate dell’amore è già troppo in ritardo per volerlo capire.
Se non ti senti abbastanza libero qualcuno ti spinge ad esserlo: c’è chi gira con un carrello della spesa pieno di indumenti e travestimenti colorati e oserei dire trans femministi e poi c’è Cosmo che si aggira davanti alla console, incitando da un lato i suoi colleghi, dall’altro amalgamandosi con ognuno di noi, chiacchierando, ballando, filmandoci e distribuendo benedizioni d’acqua Fresca direttamente dal suo personalissimo innaffiatoio.
Questa festa ce la meritiamo, ci dirà dopo, perché ci meritiamo di vivere come abbiamo vissuto fino a prima che tutto cambiasse, che la musica cambiasse e che goder(n)e cambiasse, ecco perché oggi non si festeggia e basta, si celebra la libertà.
Così, prima che la folla stessa possa rendersene conto, si passa dai gavettoni alle file per gli spritz e i panini (si può incrociare anche un Mace selvatico dai capelli verdi nel mentre) dal fuori al dentro. Non c’è un vero e proprio inizio, la musica non cessa mai, è coerente con il tema del giorno, qualcuno è sempre sul palco per tenere vivo il flow.
Poi, alle 20 e 40 in punto, siamo ufficialmente invitati a cena dall’intro di “Dum Dum”. Se qualcuno correva il rischio di doversi ancora scaldare è qui che perde ogni difesa. Il pogo è esattamente come ce lo si aspettava, gli occhiali da rave rimangono su e qualche birra prende il volo. E mi rendo conto, mentre racconto questa scena, che sto involontariamente facendo una parafrasi:
Trema tutto, il bicchiere ti cade giù
Dum Dum
Vibra tutto, la cassa ti esplode in faccia
Faccio festa davanti alla Polizia
Già
Attento
Questa giungla nasconde della magia
Dum Dum
L’inno nazionale è solo batteria
Dum Dum
E l’amore risale da sottoterra
Dum Dum
E ogni vicolo è già un campo di battaglia
Dum Dum
Ho degli amici che è meglio che stai attento
Se ti prendono ti abbracciano (wow)
Delle bestie che girano in libertà
Dum Dum
Piante rampicanti riprendono la città
E sventolano bandiere
Sulle macerie
Di quest’epoca stupida
E io ci godo un po’
Cosmo fa la hit e noi torniamo vergini. Non abbiamo molte cose da dirci, tutti sotto un accordo rumorosissimo, il nostro linguaggio è il movimento; nel cerchio di musica c’è chi è iper stimolato, chi è solo eccitato, chi si ferma a pensare, come a volte succede nella situazioni che invece ti incitano a non farlo. Ci chiediamo Com’è, com’è, com’è, com’è, com’è, balli sul disastro anche te?
Per 2 ore e 40, precise e puntuali, accogliamo questo regalo.
Ripenso per un secondo a quel live del 2018, Cosmotronic, a quando quel professore di filosofia che è davvero Marco Jacopo Bianchi decise di buttarsi in mezzo al pubblico con taaanta fiducia e mi rivedo passare davanti la stessa scena, la stessa fiducia. Sempre con lo stesso fare professorale, appunto, rotola in mezzo a noi dicendoci di tenere le mani alzate.
Sì perché l’invito alla festa dell’amore è esteso a tutto il cosmo di Cosmo: non mancano “Le cose più rare”, “Le voci”, le “Cazzate” che lo hanno accompagnato fin qui, a “L’ultima festa”. Non manca la base dei suoi progetti, “L’amore”.
La ripartenza che ha scelto è totalizzante e non si ferma a un semplice concerto, vuole di più. Vuole la sua famiglia lì a supportarlo, nonostante in mezzo ci sia un bebè stordito dai bassi, vuole l’empatia, fra di noi e verso le cose. È come se a ogni minuto in più saturo di restrizioni, concessioni negate, tempo perduto, lui abbia voluto rispondere in maniera direttamente proporzionale con l’esatto opposto.
Il tendone ha il soffitto stellato mentre ci saluta. “Io ora non piango perchè oggi ho già pianto 10 volte”.
So di poter contare sulle stesse sensazioni che mi legano a chi ha festeggiato con me. Se chiedi a ogni invitato come descriverebbe questa festa sono abbastanza sicura che risponderebbe: è il suono della gente che fa l’amore.